2 / 4 – Orafo, scultore e pittore

Dall’oreficeria alla scultura… fu un balzo!

Andrea del Verrocchio iniziò dunque la sua carriera come orafo, e si perfezionò in questa specialità presso Antonio Dei. Poi, nel 1456, abbandonò di colpo l’oreficeria, forse a causa della scarsità di committenze che portarono addirittura al fallimento della bottega dello Dei.

Verrocchio volse allora lo sguardo verso la scultura, e trovò nella lavorazione del marmo e del bronzo il fulcro della propria espressione artistica. La svolta maturò nella bottega di Donatello, anche se fu Desiderio da Settignano, poco più adulto di Andrea, a insegnargli a scolpire il marmo.

Con abilità e sensibilità, Verrocchio riuscì a poco a poco a catturare i moti del corpo e dell’anima nelle sue creazioni. Spicca su tutti la Dama dal mazzolino del Bargello, le cui mani incrociate al petto ispirarono direttamente l’allievo più celebre di Verrocchio, Leonardo da Vinci, che eseguì studi di braccia e mani femminili ispirati proprio ai lavori del Maestro.

Abilissimo nel lavorare il marmo, Verrocchio fu altrettanto abile nella fusione del bronzo, tanto che realizzò in metallo opere celeberrime come il David del Bargello, che Leonardo ritrasse più volte dimostrando come i suoi profili siano ispirati ai rilievi in marmo di eroi ed eroine dell’antichità, realizzati da Desiderio da Settignano e dallo stesso Verrocchio.

Per approfondire: Museo Nazionale del Bargello: tutto quello che dovete sapere

La Dama col Mazzolino del Verrocchio esposta al museo Nazionale del Bargello a Firenze

Verrocchio valente pittore

Accanto alla scultura, Verrocchio coltivò anche l’arte della pittura, eccellendo come frescante, e soprattutto come inventore di una fortunata tipologia di Madonna con il Bambino subito presa a modello da Botticelli (che non era suo allievo) e da Perugino (che invece era suo allievo), oppure riproposta in forma di bassorilievo scultoreo da Francesco di Simone Ferrucci, fedele seguace e collaboratore di Verrocchio.

Due nobili diffusori del linguaggio verrocchiesco: Perugino e Ghirlandaio

Perugino ne esportò il linguaggio, prima in Umbria, e poi a Roma. Decisamente verrocchiesche sono infatti le Storie di san Bernardino cui collaborò anche il giovanissimo Pinturicchio. Ma anche Domenico Ghirlandaio frequentò la bottega verrocchiesca tra il 1470 e il 1472, convertendo il solido linguaggio del maestro in una più accentuata dolcezza. Molto diverso fu invece il rigido verrocchismo del monaco Bartolomeo della Gatta, figlio dell’orafo Antonio Dei (maestro del giovane Verrocchio).

Scopri a pagina 3 com’è che Verrocchio aveva organizzato la sua bottega in modo imprenditoriale

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