3 Novembre 2024 2024-10-30T09:17:59+01:00 Perché la Toscana è la culla della lingua italiana? TuscanyPeople Vieri Tommasi Candidi Share: Cosa c’è di vero nell’affermazione: l’italiano è nato in Toscana? Esplora la storia della lingua italiana e la sua evoluzione nel corso dei secoli. L’italiano è nato in Toscana? Tutti più o meno sanno che l’italiano è nato in Toscana e che Manzoni, per “I promessi sposi”, venne a Firenze a “risciacquare i panni in Arno” – celebre metafora che attribuiva al fiorentino un ruolo essenziale e preminente nell’unificazione linguistica, sociale e culturale del paese – ma è del tutto vero? Ossia, è vero che l’italiano così come lo conosciamo oggi è nato in tutto e per tutto in Toscana e, specificamente, a Firenze? Vediamo di fare un po’ di chiarezza. L’evoluzione della lingua italiana nel tempo La lingua italiana si è evoluta nel corso del tempo secondo un processo lungo e graduale che inizia dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel quinto secolo. Fino ad allora il latino era diffuso e imposto in tutto l’Impero come “lingua franca” o come lingua condivisa. In seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, le forme vernacolari e locali della lingua iniziarono a rivestire un ruolo sempre più importante nella società e nella vita quotidiana della popolazione. Mentre, al contrario, per diversi secoli la lingua dominante nel linguaggio culturale alto rimase il latino usato nelle università europee, in tutti gli atti ufficiali e nella maggioranza delle procedure ecclesiastiche. La nascita del volgare italiano Del 960 sono i Placiti Cassinesi – tra i quali il Placito di Capua, conservato nell’Archivio della badia di Montecassino -, quattro testimonianze giurate sull’appartenenza di certe terre ai monasteri benedettini di Capua, Sessa Aurunca e Teano, che rappresentano i primi documenti di un volgare d’Italia scritti in un linguaggio che vuol essere ufficiale e dotto al contempo. Dall’inizio del XIII secolo, buona parte della letteratura (in particolare la poesia) inizia a essere pubblicata in italiano regionale. I Poeti Siciliani, col loro significativo contributo, ne furono i maggiori promotori nel XIII secolo, seguiti successivamente dai toscani, di cui Dante, Boccaccio e Petrarca rappresentarono gli esponenti principali. La fioritura economica e culturale di Firenze – che l’avrebbe portata nei secoli successivi a diventare la culla del Rinascimento – e l’importanza delle opere scritte in volgare fiorentino dai “tre big” ebbero un’enorme influenza sulla lingua parlata e sugli scrittori successivi. Per approfondire: Il rapporto tra Boccaccio e Firenze: una storia travagliata fatta di colpi di scena La Scuola Siciliana e la sua idea rivoluzionaria Purtuttavia, tornando un poco indietro nel tempo, dobbiamo ricordare di nuovo la Scuola Siciliana, fiorita alla corte di Federico II, di cui il massimo esponente e caposcuola fu Giacomo da Lentini. Questa Scuola riuniva poeti che scelsero di nobilitare la lingua volgare, utilizzandone una versione aulica, adatta a veicolare opere poetiche di altissimo livello letterario. La portata rivoluzionaria di tale scelta si comprende facilmente pensando che, prima di allora, il volgare era stato confinato esclusivamente all’interno di un banale utilizzo quotidiano. Alla fine del XII secolo, infatti, quando cioè Federico II regnava sulla Sicilia, la lingua della poesia e dell’arte letteraria era ancora il latino. Coerentemente, le uniche forme poetiche conosciute e praticate erano quelle dei classici, almeno fintanto che la Scuola Siciliana non dette l’avvio a una rivoluzione destinata a generare cambiamenti epocali. Dante conosceva la Scuola Siciliana Una delle più grandi innovazioni nate in seno alla Scuola Siciliana fu la creazione del sonetto, quella forma poetica completamente italiana che tanto spazio e tanta importanza avrebbe avuto nella storia della letteratura del nostro Paese. Secondo la tradizione fu proprio Giacomo Da Lentini a formalizzare il sonetto per come lo conosciamo ancora oggi. E proprio in virtù del suo enorme prestigio viene citato da Dante nel XXIV canto del Purgatorio. Non solo, Dante cita la Scuola Siciliana anche nel De Vulgari Eloquentia, confermando la grande rilevanza dei poeti siciliani all’interno della storia della poesia in volgare, oltre che all’interno della propria formazione artistica: “[…] uomini che hanno poetato solennemente, ciò a che, tutto quello che produssero i migliori fra gli italiani, appariva dapprima nella corte di tanti sovrani, e per il fatto che la corte avesse sede in Sicilia, è avvenuto che tutto ciò che si è prodotto prima di noi, fu detto siciliano”. Dante dunque conosceva bene la Scuola Siciliana grazie, probabilmente, alle traduzioni dei loro manoscritti operate da copisti toscani, ossia versioni “toscanizzate” dei testi originari. Dato quanto sopra, allora è possibile, se non probabile, che Dante abbia potuto attingere ai topos, ad alcune scelte stilistiche (la ricchezza allegorica delle immagini), e ad alcune tematiche dei grandi poeti siciliani (come la donna esempio di perfezione incarnata, concetto similissimo a quello degli stilnovisti), pagando quindi un tributo alla loro poetica che potrebbe aver influenzato tutta la lingua italiana successiva. Il volgare fiorentino si trasforma in una lingua colta e poi nell’ “italiano” dell’epoca Dopo aver rimesso un po’ le cose al loro posto, e aver “dato a Cesare quel che è di Cesare e ai Poeti Siciliani quel che è dei Poeti Siciliani”, è senz’altro il volgare fiorentino trecentesco, non quello siciliano, a trasformarsi a poco a poco in una nuova lingua colta, alternativa al latino, tanto che il suo impiego sarebbe continuato con artisti, pensatori e scienziati che hanno rivoluzionato il mondo: Leonardo Da Vinci, Michelangelo, Galileo, Machiavelli, Botticelli, e moltissimi altri. E tanto che, a partire dal Cinquecento, le espressioni “toscano” e “italiano” vengono spesso, a torto o ragione, utilizzate come sinonimi. Nell’Ottocento nasce la lingua italiana che diverrà quella attuale La lingua italiana, come la conosciamo oggi, è poi il risultato di un lungo processo di evoluzione e dibattito iniziato nel Seicento sulla forma corretta della lingua da utilizzare, sia nello scritto che nel parlato. Nella prima metà dell’Ottocento, la volontà del Paese di essere indipendente, libero dagli invasori, e unito contro ogni aggressore, era ormai dirompente, e il fiorentino e il modello letterario di Petrarca veniva scelto da molti letterati come lingua nazionale. La consacrazione definitiva, e l’elevazione del fiorentino a lingua nazionale, avvenne poi, come sappiamo, soprattutto grazie al Manzoni e ai Promessi Sposi, considerato il primo romanzo moderno, opera letteraria fondamentale che in seguito si diffonderà anche nelle regioni in cui si continuavano a usare dialetti popolari. Il resto del lavoro lo fecero l’unificazione dell’Italia; la diffusione della radio; il forzato mescolarsi dei soldati durante il primo conflitto mondiale; e ovviamente la televisione. Rispondendo alla domanda: l’italiano è nato in Toscana? Da quanto abbiamo detto, si può dunque sempre affermare che l’italiano è nato in Toscana? Be’, come lingua possiamo rispondere affermativamente, come idea probabilmente non del tutto, visto che i grandi Poeti Siciliani furono i primi a usare il volgare regionale in letteratura e che Dante ebbe modo di leggerli rimanendone sicuramente influenzato. In altre parole si potrebbe azzardare che l’italiano moderno nasca come idea in Sicilia; che concretamente si sviluppi come lingua in Toscana, soprattutto attraverso le opere di tre immensi letterati quali Dante, Petrarca e Boccaccio; e che alla fine il fiorentino venga “sdoganato” definitivamente da Manzoni quale lingua a cui l’Italia in procinto di unirsi avrebbe dovuto guardare. Accademia della Crusca e Museo Nazionale della lingua italiana: a Firenze 2 istituti fondamentali per la nostra lingua L’Accademia della Crusca, nata a Firenze nel 1583 a opera di Leonardo Salviati, è la più antica accademia linguistica al mondo, oltre che uno dei principali punti di riferimento per le ricerche sulla lingua italiana. Sempre a Firenze è di recente inaugurazione – anche se temporaneamente chiuso per lavori di ampliamento – il Museo nazionale dell’Italiano (MUNDI), il primo grande museo della lingua italiana, sito nell’ex monastero della Santissima Concezione, all’interno del complesso di Santa Maria Novella. Il museo è un progetto del Ministero della cultura insieme al Comune di Firenze e all’attività di un gruppo di lavoro in cui sono rappresentate le massime istituzioni che si occupano dello studio e della promozione della nostra lingua: Accademia della Crusca, Accademia dei Lincei, Società Dante Alighieri, Associazione per la Storia della Lingua Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. Per approfondire: Accademia della Crusca: la tutela dell’italiano da oltre 400 anni Caro lettore, cara lettrice, se questo articolo ti è piaciuto potresti anche lasciarci un commento qui sotto, su FB, su IG, oppure condividerlo tramite il pulsante WhatsApp. Inoltre, se disponi del sistema Android sul tuo Smartphone, è facile rimanere in contatto con TuscanyPeople: basta far scorrere il dito sul touchscreen della Home da destra verso sinistra per aprire Discover di Google che spesso sceglie i nostri articoli tra i più interessanti da leggere. Foto di copertina Zoya Loonohod su Unsplash Riproduzione Riservata ©Copyright TuscanyPeople Share: Informazioni sull'autoreVieri Tommasi CandidiScrittore & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/italiano-e-nato-in-toscana/" width="100%" count="on" num="3"]