2 Novembre 2016 2021-01-25T16:44:09+01:00 Fattoria La Massa, da Bordeaux al Chianti su una Ferrari di vino TuscanyPeople Vieri Tommasi Candidi Share: Giampaolo Motta è il proprietario fondatore della Fattoria La Massa a Panzano in Chianti. Azienda sopra le righe e uscita dal Consorzio del Chianti Classico, produce tre vini eccezionali fuori dal disciplinare, all’interno di una cantina progettata da Bernard Mazieres, che riproduce una Ferrari. Leggere per credere. Fattoria La Massa, un’azienda vitivinicola da Formula 1 Incontrare Giampaolo Motta, titolare di Fattoria La Massa, nell’area di Panzano in Chianti, non è un’esperienza qualunque, perché qui, a differenza di molte altre aziende vitivinicole delle stesse dimensioni (più o meno 20 ha vitati), di tutti i fattori che compongono il concetto di terroir, inteso nella sua più ampia accezione, è l’uomo, sempre inteso nella sua più ampia accezione, che la fa indiscutibilmente da padrone. Portare Bodeaux nel Chianti Classico Napoletano dei quartieri alti del capoluogo campano, Giampaolo Motta appartiene a una famiglia leader nell’industria del cuoio da più di 200 anni: “Sì ma io, dopo una breve carriera nell’azienda, in seguito ad alcune insanabili divergenze, feci fagotto e me ne andai in Francia, a Bordeaux, a studiare chimica presso una scuola che comprendeva anche un istituto enologico. Col tempo mi appassionai talmente tanto a quel territorio e al suo vino che nel 1988 decisi d’impiantare nel cuore del Chianti Classico l’anima vinicola di Bordeaux. Ero convinto che i terreni fossero adatti a certi vitigni e che anzi li avrebbero esaltati. Visto poi come sono andate le cose, forse non avevo tutti i torti”. Da operaio a proprietario Ma non avvenne dall’oggi al domani: “No, all’inizio ho lavorato come operaio per alcune aziende vitivinicole quali Riecine, Castello di Albola, Castello dei Rampolla“. Come? Un “figlio di”, con ampie possibilità economiche alle spalle, trova l’umiltà per iniziare come operaio? “Sì, certo, l’ho fatto per quattro anni, e devo dire che oltre a imparare il mestiere dal basso mi servì anche per allacciare rapporti che mi sarebbero tornati utili poi“. E poi? “E poi, nel 1992, quando seppi che la precedente proprietà aveva messo in vendita «La Massa», decisi di acquistarla.” Così, da un giorno all’altro? “No, ovviamente feci i miei calcoli, scelsi di dividere l’azienda in tre parti, ne rivendetti due e ne tenni una, in modo da riuscire a far fronte ai costi, ma ciononostante m’indebitai fino al collo“. Comprensibile. Immagino i suoi amici operai quando vennero a saperlo… “Be’, sì, non credevano alle loro orecchie“. Due grandi enologi Che storia romanzesca, mi viene in mente “Il conte di Montecristo”, prima caduto in disgrazia, imprigionato, e poi risorto, o il “Brubaker” di Robert Redford in cui l’attore americano interpreta il nuovo direttore di un penitenziario, in Arkansans, che si finge un detenuto per spiare come vanno le cose dall’interno. Comunque sia, funzionò: “Per dieci anni con la Fattoria La Massa siamo rimasti nel Consorzio del Chianti Classico grazie anche alla consulenza del bravissimo enologo Carlo Ferrini“ Come: per soli dieci anni? Un altro colpo di scena? “In seguito è cambiato il progetto dei vini e ci siamo avvalsi dell’assistenza del noto enologo francese Stephane Derenoncourt“. Cambiato il progetto dei vini? “Nel supermeccanismo del Consorzio mi sentivo sempre più stretto, volevo costruire la mia realtà, non una tra tante simili, partendo però sempre dal metodo bordolese che per me rimane quello vincente: approccio scientifico, minuziosa analisi del terreno, ricerca, studio, rigore, precisione, massima attenzione ai dettagli, nessun compromesso sulla qualità“. Bello, e quindi? “Quindi uscimmo dal Consorzio“. L’uscita dal Consorzio Chianti Classico Ma perché cos’è che non andava nel Consorzio del Chianti Classico? “Assolutamente niente, è stata una scelta personale dettata da una serie di considerazioni. Faccio degli esempi per spiegarmi meglio. Spesso si parla di galestro in generale. Be’, grazie ad accurati carotaggi solo nei nostri 20 ettari ne abbiamo trovati 25 tipi. Il sangiovese, il vitigno principe toscano, è relativamente giovane, mentre ci sono tracce storiche di uve cabernet sauvignon, merlot, alicante, portate dai Medici più o meno nel XVI secolo“. E allora? “E allora tutto questo dimostra la necessità di uscire dall’idea preconcetta che un vitigno sia l’unica espressione d’una territorialità, quando in verità un vitigno è solo uno dei mezzi d’espressione d’un territorio. 3 vini fuori di…disciplinare E così sono nati i vostri attuali vini tutti rigorosamente fuori dal disciplinare: “Tre rossi, per l’esattezza. Il base, «La Massa», è un assemblaggio di sangiovese, merlot, cabernet sauvignon e alicante bouschet, il nostro «orientamento allegro». Il secondo, «Carla 6», è un blend di cabernet sauvignon, merlot e petit verdot. Il terzo, «Giorgio I°», è un sangiovese in purezza proveniente da un pezzo di terra specifico“. Tutti vini che affermano il primato del territorio sulle regole del territorio, tanto che già nel 2001, prima di separarvi dal Consorzio, arrivaste polemicamente a inserire sulla retro-etichetta del “La Massa” l’immagine di un gallo nero infilzato allo spiedo: “Poi rimpicciolita in seguito a «pressioni dall’alto», ma l’immagine e l’idea rimangono. Un giornalista canadese scrisse sulla sua rivista la Fattoria La Massa era una «fuck-the-system-winery».” Mica male. Logici e dinamici “Non siamo né biologici né biodinamici, ma logici e dinamici“ – afferma con un sorriso Giampaolo Motta mentre ci approcciamo alla futuristica cantina – “L’architetto di questa struttura è Bernard Mazieres lo stesso di Château Latour, Château Pétrus, Château Mouton Rothschild. Io gli scrissi una lettera spiegandogli che non ero Rothschild, ma che avrei voluto creare qualcosa di particolare. C’incontrammo, diventammo amici, e nel 2011 il progetto si realizzò. Prendeva forma il sogno d’una vita”. La cantina della Fattoria La Massa Visitiamo la prima stanza, dedicata al trattamento delle uve: “Qui i grappoli vengono raffreddati a 7-8°, diraspati, poi gli acini, selezionati sul tavolo vibrante, passano nella sala di fermentazione”. Entriamo dentro, impatto notevole: la striscia centrale del pavimento è una scacchiera bianca e nera. Ai lati ci sono le bocche delle vasche in acciaio dove l’uva viene lasciata cadere per gravità. Tutto è perfettamente pulito, lindo, sembra quasi un laboratorio chimico. Mentre passiamo nella perfetta barricaia in cui dominano accesi colori bordeaux, si parla di rimontaggi, di follature, quindi ci trasferiamo nella sala sottostante, dove sporgono le pance delle vasche d’acciaio. C’è qualcosa di strano, d’inusuale: “Non ha ancora capito? Tutta la cantina riproduce l’interno e l’esterno d’una Ferrari“. Lo fisso con tanto d’occhi. “Il soffitto rappresenta un grosso drappo rosso-corsa originale. Per realizzarlo ci siamo avvalsi d’un vero musetto da Formula 1. Quelli lì che lo sostengono sono i cavalletti di carbonio. Sopra c’è una bandiera a scacchi, vede? E poi le vasche, il 6+6 cilindri, il V12, l’architettura più bella di Enzo Ferrari. Mentre le stanze laterali della cantina sono tutte dipinte di nero perché simboleggiano le ruote. Un vero appassionato di Formula 1: “Una passione smodata. Presto la cantina sarà ricolma della gran quantità di cimeli che ho collezionato negli anni, e quasi sicuramente anche da modelli di auto di amici”. La sala degustazione Sbalorditi? Ma non è ancora finita. Dopo aver visitato la parte in cui vengono gestiti i vini torchiati, approdiamo nella sala degustazione, là dove le parole si tramutano in fatti. Oppure no. Iniziamo con “La Massa” 2013, di cui producono, secondo le annate, circa 150.000 bottiglie. Un entry level che ottiene 93 punti da Robert Parker. Per dire. Quindi assaggiamo il “Carla 6“ 2012: Carla è la figlia, 6 il numero della vigna. È basato sull’acidità e la mineralità, non sul tannino. Si sente la grafite, la polvere da sparo. È di alto livello, purtroppo ne fanno solo 4.500 bottiglie all’anno. Infine passiamo al “Giorgio 1°” 2012, un regalo al nonno la cui firma originale si trova sull’etichetta. Ne producono dalle 15.000 alle 20.000 bottiglie all’anno. Strepitoso. Meglio fermarsi qui, mi aspetta un lungo ritorno alla guida della mia auto. Share: Informazioni sull'autoreVieri Tommasi CandidiScrittore & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/fattoria-la-massa-panzano-chianti/" width="100%" count="on" num="3"]