Scopri la teoria matematica della bellezza di Birkhoff: M = O/C. La simmetria e l’armonia giocano un ruolo cruciale nel determinare l’indice di gradevolezza di un oggetto.

George David Birkhoff e la formula matematica della bellezza: M = O/C

M = O/C (dove M è la misura della bellezza, O l’ordine e C la complessità) è la formula matematica della bellezza teorizzata da George David Birkhoff – uno dei più grandi matematici statunitensi del secolo scorso -, nel 1933. Secondo lui la misura estetica, ovvero l’indice di gradevolezza di un oggetto, dipende dal rapporto tra ordine e complessità. L’ordine rappresenta la simmetria, la regolarità e l’armonia delle forme; al contrario, la complessità coincide col disordine, la varietà e l’eterogeneità degli elementi. La bellezza, per Birkhoff, nasce sempre quando l’ordine prevale sulla complessità.

La cupola del Duomo di Firenze è molto più che un capolavoro. E' quasi un miracolo, un favoloso mistero non del tutto svelato, creato dalla mente geniale di Filippo Brunelleschi

La formula matematica della bellezza di Birkhoff si scontra tuttavia con un enorme problema

La formula, per quanto affascinante, incontra però un enorme problema. Nel tentativo di quantificare la bellezza, un approccio matematico così rigido esclude dall’equazione la nostra dimensione soggettiva. L’unica cosa che possiamo veramente misurare, in ambito estetico, è la reazione che si sviluppa durante la nostra percezione. Gli psicologi Schwarz e Bless hanno dimostrato che giudichiamo piacevoli quegli stimoli che riusciamo a elaborare cognitivamente con maggiore facilità. E questo dipende soprattutto dalla nostra cultura di riferimento, la quale ci permette di entrare in contatto, conoscere e riconoscere, qualcosa di nuovo. Se per Birkhoff la complessità era qualcosa di tendenzialmente negativo, da bilanciare con un’alta dose di ordine, oggi sappiamo che essa può accendere l’interesse e la curiosità, trasformando l’interpretazione cognitiva in una sfida interessante. In altre parole, possiamo allenarci alla complessità. E questo è il valore dell’arte: imparare a scoprire la bellezza dove nessuno si aspetta di trovarla.

L'Annunciazione di Leonardo da Vinci si trova a Firenze

La formula matematica della bellezza di Birkhoff e la grande arte rinascimentale toscana

Chiarito quanto sopra che, possiamo tranquillamente affermare, possiede un valore teorico generale, e che è addirittura volgarmente sintetizzabile nel detto popolare, “non è bello quel che è bello ma è bello quel che piace”, cerchiamo adesso di rapportare la formula matematica della bellezza di Birkhoff con la grande arte rinascimentale toscana, per capire se anche in questo caso incontra l’insanabile difficoltà della dimensione soggettiva oppure se nello specifico il problema risulta più attenuato. La risposta è ovviamente già insita nel dubbio mosso in modo implicito. Probabilmente la formula matematica della bellezza di Birkhoff si attaglia maggiormente, con le dovute eccezioni, alla grande arte rinascimentale toscana, di quanto non si adatti all’arte in generale.

Nascita di Venere, opera di Sandro Botticelli conservata alla Galleria degli Uffizi

Il Rinascimento è armonia di proporzioni e prospettiva: l’uomo vitruviano

Una delle grandi aspirazioni del Rinascimento era il raggiungimento dell’armonia attraverso le proporzioni. La parola proporzione derivante dal latino proportio –onis, e dalla locuzione pro portione, che vuol dire “secondo la porzione”, indica la corrispondenza di misura fra due o più parti in stretta relazione fra loro. Queste corrispondenze di misura non sono altro che rapporti matematici. Ovviamente le proporzioni vengono applicate maggiormente in architettura, ma non solo.

Nel Medioevo le proporzioni derivavano direttamente dalla geometria, mentre nel Rinascimento le proporzioni sono quasi essenzialmente numeriche. I rapporti numerici più usati sono: l’unisono (1:1), il diapason (1:2), il diapènte (2:3) e il diatessaron (3:4).

Anche la prospettiva, così studiata e teorizzata dai grandi artisti rinascimentali, ha a che fare con la geometria e la matematica: “prospectiva” per Piero della Francesca era essenzialmente “commensurazione”, ossia rappresentazione misurata dei corpi sulla superficie del dipinto.

Se prendiamo Vitruvio, poi, architetto romano del I° secolo a.C., per lui la natura ha fatto sì che il corpo dell’uomo sia ben proporzionato. Lunghezza dell’uomo (da testa a piedi) uguale a lunghezza fra l’una e l’altra mano. Prendendo come centro l’ombelico col compasso tracciava una circonferenza che avrebbe toccato la punta delle dita.

Per approfondire: Perché Firenze è la culla del Rinascimento. E non solo

Riproduzione degli schizzi di Leonardo relativi all'Uomo Vitruviano

Nell’arte rinascimentale in effetti l’ordine prevale sulla complessità

Dunque, se rapportiamo la formula della bellezza di Birkhoff (M = O/C) all’arte rinascimentale toscana troviamo che senz’altro l’ordine prevale sulla complessità, almeno nelle aspirazioni e nelle intenzioni ultime degli artisti, e che quindi il senso della teoria matematica risulta qui più pregnante. In altre parole, la bellezza delle opere rinascimentali, che si rifanno al mondo classico, parrebbe derivare in grossa parte dal rigoroso rispetto di valori matematici, avvalorando la teoria di Birkhoff.

Pensiamo ad esempio alla perfezione matematica della Cupola del Brunelleschi; alla meravigliosa armonia del David di Michelangelo (Galleria dell’Accademia); o a quello più classico di Donatello (Museo Nazionale del Bargello). Pensiamo alla Nascita di Venere e alla Primavera del Botticelli; a La Madonna di Ognissanti di Giotto; alla scena quasi geometrica dell’Annunciazione di Leonardo (tutti alla Galleria degli Uffizi) e; sempre in tema di geometrie, al pavimento del Duomo di Siena.

E che dire della Trinità (Basilica di Santa Maria Novella) e della Cappella Brancacci del Masaccio (Santa Maria del Carmine)? O degli incredibili pannelli della Porta del Paradiso del Ghiberti (Museo dell’Opera del Duomo); del Monumento funebre a Ilaria del Carretto di Jacopo della Quercia (Cattedrale di San Martino, a Lucca); e del Ciclo delle Storie della Vera Croce di Piero della Francesca (Basilica di San Francesco, ad Arezzo)?

Tutti questi sono solo alcuni esempi di grandi opere rinascimentali sparse in Toscana che potrebbero suffragare la formula della bellezza di Birkhoff attenuando l’importanza della dimensione soggettiva nella valutazione dell’arte. In pratica il Rinascimento sembrerebbe dirci che la bellezza deriva essenzialmente da un armonico insieme di forme proporzionate e ordinate, ossia matematiche, e che al di fuori di esse si genera la complessità, il caos, e infine la bruttezza. Ma allora dove sta la verità?

La Cappella Brancacci a Firenze è la sede dei famosi affreschi di Masaccio e Masolino

La verità sta…

La verità è che non esiste una verità univoca. Il Rinascimento ha proposto una forma di bellezza più tendente alle proporzioni matematiche, e quindi a una supposta oggettività, mentre nei secoli successivi la dimensione soggettiva nell’arte ha assunto dimensioni ipertrofiche. Pensiamo alla grande rottura con l’arte classica operata dall’Impressionismo, alle sproporzioni (sia nelle forme che nel colore) di Van Gogh, alle forme paradossali del Cubismo, fino alle concettualizzazioni dell’astrattismo più puro in cui forme e proporzioni si sciolgono in idee. Si può dire che tutta questa produzione artistica sia meno bella di quella precedente? Certo che no.

La verità è che la bellezza partecipa, sia di una parte più oggettiva, verso la quale la maggioranza trova una certa concordanza, sia di una parte soggettiva, diversa per ognuno di noi. Certamente l’ordine ha la sua importanza, ma non è tutto, anzi, talvolta può essere preferibile un’interessante eterogenea complessità a un ordine banale.

Possiamo pertanto concludere che se la formula di Birkhoff ha rappresentato un tentativo matematico-filosofico di racchiudere la bellezza in un’unica formula semplificandone l’approccio teorico, la complessità della bellezza in sé scoraggia (viva Iddio!) ogni riduzione e ogni schematizzazione, a favore dell’infinita varietà delle nostre percezioni a del nostro pensiero.

Per approfondire: Cos’è la bellezza?

A Palazzo Strozzi, Firenze,la mostra del famoso artista Ai Wewei che ha portato sotto le luci dei riflettori la Cina e la sua contemporaneità

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Foto di copertina Delia Giandeini su Unsplash

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