Il Museo Gucci di Firenze ospiterà, fino al 28 febbraio 2015, l’opera Grosse Fatigue dell’artista Camille Henrot, professionista internazionale classe 1978 che vive e lavora tra Parigi e New York. Le creazioni di Camille Henrot sono state esposte in molteplici e famosi musei e gallerie di tutto il mondo, per citarne alcuni: “Louvre” (Parigi), “New Museum”(New York), “Centre Pompidou” (Parigi), “Schinkel Pavillon” (Berlino).

 

Grosse Fatigue di Camille Honrot

“Grosse Fatigue è un film di 13 minuti ritmato dalla musica del compositore Joakim e dalla voce dello slammer Akwetey Orraca-Tetteh, che declama in “spoken word” una lunga poesia costata ben 5 mesi di studi scritta in collaborazione con lo scrittore Jacob Bromberg.

Grosse Fatigue di Camille Henrot è esposta al Museo Gucci di Firenze fino al 28/2/2015

Camille inizia a lavorare al progetto nel 2012, in seguito alla richiesta di una borsa di studio presso lo “Smithsonian Institution”, dal cui immenso database trae molte informazioni per l’analisi e la costruzione dell’opera. E’ proprio da quel momento che comincia a fare ricerche sulla storia dell’universo, perseguendo un’utopica ambizione, ossia sovrapporre i saperi scientifici, storici, mitologici, artistici e antropologici legati all’evoluzione del mondo: è così che nasce Grosse Fatigue.

Grosse Fatigue di Camille Henrot è esposta al Museo Gucci di Firenze fino al 28/2/2015

La struttura di Grosse Fatigue

Il filmato viene presentato in una sala buia del Museo Gucci di Firenze, accessibile oltrepassando delle tende. All’interno della stanza vi è uno schermo enorme, posto ad una distanza ravvicinata rispetto allo spettatore. Mi siedo e attendo l’inizio del video, decisamente emozionale, realizzato mixando disegno, pittura, immagini fotografiche o cinematografiche rivisitate dall’artista.

L’opera è strutturata in più parti che si sovrappongono intersecando diverse pagine di computer sullo schermo: la prima parte rappresenta il niente, il vuoto più totale; la seconda parte invece Dio e la sua nascita; la terza, riguarda l’emergere della Terra in tutta la sua potenza.

E’ proprio quest’ultima sezione la più importante a mio parere, perché non tratta solo la nascita fisica del mondo, ossia lo sviluppo delle montagne, degli animali e degli esseri umani ma anche concetti più astratti come la solitudine, il “mal de vivre” e la morte.

Elemento su cui soffermarsi è l’utilizzo delle schermate: il web diventa una sorta di modello unificante in cui tutte le scienze si mescolano tra loro dando vita ad un grande quadro, ricco di aspetti positivi e negativi, divenendo metaforicamente e simbolicamente paragonabile alla vita umana.
Camille Henrot in Grosse Fatigue cerca di articolare l’idea della creazione della terra con la grossa fatica che ad essa sussegue, ecco spiegato il titolo dell’opera.

Come nasce Grosse Fatigue

Ciò che la sprona è il suo grande amore verso l’antropologia e quindi lo studio dell’essere umano, ma soprattutto ad affascinarla è il fatto che nelle scienze antropologiche è lo stesso uomo che da soggetto si trasforma in oggetto di ricerca.

Come spiega la stessa artista: “Nel mio video, la volontà di universalizzare le conoscenze si accompagna alla coscienza che ho di questo atto. Vale a dire che nel momento stesso in cui aspiro a rendere il mondo abitabile mediante una totalizzazione soggettiva, sono anche consapevole della follia di questo tentativo e dei suoi limiti intrinsechi”.
“Grosse Fatigue” è quindi una vera e propria meditazione sulla creazione, un’opera astratta, complessa e ricca di significati, difficile da capire, estremamente soggettiva e visionaria, talvolta, a tratti, quasi inquietante.

Grosse Fatigue di Camille Henrot è esposta al Museo Gucci di Firenze fino al 28/2/2015

La scultura “Tevau

Oltre al filmato, nel Museo Gucci di Firenze è esposta anche la scultura “Tevau”, in cui Camille utilizza materiali estremamente diversi tra loro: manichette anticendio, oggetti industriali e legno.

Anche in quest’opera l’artista si rifà alle tematiche universali, richiamando problematiche antropologiche e culturali.
La forma della scultura ricorda il simbolo dell’infinito e mette in evidenza quella che è la natura della relazione tra presente, passato e futuro: il tempo che si ripresenta come in un continuum.

Tornando a Grosse Fatigue, credo che l’obiettivo fondamentale dell’artista sia quello di far riflettere sul perché della vita, sulla nascita e la morte di un’esistenza fisica, e sulla continua ricerca di un sapere assoluto che sprona l’uomo verso la sua conquista e che al contempo lo rende frustrato dall’impossibilità di accedervi.

Concludo con un passaggio molto interessante dell’opera, che riassume perfettamente il concetto su cui questa si fonda: “Queste cosmologie personali, questi deliri di conoscenza mettono in scena la sfida costante di conciliare il sé con l’universo, il soggettivo con il collettivo, il particolare con il generale, l’individuo con la cultura del suo tempo. Oggi, alle prese con il diluvio dell’informazione, questi tentativi di strutturare la conoscenza in sistemi onnicomprensivi ci appaiono ancora più necessari e ancor più disperati.

 

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Eleonora Paggetti
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