In una città antica e ricca di storia come Firenze le curiosità e le leggende non si contano. Abbiamo comunque provato a raccogliere gli aneddoti fiorentini più curiosi e talvolta irriverenti, in perfetto stile toscano.

Aneddoti fiorentini: ce n’è da dare e da serbare

Dopo l’articolo sulle leggende toscane continuiamo la carrellata su antiche storie e racconti toscani con alcuni aneddoti fiorentini che in una città come Firenze, ricca di storia, cultura e… maldicenze, sembrano davvero non avere mai fine.

Caterina dei Medici: la regina nera

Figlia di Lorenzo II de Medici, duca d’Urbino, Caterina nacque a Firenze nel 1519.
A 14 anni andò in sposa a Enrico, figlio del re di Francia. “Era lei che faceva tutto, e il re non muoveva paglia senza che lei lo sapesse”, scrisse Pierre de l’Estoile a proposito della sua influenza.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1559 a causa d’un torneo cavalleresco (morte tra l’altro predetta da Nostradamus), Caterina, travolta dal dolore, decise che avrebbe indossato abiti neri per tutta la vita (sebbene all’epoca il colore del lutto fosse il bianco), mutando il suo emblema in una lancia spezzata con sopra il motto latino “Lacrymae hinc, hinc dolor”, ovvero “Da qui le mie lacrime, da qui il mio dolore”.

La statua dei fratelli Mazzone

Il secondo dei nostri aneddoti fiorentini ci conduce nel cimitero monumentale di San Miniato al Monte, dove si trovano due sculture funebri che attraggono l’occhio: le statue, a grandezza naturale, di due ragazzi giovani e belli, Mario e Maria Grazia Mazzone, lei in abito da sposa, lui in divisa. Non erano però due fidanzati, come si potrebbe pensare, ma due fratelli morti, poco più che ventenni, a meno d’un anno di distanza l’uno dall’altra: lui nel corso della Seconda Guerra Mondiale, lei di tubercolosi subito dopo essersi sposata. Fu la mamma, nel 1947, che decise di ricordarli così.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

Il palazzo dei Visacci

Palazzo Valori-Altoviti, in Borgo Albizi, è anche noto come il “palazzo dei visacci”, costruito nel ‘400 circa, per conto della famiglia degli Albizi. Quando però Rinaldo degli Albizi, strenuo oppositore di Cosimo il Vecchio e della sua politica, venne esiliato ad Ancona, l’edificio passò ai Valori, altra potente casata fiorentina.

Nel ‘600, Baccio Valori il Giovane commissionò allo scultore Giovan Battista Caccini la realizzazione di 15 volti sulla facciata del palazzo per onorare i concittadini più illustri che con la loro opera avevano contribuito a rendere grande Fiorenza. Disposti in gruppi di 5 su ogni piano, i volti raffigurano personaggi di alto profilo. Tra gli altri, Dante, Boccaccio, Petrarca, Guicciardini, Amerigo Vespucci, Lorenzo il Magnifico.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

I volti rappresentano delle erme. Presso gli antichi Greci, l’erma era un pilastro quadrangolare o a tronco di piramide, sormontato da una testa umana barbata che raffigurava in origine il dio Hermes protettore dei viandanti: veniva collocata lungo le strade, nei crocicchi, sui confini, nelle palestre, nelle biblioteche, sulle tombe. Le erme del palazzo dei visacci mostrano la tecnica scultorea dello stiacciato: un abile gioco di prospettive che dona all’osservatore l’illusione d’una maggiore profondità.

La pietra dello scandalo o dell’acculata

Il quarto degli aneddoti fiorentini che abbiamo scelto di raccontarvi ci porta più o meno al centro della Loggia del Mercato Nuovo, meglio conosciuta come Loggia del Porcellino (che in realtà è un cinghiale), dove si nota un tondo marmoreo bicolore. Si tratta della cosiddetta pietra dello scandalo o dell’acculata, il punto in cui i debitori insolventi della Firenze rinascimentale venivano puniti fisicamente: dopo essere stati incatenati, gli venivano calati i pantaloni e il sedere gli veniva battuto più volte a terra. Rimanevano così col “culo per terra” (ehm…pardon per l’espressione colorita), proprio in senso letterale, tanto che pare che questa espressione nasca proprio da qui.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

Il canto del diavolo

In via de’ Vecchietti, all’angolo con piazza Strozzi, c’è una statuetta raffigurante un demone.
Bernardo Vecchietti, nel 1578, incaricò il Giambologna di ristrutturare la residenza. Durante i lavori lo scultore decise di modellare anche due diavoletti, la cui riproduzione si trova sull’angolo del palazzo, proprio nel cosiddetto “Canto dei diavoli”. Pare che tutto derivi da un aneddoto su San Pietro Martire.

La leggenda narra che durante una predica del Santo apparve un cavallo nero imbizzarrito che si lanciò al galoppo contro la folla dei fedeli. Si pensò che fosse il diavolo stesso che tentava di corrompere l’anima di San Pietro, il quale tuttavia riuscì a scacciarlo e questo scomparve lasciando dietro di sé una nuvola di fumo nero proprio davanti al canto di via de’ Vecchietti.

Le api che è impossibile contare

Al centro della piazza della Santissima Annunziata, sul retro del piedistallo della statua equestre a Ferdinando I de’ Medici, si trova un’effigie in bronzo raffigurante uno sciame di api disposte in cerchi concentrici con al centro l’ape regina.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

L’insieme simboleggia il Granducato di Toscana, la regina rappresenta Ferdinando I, mentre tutte le altre api, i fiorentini, laboriosi e leali nei confronti del potere. A quanto pare, riuscire a contare le api senza toccarle o indicarle è un’impresa se non impossibile, molto ardua. Chi ci riesce, narra il sesto dei nostri aneddoti fiorentini, verrà baciato da grande fortuna.

La casa del boia

Paolo Lomazzo, pittore e cronista del ‘500, riporta un aneddoto sulla nota rivalità tra Raffaello e Michelangelo: «Essendo un dì Raffaello in compagnia dei suoi discepoli, incontrò Michelangelo che gli disse: “Dove te ne vai, Raffaello, così circondato come un proposto?” Ed egli a lui: “E voi, solo come un boia?”». L’espressione è divenuta proverbiale: “essere solo come un boia”.
Davanti all’ingresso di via Michelangelo Buonarroti, in prossimità del canto con via San Cristofano, si trova un edificio di quattro piani ricordato come la “casa del boia”, dove, appunto, sorgeva l’antica abitazione del carnefice.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali
Non è un caso, infatti, che l’abitazione sia isolata su tre lati, quasi emarginata dalle case circostanti. La dimora del boia doveva essere visivamente staccata dal resto degli edifici: da questa usanza deriverebbe il modo di dire “essere solo come un boia”.

La farmacia più vecchia d’Europa

In via della Scala 16, nel complesso conventuale di Santa Maria Novella, si trova la farmacia storica più antica del Vecchio Continente, classe 1612. Si chiama Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella, più che altro una profumeria ed erboristeria. Interessanti gli interni profumati, pieni di suppellettili antiche, attrezzi del mestiere e bellissimi vasi farmaceutici.

Il “sor Caparra”

Oggi Palazzo Strozzi, un tempo Piazza delle Cipolle, quella del mercato ortofrutticolo. Il penultimo dei nostri aneddoti fiorentini vuole che una bancarella appartenesse a tale Niccolò Grosso, il fabbro più bravo della città. Non si fidava di nessuno al punto che chiedeva sempre una caparra prima di iniziare un lavoro e non lo consegnava se prima non veniva pagato. Chiese una caparra persino a Lorenzo il Magnifico.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

Questo gli valse il soprannome di “caparra”, ma ciononostante fu scelto come fabbro per il Palazzo Strozzi: gli attacchi per i cavalli e le lanterne furono tutte lavorate dal Grosso, esclusivamente dopo essere stato pagato, figurarsi.

La Madonna senza volto

Il Chiostrino dei Voti è un cortile porticato antistante la Basilica della Santissima Annunziata. Tra le opere presenti spicca l’affresco Lo sposalizio della Vergine, attribuito al Franciabigio, raffigurante l’episodio del matrimonio tra Maria e San Giuseppe. Il volto della Madonna appare però completamente deturpato.
Il Vasari afferma che sarebbe stato lo stesso Franciabigio a distruggere il volto della Vergine a colpi di martello perché irritato dall’impazienza dei frati che avevano scoperto l’affresco, senza il suo permesso, prima che fosse terminato. Un’altra versione dice invece che fu una vendetta nei confronti dei committenti che non avevano onorato l’accordo economico stipulato inizialmente.

Aneddoti fiorentini nascosti tra i vicoli di Firenze, scolpiti nelle pietre dei palazzi, storie trasformatesi in colorite espressioni gergali

Questi sono gli aneddoti fiorentini che abbiamo scovato nelle nostre ricerche sul campo, ma, in realtà, le curiosità e le storie in una città come Firenze non si contano. Perché non ci racconti qualche aneddoto fiorentino che non conosciamo? Scrivici.

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