Ci sono personaggi scomodi, controversi, ma tuttavia necessari al corso della storia. Personaggi che col loro pensiero e la loro opera mettono in luce aspetti importanti della realtà umana che altrimenti rimarrebbero in ombra. Girolamo Savonarola fu uno di questi. Di lui si è detto di tutto, di più. Predicatore, eretico, santo, falso profeta. Ma chi era davvero?

Girolamo Savonarola: santo, eretico o semplice moralizzatore?

Girolamo Savonarola nacque a Ferrara il 21 settembre 1452 da Niccolò e dalla mantovana Elena Bonaccorsi, probabilmente di famiglia modesta. La sua istruzione si improntò a studi di filosofia, musica, medicina e disegno.

Già all’età di 20 anni, disgustato dalla corruzione e dalla decadenza dei costumi, compose la sua prima opera, il “De ruina mundi“, lasciando Ferrara nel 1474 e facendosi domenicano a Bologna.

La statua di Girolamo Savonarola a Ferrara

Durante questo periodo di riflessione scrisse il “De ruina ecclesiae“, opera in cui sancì apertamente quella esigenza di rigenerazione del clero ormai non più dedito alla sua primaria funzione di mediatore tra Dio e l’umanità peccatrice.

 

Girolamo Savonarola a Firenze

Nel 1482 Lorenzo il Magnifico chiamò il Savonarola a Firenze in qualità di lettore nel convento di S. Marco. Le sue doti di abile oratore e persona colta affascinavano il signore fiorentino, tuttavia, a dispetto delle attese, le sue prime prediche non ottennero molto successo, tanto che fu costretto a recarsi altrove.

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Tra il 1485 e il 1489 si trovò a Bologna, Ferrara, Brescia e Genova dove, nei quaresimali, non fece altro che riproporre la necessità di una generale penitenza, unica condizione per poter ottenere la salvezza.

La fama di Girolamo Savonarola cominciò a diffondersi. Lorenzo, allora, su espresso invito di Pico della Mirandola, lo richiamò a Firenze. Il frate cominciò quindi un ciclo di prediche sull’Apocalisse che stavolta riuscirono a conquistare i fiorentini, tanto che, a partire dal 1491, lo vollero a predicare addirittura in una chiesa prestigiosissima come Santa Maria Novella.

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Ritratto di Pico della Mirandola

L’ascesa al potere del frate

I suoi seguaci si organizzarono nella setta penitenziale dei “piagnoni” (così detti per le lacrime versate durante i sermoni di Savonarola). Fustigatore di corruzione e decadenza della Chiesa, Girolamo Savonarola acquisì sempre più prestigio fino a divenire priore di S. Marco, convento in cui era iniziata la sua “avventura fiorentina”.

A poco a poco il popolo, in forza delle sue potenti prediche, si orientò concretamente verso un modello di vita più austero.

In seguito all’avvento di Carlo VIII, alla cacciata di Piero dei Medici e alla conseguente fondazione della repubblica, il prestigio del Savonarola aumentò ancora. Alcune sue prediche parvero a molti vere e proprie profezie, il popolo lo vedeva sotto una luce diversa, quasi mistica.

Museo di San Marco a Firenze

Tutto ciò permise all’intraprendente frate di divenire arbitro della vita pubblica fiorentina in appoggio al gonfaloniere Pierantonio Soderini. Il suo innegabile carisma influenzò nella sostanza la riforma della costituzione della Repubblica, tanto che Firenze fu sottoposta a un vero e proprio regime demo-teocratico.

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La nuova costituzione della Repubblica fiorentina

Con la nuova costituzione non mutava solo l’assetto politico della città ma anche la stessa vita civile: il Savonarola propose infatti l’abolizione del lusso e dell’usura tramite i cosiddetti roghi della vanità (cioè di opere d’arte, libri e strumenti musicali) la creazione di un Monte di Pietà e l’istituzione di una imposta fondiaria.

Non solo: anche chi conduceva una vita disordinata sarebbe stato passibile di giudizio. Inoltre Savonarola ottenne un allargamento del corpo politico con l’istituzione del Consiglio Maggiore al quale si attribuivano poteri molto ampi.

Palazzo Vecchio è uno dei simboli di Firenze. La storia dei suoi molti nomi segue non solo la storia del capoluogo toscano, ma dell'Italia intera.

Girolamo Savonarola e i Borgia

Anche se impegnato nell’attività politica, Girolamo Savonarola proseguì incessantemente a predicare fino a oltrepassare i limiti di ciò che era consentito a un religioso dell’epoca e a giungere allo scontro con Papa Alessandro VI a cui rimproverava apertis verbis i costumi corrotti.

Lo spagnolo Alessandro VI, al secolo Rodrigo de Borja (italianizzato in Borgia), veniva generalmente accusato di aver trasformato Roma in una città-bordello che poi Lutero paragonò a Sodoma.

Nella lussuria ti sei fatta meretrice sfacciata, tu sei peggio che bestia, tu sei mostro abominevole”, aveva rimproverato alla città il domenicano. Il papa, all’inizio, si limitò a proibirgli l’attività predicativa, ma quando il frate continuò a disubbidirgli arrivò fino alla scomunica e all’accusa di eresia.

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Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, è colui che condannò a morte Girolamo Savonarola

Molto presto la sua situazione si aggravò anche sotto il profilo politico. Nonostante fosse appoggiato dai “Piagnoni“, i suoi nemici – i Bigi (fautori dei Medici), gli Arrabbiati (la parte più intransigente dell’antica oligarchia) e i Compagnacci (gli insofferenti del suo rigorismo morale) – riuscirono a seminare il malcontento tra i fiorentini che nel frattempo il papa aveva minacciato d’interdetto.

 

Come morì Girolamo Savonarola

Dal momento che il frate aveva rifiutato di sottoporsi alla sfida della prova del fuoco (accettata in suo nome da un suo seguace, Fra’ Domenico Buonvicini da Pescia), il popolo si ribellò e, nel 1498, assaltò il convento di S. Marco. Il Savonarola fu catturato, torturato e sottoposto a ben tre processi, al termine dei quali venne condannato, per eresia e impostura, a essere impiccato a una croce e bruciato.

In Piazza della Signoria a Firenze esiste una targa a memoria del rogo dove morì Girolamo Savonarola

Prima dell’esecuzione Girolamo Savonarola fu sconsacrato sulla ringhiera dei Signori (davanti a Palazzo dei Priori, oggi Palazzo Vecchio) dove erano riuniti i commissari apostolici nominati da papa Alessandro VI. La sentenza fu eseguita il 23 maggio dello stesso anno in Piazza della Signoria. Le sue ceneri vennero sparse nell’Arno.

Niccolò Machiavelli, suo oppositore, lo definì un profeta “disarmato”. La sua figura storica è tutt’ora controversa. Di sicuro fu un uomo forte, determinato, appassionato, che non esitò a morire per le sue idee. E questo, se non altro, è un valore assoluto per chiunque.

 

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