La Toscana è una delle regioni più varie d’Italia in termini di vernacolo ed espressioni idiomatiche e Firenze, a sua volta, ne è davvero ricca. Vi raccontiamo 7 modi di dire fiorentini: origine, contesto e significato.

7 modi di dire fiorentini per essere davvero “uscio e bottega” con Firenze e i suoi abitanti

Città che vai, espressione idiomatica che trovi, soprattutto nel nostro Paese che nei secoli ha subito tante e varie dominazioni, e che fino all’Unità è rimasto frazionato in staterelli indipendenti, ognuno con la sua propria storia, la sua propria cultura, e di conseguenza il suo proprio linguaggio.

Nemmeno la Toscana è rimasta esente da questo processo evolutivo, anzi, proprio la nostra regione si palesa tra le più prolifiche per quanto riguarda i dialetti locali. Iniziamo dai modi di dire fiorentini, ovvero dal parlato del capoluogo, Firenze, che di espressioni curiose ne è ricchissimo.

 

1. Cosa fatta, capo ha

7 modi di dire fiorentini

È uno dei modi di dire fiorentini citati da Dante nel Canto XXVIII dell’Inferno: “capo ha cosa fatta” (v. 107) – significa che un’azione ha sempre uno scopo preciso, mentre l’indugiare non porta a niente – frase attribuita a Mosca dei Lamberti durante una riunione indetta per uccidere Buondelmonte dei Buondelmonti.

Era il 1216 quando la giovane figlia di Lambertuccio Amidei venne abbandonata sull’altare nella chiesa di Santo Stefano al Ponte dal suo promesso sposo, il nobile fiorentino Buondelmonte de’ Buondelmonti, il quale non solo disertò le nozze, ma si permise anche di entrare a Firenze passando da Por Santa Maria, proprio nei pressi della chiesa dove la giovane lo stava aspettando: offesa inammissibile che la famiglia Amidei decise di lavare col sangue.

Buondelmonte venne assassinato la mattina di Pasqua dello stesso anno mentre si recava alle nuove nozze con una donna della casata Donati. Secondo la tradizione questo episodio di sangue rappresentò il casus belli da cui si originarono le violente lotte tra guelfi e ghibellini, come avvalorato dallo stesso Dante nella Divina Commedia, anche se poi il conflitto assunse una valenza socio-politica-economica che trascese il fatto in sé.

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2. Fare un giro pesca

"Fare un giro pesca": modi di dire fiorentini

Tra i modi dire fiorentini, questo è sicuramente uno dei più utilizzati: indica un percorso breve che viene allungato inutilmente.

Per alcuni, come il Lapucci, viene dal verbo pescare: “prendere a caso/tirare a sorte”. Mettersi in movimento nella speranza di “pescare”, di imboccare per caso, la strada giusta. Un giro “vattelappesca”, quindi, espressione di tipo dialettale da “vattelo a pescare“, che esprime incertezza, dubbio, ignoranza.

Sempre il Lapucci ipotizza anche che derivi “dalla ruota della pesca, alla quale nelle fiere si dava un giro (una spinta) per sorteggiare uno dei numeri segnati sopra il cerchio”. Si tratterebbe, dunque, di una sorta di giro dell’oca, un percorso d’avanzamento che però alla fine riporta sempre al punto di partenza o che permette di raggiungere quello d’arrivo attraverso la strada più lunga.

 

3. Il culo e le Quarant’ore

"Cosa c'entra il culo con le Quarant'ore": origine dei modi di dire fiorentini

Che c’entra il culo con le Quarant’ore?” esprime una situazione che non ha nulla a che vedere con un’altra. Il detto ha origini antiche. Le Quaranta ore erano funzioni religiose per cui in ogni chiesa fiorentina veniva esposto il Santissimo Sacramento, secondo una serie di turni per una durata complessiva di 40 ore consecutive.

Si racconta che durante una di queste funzioni in una piccola chiesa della città un uomo palpeggiasse il sedere di una signora che lo schiaffeggiò. L’uomo si schermì incolpando la ressa venutasi a creare per via delle Quaranta ore, ma la donna gli rispose: “O cosa c’entra il culo con le Quarant’ore?“. La battuta rimase nella storia.

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4. Essere alle porte co’ sassi

"Essere alle porte coi sassi": modi di dire fiorentini

Tra i modi di dire fiorentini, questa è un’espressione dedicata all’urgenza, che si usa quando ci si trova in forte ritardo o quando qualcosa d’imminente sta per accadere: “ragazzi, siamo alle porte co’sassi, bisogna muoversi“.

Trae origine dall’antica fortificazione di Firenze, quando le porte nelle mura, uniche vie di accesso e di uscita dalla città, venivano chiuse durante la notte. Spesso succedeva che al calar della sera qualcuno ancora fuori, ma vicino, lanciasse sassi contro i portoni per segnalare la propria presenza alla sentinella di turno in modo che ritardasse la chiusura definitiva. Da allora “essere alle porte co’ sassi” significa ridursi all’ultimo minuto.

 

5. Non avere il becco d’un quattrino

"Non aver un becco d'un quattrino": modi di dire fiorentini

“Non avere un becco di un quattrino” è tra i modi di dire fiorentini più conosciuti e utilizzati anche fuori dalla Toscana. La parola “becco” è usata come rafforzativo a sottolineare una quantità molto scarsa.

Sulle note scritte da Paolo Minucci su ordine di Leopoldo de’ Medici e pubblicate tra il 1688 e 1750, si dice: “quella parola becco si mette a maggiore espressione”. Il “quattrino”, invece, era una moneta in rame del Granducato di Toscana e di altri stati italiani fino al XVII secolo. Aveva il valore di quattro (da cui il nome) pìccioli (ovvero piccoli denari). 3 quattrini formavano 1 soldo, mentre in Toscana 5 quattrini formavano 1 crazia.

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6. Uscio e bottega

Ponte Vecchio rappresenta perfettamente l'espressione fiorentina "Uscio e Bottega"

Detto che significa due cose vicinissime: “sono uscio e bottega“, ossia “non mi sposto quasi“. Nelle antiche botteghe fiorentine c’era un grande bancone attraverso il quale avvenivano le trattative di compravendita. La merce era conservata all’interno del negozio mentre il cliente restava al di là del bancone, lungo la pubblica via. A fianco del bancone si trovava l’ingresso del negozio che corrispondeva anche all’ingresso nell’abitazione del commerciante, che spesso aveva la casa proprio nel retrobottega. Ecco spiegato il detto.

 

7. Reggere il moccolo

"Reggere il moccolo": modi di dire fiorentini

Anche questa espressione è diffusa nell’italiano corrente, ma si origina a Firenze. Via Calimala, strada che dall’attuale Piazza della Repubblica si dirige in Por Santa Maria, era all’epoca una “mala calle”, forse perché impantanata e maleodorante a causa del fango che i viaggiatori si portavano dietro dal fiume privo di argini, forse perché mal frequentata da ladri e prostitute che cercavano di adescare i passanti.

Nelle ore buie le tenutarie dei bordelli illuminavano le loro ragazze con dei lumi per mostrarne la bellezza, ossia “reggevano il moccolo delle candele”, da cui il modo dire con cui si indica una persona di troppo, soprattutto in situazioni di corteggiamento, flirt o di coppia. Esempio: Paolo, Francesca e Roberto vanno a cena; Paolo e Francesca flirtano tutta la cena e poco considerano Roberto; Roberto regge il moccolo.

Quali sono i tuoi modi di dire fiorentini preferiti? Scrivici!

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