Firenze capitale d’Italia riguarda un momento di profonda trasformazione per la città, che si dovette preparare ad accogliere grandi viali, nuove piazze, aree verdi, abbandonando parte delle antiche strutture medievali e allineandosi con le più importanti capitali europee. Ma perché Firenze venne scelta come capitale d’Italia? E perché ospitò la sede dello Stato italiano per soli 6 anni?

Firenze capitale d’Italia: fu veramente un guadagno?

Il Regno d’Italia, proclamato il 17 marzo 1861, non comprende Roma e il Lazio, ossia quel che resta dello Stato Pontificio. Nel primo discorso alla Camera dei Deputati, Cavour conclude il suo intervento dichiarando che Roma: “è la necessaria capitale d’Italia, ché senza che Roma sia riunita all’Italia come sua capitale, l’Italia non potrebbe avere un assetto definitivo”.

Il Papato gode tuttavia della protezione della Francia, al tempo stesso principale alleata e protettrice del nuovo Regno d’Italia, tant’è che Garibaldi, nel 1862, tenta di conquistare l’Urbe, senza riuscirvi (le tragiche giornate dell’Aspromonte), per l’opposizione transalpina.

Perché Firenze venne scelta come capitale d'Italia nel 1864? Cause ed effetti di Firenze capitale d'Italia, dall'urbanistica alla politica.

La Questione Romana

Napoleone III e Vittorio Emanuele II, nell’intento di risolvere la “Questione Romana”, il 15 settembre 1864 stipulano una Convenzione nella quale da un lato lo Stato Italiano s’impegna a non aggredire lo Stato Pontificio, e anzi a proteggerne i confini da chi, come Garibaldi, avrebbe potuto attaccarlo, mentre dall’altro la Francia promette di ritirare le proprie truppe. In ogni caso, dato che il sovrano francese non nutre troppa fiducia nella buona fede del governo italiano, chiede, con protocollo aggiuntivo, che l’Italia provveda entro 6 mesi a trasferire la capitale da Torino ad altra città meno decentrata. Lo spostamento sarebbe la prova incontrovertibile della definitiva rinuncia italiana a Roma capitale.

Questo patto dovrebbe rimanere segreto, ma, come di solito avviene, trapela. La notizia non viene accolta con favore dai torinesi, che subito scendono in piazza gridando “Roma o Torino!”. La rivolta viene sedata con l’intervento dell’esercito: 20 i morti e oltre cento feriti. Nel resto d’Italia si diffonde intanto la curiosità di conoscere su quale città ricadrà la scelta. L’alternativa è tra Napoli, Firenze e Bologna. L’ultima fa parte degli ex territori pontifici e l’ipotesi viene scartata perché avrebbe rappresentato un affronto al Papato. La prima è difficilmente difendibile a causa del porto. La scelta cade così su Firenze: i motivi sono strategici, politici, militari.

Perché Firenze venne scelta come capitale d'Italia nel 1864? Cause ed effetti di Firenze capitale d'Italia, dall'urbanistica alla politica.

Firenze capitale d’Italia

La notizia di Firenze capitale d’Italia, che dovrebbe inorgoglire i fiorentini, al contrario non li entusiasma affatto, dal momento che la città sarà sede dello Stato solo in via provvisoria: il simbolo della riunificazione italiana è e rimane Roma. Lo stesso Bettino Ricasoli, nella previsione di grandi problemi e altrettanto dispendio di denaro, definisce il trasferimento una “tazza di veleno” che la città deve mandar giù. Il Carducci scrive: “La Convenzione di settembre e le sue conseguenze hanno creato uno stato di cose che i piemontesi aborrono, che i toscani non si aspettavano, non desideravano, né l’han caro…”.

Il piemontese Massimo d’Azeglio è invece un convinto sostenitore della candidatura di Firenze perché centro della lingua, posta a giusta distanza dalle due estremità della penisola, “[…]popolata “d’uomini ingegnosi, temperati, civili[ …]A Firenze il governo potrebbe trovare[…] salubre e sicuro ambiente […]“.

La nuova capitale nasce senza alcun entusiasmo, scontentando tutti, anche chi in teoria ne dovrebbe beneficiare. Nella seduta del 18 novembre 1864, la Camera dei Deputati approva la norma che all’art. 1 recita: “La capitale del Regno sarà trasferita a Firenze entro 6 mesi dalla data della presente legge”.
Il primo a trasferirsi è Vittorio Emanuele che il 3 febbraio 1865 stabilisce la reggia a Palazzo Pitti. La maggior parte dei ministeri si insediano in maggio, mentre il 18 novembre, in Palazzo Vecchio, viene inaugurata la legislatura.

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Le riforme urbanistiche di Giuseppe Poggi

Giuseppe Poggi, il noto architetto, stila il piano urbanistico e, sotto la sua direzione, si cominciano le fondamentali modifiche all’assetto della città, trasformandola da Firenze a Firenze capitale. Le mura vengono in grossa parte abbattute per creare larghi viali di scorrimento e permettere al centro di espandersi. Le Cascine, all’epoca vasta piazza d’armi costruita per le esercitazioni militari, si trasformano in un parco che si vuole paragonabile al Bois de Boulogne. Si realizzano il Viale dei Colli e il Piazzale Michelangelo. Vari palazzi del centro vengono adattati per ospitare ministeri e uffici governativi. Palazzo Vecchio accoglie la Camera dei Deputati nel Salone dei Cinquecento, gli Uffizi il Senato. Palazzo Pitti è riservato alla Reggia.

Firenze si trasforma in una città dall’urbanistica e dalle infrastrutture paragonabili a quelle delle maggiori capitali europee. I lavori in corso causano notevoli disagi ai cittadini. L’afflusso dal Piemonte di funzionari e impiegati ministeriali insieme alle loro famiglie porta all’aumento dei canoni d’affitto delle abitazioni dalla metà a due terzi. Rincarano i prezzi dei generi alimentari, dei sali e tabacchi, s’incrementano le tasse necessarie a rimpinguare le vuote casse della comunità fiorentina: questi debiti continueranno a gravare per molti anni a venire.

In ogni modo, nei 6 anni di Firenze capitale, inizia la “spiemontesizzazione” dello Stato e, nonostante i municipalismi non del tutto sopiti, viene portato avanti il processo di unificazione nazionale in un’atmosfera di maggiore tolleranza e rispetto reciproci.

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Il trasferimento della capitale a Roma

Nell’ottobre 1866 si conclude la Terza Guerra d’Indipendenza con la riunione del Veneto all’Italia.
Nel novembre del 1867 Garibaldi penetra nel territorio dello Stato Pontificio marciando alla volta di Roma, ma viene fermato a Mentana dai francesi. Conseguenza della violazione della Convenzione del settembre 1864 è la permanenza delle truppe transalpine a Roma.

Nel 1870 i francesi, a causa della guerra franco-prussiana che vede il crollo dell’impero di Napoleone III, lasciano Roma. Il 20 settembre i bersaglieri penetrano nelle Città Eterna dalla famosa breccia di Porta Pia e a Firenze, come in tutta l’Italia, si festeggia sventolando le bandiere tricolori.
Nel maggio 1871 il parlamento, ancora operante in Palazzo Vecchio, approva la Legge delle Guarentigie, che regolerà i rapporti fra Stato e Chiesa fino al 1929. È l’ultimo atto politico di rilievo prima del definitivo trasferimento a Roma.

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L’indifferenza dei fiorentini

Quando l’apparato statale se ne va, la città si svuota con la stessa velocità con cui si è riempita. Interi quartieri rimangono sfitti. Nei palazzi di Stato restano i chiodi piantati sui muri, le cartacce negli angoli. Ma i fiorentini, noblesse oblige, rimangono indifferenti. Addirittura circola un aforisma:

Torino piange quando il Prence parte,
e Roma esulta quando il Prence arriva.
Firenze, culla della poesia e dell’arte,
se ne infischia quando giunge e quando parte.

L’unico che non rimane indifferente è il sindaco Ubaldino Peruzzi, tanto entusiasta del nuovo status della sua città, e a tal punto munifico nella spesa pubblica, quanto turbato per i debiti rimasti, al punto da pagarli di tasca propria fino a ridursi in miseria. Come 500 anni prima i suoi avi, i banchieri Peruzzi, avevano fatto bancarotta a causa delle inadempienze del Re d’Inghilterra, così Ubaldino, si dice, è stato rovinato dal Re d’Italia.

Perché Firenze venne scelta come capitale d'Italia nel 1864? Cause ed effetti di Firenze capitale d'Italia, dall'urbanistica alla politica.

Comunque la si voglia vedere, il retaggio del periodo di Firenze capitale è l’importante ruolo svolto nel processo di unificazione nazionale: si conciliano le diverse abitudini, si superano i preconcetti, si attenuano i regionalismi. Comincia ad affiorare un modo di vita unitario. Si affievolisce il senso di un’Italia di dominatori e di una di dominati.

Quanto alle opere urbanistiche, pur non esenti da critiche, contribuiscono a donare alla città un più ampio respiro, meno locale, più internazionale. Se è un bene o un male, ai posteri l’ardua sentenza.

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