Nel Medioevo per andare dalla Francia a Roma si percorreva l’antica Via Francigena che, oggi come allora, attraversa tutta la Toscana. Percorriamo insieme l’antica via, tra passi di montagna, antiche abbazie e città d’arte.

Via Francigena, il cammino nel cuore della Toscana

Tra gli uomini del Medioevo, il pellegrino è certamente uno di quelli che meglio sono riusciti ad attraversare i secoli, fino a vivificarsi anche nella nostra epoca; grazie a libri, film ma soprattutto grazie a una moltitudine di luoghi e di cammini ancora percorribili. Ciò non deve sorprendere: il viaggio non va forse annoverato tra le esperienze più desiderate anche dagli uomini d’oggi?

In Toscana per evocare tutto ciò, basta pronunciare il nome dell’antica Via Francigena o Romea. Questo itinerario di viaggio, spesso silenzioso, attraversa natura, boschi, città d’arte, borghi perduti e, per qualcuno, perfino l’anima.

La Via Francigena nel Medioevo collegava la Francia a Roma, passando per la Toscana. Percorriamo l'antica via sulle tracce dei pellegrini

Usque Via Francisca

Nell’876, Carlo Magno era morto da oltre sessant’anni e mentre i successori già assistevano allo sgretolarsi del rinato Impero d’Occidente, apparentemente incuranti della “grande storia”, i monaci benedettini dell’Abbazia di San Salvatore sul Monte Amiata continuavano a pregare e ad amministrare le terre del cenobio, badando bene a descrivere con precisione i confini di quelle destinate a essere cedute in affitto: fortunatamente una di esse era delimitata dal fossetto descendente usque Via Francisca, ovvero che scendeva fino alla Via Francigena.

Si tratta della prima attestazione del nostro cammino o meglio della sua denominazione attuale perché in realtà i pellegrini la percorrevano già da molto tempo. Infatti è la stessa toponomastica a rivelarci, come la Via Francigena rappresentasse il principale collegamento per Roma e i territori attraversati con il mondo d’oltralpe, ovvero la Francia e molto spesso le Isole Britanniche.

La Via Francigena nel Medioevo collegava la Francia a Roma, passando per la Toscana. Percorriamo l'antica via sulle tracce dei pellegrini

Mons Longobardorum, le origini della Via Francigena in Toscana

L’ingresso in Toscana avveniva tramite il passo della Cisa. Già all’inizio del VII secolo, i Longobardi infatti necessitavano di un collegamento l’area padana con il Ducato di Tuscia. Era necessario però evitare i passi appenninici orientali, ancora controllati da Bisanzio, e i pericoli della costiera lunigiana e ligure.

A tale esigenza dovette la propria fortuna il Mons Longobardorum, oggi Monte Bardone, con il suo passo della Cisa; poco transitato innanzi, divenne in periodo alto medievale la più consueta via per la Toscana e quindi per Roma nel caso dei pellegrini.

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Il pellegrinaggio sulla Via Francigena

Nell’Alto Medioevo erano diffuse in Europa occidentale due forme principali di pellegrinaggio: quello puramente devozionale e quello penitenziale. Quest’ultimo invitava i responsabili dei più gravi delitti a riscattarsi, peregrinando continuamente di luogo in luogo, gravati da pesanti catene e altri segni di penitenza.

Con la ripresa della sociale e demografica europea, comunemente designata come Rinascita dell’Anno Mille, prevalse il pellegrinaggio devozionale. Crebbe così il numero dei pellegrini assieme al prestigio del papato romano. Sempre più europei di tutti gli strati sociali desideravano tradurre in termini effettivi l’essere pellegrini sulla terra . La volontà era quella di sospendere l’attaccamento a interessi mondani (casa, lavoro, famiglia, luogo natale) per avvicinarsi a Dio.

Così a seguito di una particolare cerimonia di vestizione, i pellegrini potevano morire al mondo, almeno temporaneamente, per dedicarsi esclusivamente alla propria anima, mettendosi in cammino. Le mete principali, dette peregrinationes maiores, furono tre: Roma, Santiago di Compostela e Gerusalemme, tutte interessate dalla Via Francigena, compresa Santiago di Compostela per gli italiani che vi si recavano.

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La Via Francigena in Lunigiana

Superato Monte Bardone, la Via Francigena si inoltrava attraverso la Lunigiana. La strada era però molto diversa dalle nostre o da quelle romane, entrambe caratterizzate da attenta manutenzione e da un tracciato ben definito. Le strade medievali invece erano prive perfino di una denominazione ufficiale. Spesso inoltre versavano in cattive condizioni e più che secondo un tracciato preciso si dipartivano in un continuo gioco di varianti e ramificazioni. Questo fatto ha condotto gli studiosi contemporanei a elaborare il concetto di “area di strada“.

Pertanto seguiremo la Francigena, facendo riferimento ai borghi e alle città attraversate più che al percorso, superando Pontremoli, Aulla, Santo Stefano di Magra, Sarzana, Luni e Camaiore. Da non dimenticare la Chiesa di San Giorgio a Filattiera, dove perdura la più antica testimonianza relativa al passaggio dei pellegrini. Qui si trova infatti la lapide in memoria del vescovo Leodegar che già nella prima metà dell’ottavo secolo, spezzò gli idoli pagani, convertì i peccatori e con il proprio denaro soccorse i bisognosi.

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Da Lucca alla Palude di Bientina sulla Francigena

Lucca, con la venerata reliquia del Volto Santo, è la prima grande città toscana attraversata dalla Francigena; capitale della Toscana longobarda, già tra il 720 e il 767, ha lasciato memoria di 10 ospedali, nei quali i pellegrini potevano fermarsi. Lungo la via per Roma sorsero infatti, specialmente a partire dal Mille, una moltitudine di luoghi, comunemente denominati ospedali, animati dalla carità di laici e ordini religiosi, al fine di accogliere e rifocillare i pellegrini. Chi viaggiava a piedi o a cavallo non poteva infatti percorrere troppi chilometri prima di essere costretto a riposarsi.

Oltre Lucca il cammino proseguiva per Porcari e Altopascio. Questo borgo di grande interesse storico-artistico è ancora oggi tra le mete più suggestive per chi desidera percorrere la Francigena. Sorgeva infatti ad Altopascio l’Ospedale di San Jacopo, tra i più famosi di tutta la via; forse fondato dalla contessa Matilde di Canossa, fu poi gestito dall’ordine monastico-militare dei Cavalieri del Tau che da Altopascio si diffuse in tutta Europa. Il 25 Luglio, festa di San Jacopo, tra le diverse rievocazioni, nella piazza del paese viene allestito un grande calderone e distribuito il cibo, in ricordo dell’antica accoglienza, prima che i pellegrini si inoltrassero per le paludi di Fucecchio e Bientina verso la Val d’Elsa.

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Il tratto di Via Francigena in Val d’Elsa

La Val d’Elsa va annoverata tra gli areali toscani in cui la Via Francigena ha lasciato maggiormente le sue tracce; vi si entrava per San Genesio, centro di grande rilievo fino al XIII, quando le sue fortune si oscurarono definitivamente in favore della vicina città di San Miniato, rappresenta oggi una delle più importanti aree archeologiche medievali di tutta la Toscana.

L’influsso della Francigena in Val d’Elsa è immediatamente percepibile, molte delle sue chiese, e pievi risultano infatti veri e propri gioielli architettonici da visitare, la cui diversità risalta nelle facciate in cotto, nelle finestre bifore che sovrastano i portali come in altri numerosi elementi architettonici. Tale stile non è originario della Toscana ma dipende dall’area padana attraversata dalla Francigena.

L’esempio più caratteristico è rappresentato dalla Pieve di San Giovanni Battista a Monterappoli, sebbene non vadano dimenticate quelle di Corazzano, Coiano, Casole d’Elsa e molte altre perché in questa valle si succedettero addirittura due percorsi principali della Via Francigena; il più antico ebbe per punti nodali San Gimignano e Colle Val d’Elsa, il secondo Castelfiorentino, Certaldo e Poggibonsi.

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L’arrivo a Siena

Siena è l’ultima grande città toscana attraversata dai pellegrini diretti a Roma. Il grande storico Ernesto Sestan, ebbe a definirla “figlia della strada“, sottolineando il legame tra il suo sviluppo e quello della Francigena. Anche la caratteristica forma a “Y” della topografia senese dipende dall’incrocio tra la via dei pellegrini e un antico percorso etrusco.

Uno dei primi pellegrini a lasciare memoria scritta del suo viaggio verso Roma e Gerusalemme fu l’abate islandese Nikulas Munkathvera. Durante il tragitto, il religioso transitò da Siena, descrivendola come una buona città, abitata da donne particolarmente belle. Certo, Siena rappresentava un punto di passaggio quasi obbligatorio, prima di proseguire verso la Val d’Arbia, la Val d’Orcia e la Val di Paglia, i cui paesaggi tutt’ora incantevoli, rappresentavano l’ultimo saluto della Toscana. Oltre, nell’odierno Lazio, l’antica via Cassia conduceva direttamente verso la Città Eterna.

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La Via Francigena nel Medioevo collegava la Francia a Roma, passando per la Toscana. Percorriamo l'antica via sulle tracce dei pellegrini.

La Via Francigena nel XIII secolo

Con la fioritura della civiltà comunale, gli assetti viari dell’Alto Medioevo furono messi in discussione e alle strade più antiche si affiancarono nuovi tracciati. Nel corso del XIII secolo furono sempre più i mercanti a mettersi in cammino e un po’ meno i pellegrini; ciò accadde fino al primo giubileo, indetto da papa Bonifacio VIII nel 1300. In Toscana fu soprattutto l’affermarsi del collegamento diretto tra Bologna e Firenze, tramite il Passo dell’Osteria Bruciata nei pressi di quello attuale della Futa, a catturare la più parte del traffico che un tempo sceglieva la Via Francigena. Da Firenze si proseguiva quindi verso Poggibonsi, lungo il percorso detto della Volterrana Fiorentina.

Molti pellegrini tuttavia continuarono a scegliere l’antica area di strada, tra le sue valli, i suoi borghi, i suoi ospedali, i suoi rimandi simbolici all’esperienza del pellegrinaggio, la cui voce non è difficile da udirsi ancora, per i molti che si mettono in cammino, dimenticando macchine e aerei, annullando le preoccupazioni mondane, lungo una via nella quale il viaggio stesso è l’esperienza.

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Alessio Mariani Blogger & Ambassador of TuscanyPeople
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