Verso il Ponte Vecchio con la “voga a stanga”

Il Ponte Vecchio s’ingrandisce sempre di più ai nostri occhi, quasi lo tocchiamo con mano. Turisti ci salutano da sopra. A destra, il Lungarno degli Archibusieri dominato dal Loggiato del Corridoio Vasariano. Procediamo lenti, ma inesorabili, grazie alla  “voga a stanga”, che consiste nel condurre la barca spingendola, non a remi, ma tramite una stanga, ossia una pertica che può essere lunga fino a 8 metri, e che deve poter raggiungere la massima profondità del fondo dell’Arno che varia, appunto, da 8 a 5 metri, con un minimo di 2-3 metri in prossimità delle rive.

Per approfondire: Ponte Vecchio: la magia della storia di ieri e di oggi

Gita in barca sull'Arno al tramonto con I Renaioli a Firenze

Ma cosa facevano un tempo i renaioli?

I renaioli un tempo scavavano l’Arno per estrarvi la rena necessaria alla costruzione degli edifici, non essendo ancora stato inventato il cemento, e di loro si diceva che “avevano gli occhi in mano”, dato che sviluppavano una sensibilità tale per cui quando la pertica toccava il fondo capivano subito se si trattava di pietre, sabbia, ghiaia, rena, eccetera.

La rena, tirata su tramite una speciale cassetta detta “bazza” per la sua somiglianza con un mento umano, veniva scaricata sul fondo della barca e setacciata al fine di eliminare sassi, ciottoli e tutte le impurità.  Poi, una volta scaricata a terra – era un lavoro durissimo quello dei renaioli -, veniva trasportata ai cantieri tramite carri trainati da cavalli, i famosi “barrocci”, che per secoli hanno affollato le vie del centro. Ma siccome la rena estratta era estremamente pesante, i tragitti via terra dovevano essere il più possibile brevi, e quindi il fiume funzionava anche da via di trasporto “soft” fino ai vari punti di attracco.

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Scrittore, Ambassador of Tuscany
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