L’ampia diffusione che gli alimenti biologici hanno avuto negli ultimi 10 anni rende comprensibile come mai il termine “biologico” sia diventato per tutti di uso tanto comune. Ma quante persone sanno davvero cosa si intende per “prodotto biologico”? Vi proponiamo qui un piccolo breviaro sul mondo biologico: definizione, usi e costumi.

Con il termine biologico può essere definito per legge solo un alimento proveniente da un’azienda che, mediante organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, attua un tipo di agricoltura rispondente a specifici criteri, variabili a seconda del tipo di coltivazione o di allevamento, basati prevalentemente su principi di salubrità e sostenibilità ambientale. Vengono ad esempio adottati solo concimi e ammendanti di origine naturale, mentre negli allevamenti si a seconda per quanto possibile l’etologia degli animali.

L’azienda che risponde a detti requisiti, dopo un periodo di 3 anni dedicato alla conversione dall’agricoltura convenzionale, può fregiare i propri alimenti della dicitura Biologico riportando in etichetta sia il nome dell’organismo di controllo che il proprio codice aziendale di riferimento. Qualsiasi altra dicitura presente in etichetta, come sano, naturale, ecologico, “fatto come una volta” non si riferisce a nessuna caratteristica regolata da norme precise, pertanto non può dare alcuna garanzia su come quell’alimento sia realmente prodotto.

Biologico

In linea di massima le persone attribuiscono al termine biologico una valenza positiva, definendo quindi un prodotto che proviene da agricoltura biologica come un prodotto “sano”, senza porsi troppe domande su cosa questo voglia effettivamente dire. Capita quindi di parlare con persone che per esempio hanno acquistato arance biologiche per fare la marmellata, dando per scontato che “biologico” in questo caso coincida con “non trattato”, ma non è così!

Altre ancora identificano biologico con “Km 0“, riunendo in un unico grande calderone il prodotto senza pesticidi, quello coltivato a breve distanza, quello proveniente da fare-trade e quello acquistato ad una vendita diretta. Senza dubbio ciascuna di queste caratteristiche nobilita un prodotto, tuttavia bisogna stare attenti e non dare per scontato che una una dicitura ne includa necessariamente un’altra.

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In generale sono finiti (o quasi…) i tempi dei trattamenti chimici a calendario, e la maggior parte dei giovani agricoltori agisce con maggior criterio, prediligendo una agricoltura intensiva una di tipo “integrato”, ovvero una metodologia in cui si accostano il minimo numero di trattamenti chimici, indispensabili a quelle pratiche sostenibili che possono portare beneficio al suolo, alla pianta e all’ambiente nel suo complesso.

Per cui, quello che posso garantirvi è che un prodotto biologico ha molte ragioni per essere preferito ad uno convenzionale; tuttavia non ha senso demonizzare i prodotti non certificati in quanto tali, la cosa migliore è sempre avere un approccio critico, porsi delle domande (specialmente sulla distanza del luogo di provenienza) e, dove possibile, cercare un contatto diretto col produttore, magari al mercato rionale o partecipando agli acquisti di un GAS, acronimo per Gruppo di Acquisto Solidale. Non c’è niente di meglio che parlare e guardare negli occhi chi coltiva le verdure che mangiamo, chi mostra e illustra con fierezza il proprio orto e chi, quelle stesse verdure, le cucina con gioia ogni giorno per il proprio bambino.

(Leggi anche l’articolo: Prodotti biologici: facciamo chiarezza su Naturale, Km0 e Bio)

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Filippo Viana Blogger & Ambassador of TuscanyPeople
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