È a Firenze, agli inizi del ‘300, che nasce la vera figura del macellaio, detto, all’epoca, carnaiuolo o beccaio. Viaggio alla scoperta di un antico mestiere, quella dei beccai che ancora oggi con la sua arte contribuisce in maniera determinante alla riuscita di un grande piatto.

Beccai fiorentini: una storia lunga 700 anni che ha ancora una lunga storia

Il termine beccaio corrisponde al francese boucher, probabilmente legato alla parola “becco” che indica un animale cornuto identificato essenzialmente col maschio della capra. In latino, infatti, la parola “beccus” significa “protuberanza”, nello specifico il becco del gallo, termine che in vernacolo designa, ancora adesso, un marito cornuto. Con il termine “beccheria” si indicava invece la bottega del macellaio, ma più anticamente anche il luogo stesso in cui avveniva la macellazione.

Insieme ad Alessandro Soderi, dell'antica macelleria Soderi in San Lorenzo, ripercorriamo la storia dei beccai fiorentini

I beccai fiorentini

I beccai fiorentini acquistavano il bestiame nelle campagne limitrofe e si occupavano del commercio delle carni in città. Si deve tener presente che in passato il consumo di carne rossa era riservato solo alle classi più ricche: Piero de’ Medici era soprannominato “Il gottoso” proprio per il suo smodato appetito per questo alimento che alla fine nutriva la sua malattia. Per i non abbienti, invece, c’erano le botteghe di “mala carne”, ovvero di carne d’infima qualità proveniente dalle bestie “morticine o malate e perciò molto meno costosa.

Quella dei beccai fiorentini è un’arte che ha mantenuto nei secoli una solidissima tradizione. I capisaldi del mestiere sono, a tutt’oggi, più o meno gli stessi. La differenza, logicamente, la fanno i piatti, il prodotto da offrire, ma per il resto è cambiato poco.

I prezzi di vendita erano regolamentati per evitare eccessivi rialzi. Gli strumenti, come bilance e pesi, erano periodicamente revisionate e dovevano riportare l’apposito sigillo comunale.

Insieme ad Alessandro Soderi, dell'antica macelleria Soderi in San Lorenzo, ripercorriamo la storia dei beccai fiorentini

Le norme igieniche andavano scrupolosamente rispettate, altrimenti scattavano misure severissime che andavano fino alla chiusura del banco. Era vietato vendere insieme tranci di carne che appartenessero a specie diverse di animali o tagli di stessi animali ma di sesso differente. Le carni dovevano provenire esclusivamente dai macelli e non si potevano assolutamente vendere quelle di bestie morte per altre cause.

L’Arte dei Beccai

L’Arte dei Beccai fiorentini faceva parte delle quattordici Arti Minori, meno ricche e influenti delle sette Arti Maggiori. A questa corporazione appartenevano i macellai, i pesciaoli e i gestori di osterie e taverne. L’Arte dei Beccai non venne mai riconosciuta tra le Arti Maggiori, nonostante l’attività svolta dai suoi affiliati fosse di primaria importanza per la vita quotidiana e li rendesse potenti e degni di considerazione.

Verso la metà del 300, la Signoria di Firenze concesse il Ponte Vecchio in affitto, per la cifra di 300 fiorini, all’Arte dei Beccai. Le botteghe dei beccai avevano bisogno di essere ubicate su un ponte dal momento che per liberarsi degli scarti della carne – che veniva spesso macellata in bottega -, del cattivo odore, in poche parole, per operare nelle minime condizioni igieniche, necessitavano di un corso d’acqua attraverso cui smaltire l’immondizia.

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I beccai fiorentini e Orsanmichele

Nel ‘400 – ci spiega Alessandro Soderi dell’omonima macelleria al mercato di San Lorenzo – l’Arte dei Beccai fiorentini era piuttosto facoltosa e questo consentì alla corporazione di costruire un immobile nei pressi dell’attuale Chiesa di Orsanmichele, vicino al palazzo della vecchia borsa. La ragione per cui eressero l’edificio nei pressi di Orsanmichele si doveva al fatto che all’epoca era una loggia per il mercato delle granaglie e per i beccai diventava fondamentale controllare il passaggio delle merci che nella loggia ricevevano la loro validazione. In seguito Orsanmichele fu trasformata in chiesa delle Arti.” Giovanni Villani, a proposito, riporta in Nuova Cronica:

«E ordinossi che ciascuna arte di Firenze prendesse il suo pilastro, e in quello facesse fare la figura di quel santo in cui l’arte ha riverenza; e ogni anno per la festa del detto santo i consoli della detta arte facessono co’ suoi artefici offerta, e quella fosse della compagnia di Santa Maria d’Orto San Michele per dispensare a’ poveri di Dio; che fu bello ordine e divoto e onorevole a tutta la città.»

Insieme ad Alessandro Soderi, dell'antica macelleria Soderi in San Lorenzo, ripercorriamo la storia dei beccai fiorentini

I beccai fiorentini commissionarono a Brunelleschi (o Donatello…non è certo quale dei due grandi artisti la realizzò) la statua del loro patrono, San Pietro – pescatore così come i pesciaioli che facevano parte della stessa arte dei macellai – il cui calco in gesso si può ammirare nella chiesa, mentre l’originale si trova al primo piano dell’edificio.

La cacciata dei beccai fiorentini da Ponte Vecchio

Per i beccai fiorentini, tuttavia, come si dice in Toscana “non fu sempre festa”. Nel 1430, per ordine dei Medici, avvenne la loro prima cacciata dal Ponte Vecchio, a causa dello sgradevole odore e della sporcizia che rendevano il passaggio indecoroso, soprattutto per i signori. In seguito i beccai fecero ritorno nella vecchia sede e vi rimasero fino al 1593.

Inoltre, durante l’anno – ci fa notare Alessandro Soderi: ” i fiorentini, per tradizione, osservavano circa 120-130 giorni di magra. In altre parole, niente carne. Solo pesce, cereali, legumi, o magari zuppe di farro, ribollita, pappa al pomodoro, ma anche piatti fatti di merce di scarto, cervello, cuore, polmoni, fegato, reni, trippa, il classico lampredotto. La verità è che i fiorentini stavano molto attenti a non sprecare nulla, anche a causa del clima avverso e degli inverni particolarmente rigidi.

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Il Principato Mediceo e le Università

L’assedio di Carlo V, nel 1530, prosciugò letteralmente le casse delle Arti, le quali, per finanziare il costo della guerra, nel disperato tentativo di difendere la libertà della Repubblica, misero in vendita quasi tutti i beni di loro proprietà. Neppure questo, tuttavia, bastò a impedire l’inizio del Principato Mediceo. Nel 1534, il duca Alessandro I de’ Medici decise di riformare gli statuti delle Arti riducendole a semplici associazioni di mestiere senza più nessuna rilevanza sul piano politico. Le 14 Arti Minori vennero raggruppate in 4 Università: l‘Università di Por San Piero riunì gli appartenenti alle Arti dei Beccai, dei Fornai e degli Oliandoli.

L’università tutelava i beccai fiorentini e gli altri affiliati in modo simile a un odierno consorzio: gestiva le doti per le figlie, le visite agli infermi, o la raccolta dei fondi per la festa patronale che cadeva tutti i primi di novembre, per Ognissanti, ed era chiamata “Festa delle oche” poiché quel giorno i pennuti venivano venduti a tutti a prezzi popolari, tanto che la via in cui si svolgeva il mercato, e che si trovava dietro il Duomo, fu chiamata: Via delle Oche.

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La seconda cacciata da Ponte Vecchio

Il 23 settembre del 1593, i Capitani di Parte Guelfa, per volere del Granduca di Toscana, emanarono un bando che intimava ai beccai fiorentini di trasferirsi dal Ponte Vecchio altrove. Le loro botteghe sarebbero state destinate a chi esercitava arti meno “vili”, come orefici e argentieri. Fu la seconda, definitiva, cacciata dei beccai dal ponte. Così si trasferirono al mercato vecchio, l’attuale Piazza della Repubblica, la quale ospitava un edificio centrale in cui, al primo piano, le bestie macellate facevano bella mostra di sé.

Nonostante il Villani ricordi che dai primi anni del ‘300 il consumo di carne a Firenze era talmente cresciuto che “(…) bisognavano l’anno circa quattromila fra vitelle e buoi, circa sessantamila fra castroni e pecore, ventimila porci (…)”, Alessandro Soderi, nella nostra chiacchierata sulla storia dei beccai fiorentini, ci racconta che il commercio più fiorente era quello dei polli dato che i buoi servivano per arare i campi, mentre le mucche erano necessarie per il latte e per procreare, e pertanto il macello di questi animali aveva senso solo in certi casi.

Insieme ad Alessandro Soderi, dell'antica macelleria Soderi in San Lorenzo, ripercorriamo la storia dei beccai fiorentini

Firenze capitale

Nel 1870, in occasione di Firenze capitale d’Italia, come tutti sanno, il vecchio mercato, ormai afflitto da “secolare squallore”, venne demolito e trasferito nel quartiere di San Lorenzo, che divenne la sede del nuovo mercato centrale totalmente autosufficiente. La rete idrica era costruita talmente bene che si riusciva a produrre ghiaccio anche nei mesi estivi. Un’innovazione incredibile per l’epoca.

Il resto è storia recente. Molte macellerie sono state soppiantate dalla grande distribuzione, ma chi, come la famiglia Soderi, ha saputo rigenerarsi e diversificarsi imprenditorialmente, al contrario ha tratto beneficio dalla massificazione e riesce sempre più a distinguersi per qualità, originalità e competenza.

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Reportage fotografico realizzato da David Glauso (Photo di copertina e n° 1, 2, 7, 8) per TuscanyPeople.com © Copyright

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Scrittore & Ambassador of Tuscany
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