Continuiamo a raccontare il grande progetto leonardiano, nel suo continuo andirivieni tra gli studi scientifici e la pittura; tra la guerra di Pisa con gli annessi studi di idraulica, alle prese con i quali l’avevamo lasciato nel nostro precedente articolo e il leggendario dipinto della Battaglia di Anghiari.

 

👉 Leggi la prima parte dell’articolo: Leonardo da Vinci, un genio sconcertante

 

Il Salone dei Cinquecento, Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti

Piuttosto che dare seguito ai progetti di deviazione dell’Arno, la Repubblica Fiorentina preferì affidare a Leonardo da Vinci l’incarico di raffigurare sulla parete orientale dell’attuale Salone dei Cinquecento, voluto da Girolamo Savonarola, la scena della Battaglia di Anghiari.

Di fianco avrebbe lavorato Michelangelo Buonarroti, affrescando la Battaglia di Cascina. Diverse testimonianze riferiscono di un’accesa rivalità tra i due artisti, tanto più che da poco completato il David e riunita un’autorevole commissione per stabilirne il collocamento, Leonardo si era espresso perché la scultura venisse posizionata sotto la Loggia dei Lanzi, in modo da non disturbare le pubbliche cerimonie in Piazza della Signoria; tale consulto rimase in minoranza, ma Michelangelo non ne fu per niente lusingato.

Il genio di Leonardo da Vinci, dalla Gioconda alla Battaglia di Anghiari, dalla competitività con Michelangelo fino al Castello di Clos-Lucè.

La Battaglia di Anghiari

Eppure, nonostante la rivalità nessuno dei due riuscì a completare la sua opera. Leonardo, non volendo ricorrere all’affresco e memore dell’esperienza del Cenacolo, tentò di riscoprire la tecnica classica dell’encausto, conosciuta attraverso Plinio il Vecchio. L’encausto prevedeva che i colori ad olio venissero fissati sulla parete con il fuoco, ma quando Leonardo ebbe completato la scena centrale, l’olio di lino non si rivelò adatto, oppure i bracieri non raggiunsero la temperatura necessaria, così i pigmenti colarono sulla parete anziché fissarsi o sbiadirono.

Il ritorno dei Medici a Firenze impedì quindi anche a Michelangelo di immortalare l’altra grande vittoria della Repubblica Fiorentina. Infine, sempre sotto i Medici, quanto restava della battaglia leonardesca fu coperto dagli affreschi di Giorgio Vasari.

Non sappiamo se il Vasari, pur coprendola, abbia voluto salvare l’opera di Leonardo, è questo uno dei tanti misteri legati al grande genio; non di meno la Battaglia di Anghiari, con il suo stupefacente moto vorticoso di corpi ed animi, fece in tempo a circondarsi di grande fama. Quando Leonardo aprì il suo studio perché chiunque potesse liberamente ammirare il cartone preparatorio, Michelangelo, Raffaello Sanzio ed Andrea del Sarto, accorsero per copiare i particolari che più li colpivano. Benvenuto Cellini ebbe a definire il cartone: “scuola del mondo“.

👉 Leggi anche: Toscana teatro di grandi battaglie: da Montaperti alla Linea GoticaLa Battaglia di Anghiari, dipinto di Leonardo da Vinci nel Salone dei Cinquecento a Firenze

Il sorriso di Monna Lisa

Il mancato completamento della Battaglia di Anghiari provocò critiche e maldicenze. Secondo Giorgio Vasari, Leonardo reagì tentando di restituire al gonfaloniere Pier Soderini tutto il compenso ricevuto, “io non sono dipintore da quattrini“. Il gonfaloniere della Repubblica Fiorentina non accettò.

 

Leonardo abbandonò comunque la battaglia, preferendo dedicarsi ad altre opere. A queste avrebbe lavorato per lunghi anni, la Leda col Cigno (sopravvissuta soltanto in copia), rappresentazione del potere generativo femminile a nudo ed al di fuori dalla caverna che già aveva racchiuso la Vergine delle Rocce (Museo de Louvre, National Gallery) e naturalmente la Monna Lisa o Gioconda (Museo del Louvre).

Probabilmente nessuna rappresentazione pittorica è in grado di suggestionare l’immaginario contemporaneo, tanto quanto la Gioconda. Forse, neppure lo stesso Leonardo, accettando la commissione per il ritratto, secondo l’identificazione comunemente accettata, dei coniugi Francesco del Giocondo e Lisa Gherardini, poté immaginare di trovarsi in procinto di dipingere il più ammirato sorriso di tutta la storia dell’arte.

Cosa si cela dietro l’espressione di Monna Lisa?

Come di consueto è il Vasari a presentarci una possibile spiegazione; mentre Monna Lisa posava, Leonardo fece esibire innanzi a lei suonatori e giullari, “per levar via quel malinconico che suol dar spesso la pittura a’ ritratti“.

Leda e Monna Lisa seguirono quindi Leonardo, in un nuovo periodo errabondo, ancora a Milano, a Roma, presso papa Leone X Medici, a Bologna, a Parma e in diverse altre città.

Il genio di Leonardo da Vinci, dalla Gioconda alla Battaglia di Anghiari, dalla competitività con Michelangelo fino al Castello di Clos-Lucè.

Nel castello di Cloux, con il lavoro di una vita

Il primo documento ad attestare il trasferimento in Francia, nel castello di Clos-Lucé presso Amboise, risale al 22 maggio 1517; lì, grazie all’ammirazione di Francesco I, Leonardo poté completare la Monna Lisa e trascorrere gli ultimi anni in grande serenità. Soltanto in questo piccolo castello, il grande artista dovette trovare la tranquillità necessaria per il tentativo (incompiuto) di pubblicare il Trattato della Pittura.

Il Trattato della Pittura, è molto importante anche per noi, perché ci consente di tornare ad interrogarci sul filo conduttore del grande progetto leonardiano. Infatti, se secondo Marco Tullio Cicerone, la più completa incarnazione della cultura andava cercata nella retorica, contraddicendo Marco Vitruvio che difendeva le ambizioni della sua architettura, agli albori del Rinascimento Lorenzo Ghiberti già aveva avanzato le pretese dell’artista, pittore e scultore.

Più concreto, anche Leon Battista Alberti era intervenuto, affermando come il pittore dovesse: sì, possedere una buona cultura generale ma che fosse tenuto a specializzarsi soltanto nella geometria e nel disegno.

Leonardo rifiutò i saggi consigli dell’Alberti ed affermò la necessità di un sapere universale per l’artista, o meglio per il pittore, impegnandosi senza risparmio nel tentativo di raggiungerlo.

Cosa si cela dietro l'espressione di Monna Lisa? Come di consueto è il Vasari a presentarci una possibile spiegazione; mentre Monna Lisa posava, Leonardo fece esibire innanzi a lei suonatori e giullari, "per levar via quel malinconico che suol dar spesso la pittura a' ritratti".

Ritrarre la natura o l’arte antica ?

Come lo stesso termine sottintende, il Rinascimento fu rinascimento dell’arte e della filosofia di greci e romani; ciò nonostante, Leonardo si dolse poco di non conoscere il latino e non prestò fede alle costruzioni dei filosofi che, studiati i classici, si facevano: “trombetti e recitatori delle opere altrui“.

Leonardo desiderava un sapere universale al fine di ritrarre la natura, ovvero il reale; per questa ragione indagò con passione i più vari campi dello scibile, ottica, idraulica, musica, architettura, anatomia, attraverso i punti di vista dell’esperienza e della matematica, consultando le opere degli antichi e dei suoi contemporanei, ma senza mai riguardarsi a modificare o rifiutare il loro insegnamento.

Cosa si cela dietro l'espressione di Monna Lisa? Come di consueto è il Vasari a presentarci una possibile spiegazione; mentre Monna Lisa posava, Leonardo fece esibire innanzi a lei suonatori e giullari, "per levar via quel malinconico che suol dar spesso la pittura a' ritratti".

Il grande progetto di Leonardo da Vinci

La conoscenza scientifica, le dimostrazioni matematiche non potevano tuttavia essere sufficienti per ritrarre il vero, le loro teorie dovevano ancora abbandonare il piano mentale e rendersi concrete, ciò grazie alla pittura: la migliore sintesi possibile tra natura reale ed attività di conoscenza.

Il sapere di geometria e aritmetica, per quanto fondamentale, “della qualità non si travaglia, la quale è bellezza de le opere de natura et ornamento del mondo“, quindi la necessità di ricorrere alla pittura per raffigurare la bellezza, tenendo conto degli apporti di tutte le scienze.

Per questa ragione Leonardo, si impegnò senza risparmio nello studio di tante materie, trascurando apparentemente la pittura, alla quale però faceva infine sempre ritorno.

Leonardo e la scienza

La mancata separazione tra arte e scienza rappresenta un discrimine enorme tra Leonardo e uno scienziato contemporaneo. Il genio del Rinascimento, indagatore tanto lontano dalle costruzioni filosofiche, non sviluppò mai le proprie dimostrazioni a partire da principi generali, non rapportò le sue osservazioni a leggi scientificamente formulate, non raggiunse nessuna vera scoperta scientifica, eppure osservando i suoi codici è impossibile evitare di scorgervi un precursore, l’intuizione ogni futura scoperta. E’ forse per questa ragione che la nostra epoca scientifica si sente tanto attratta da Leonardo?

 

Leonardo, semplicemente ma con abilità senza pari, impiegò la sua vita per approfondire tutto quanto poteva interessare alla bottega di un artista del Rinascimento. Il 23 aprile 1519, Leonardo fece testamento, generoso con i fratelli fiorentini che l’avevano escluso dall’eredità paterna, lasciò i suoi libri ed i suoi codici al fedele discepolo milanese Francesco Melzi, i cui eredi ne avrebbero cominciata la dispersione.

Poco tempo dopo, il maestro morì cristianamente, dispiacendosi con Francesco I, se si vuole prestare fede al Vasari, di avere”offeso Dio e gli uomini del mondo, non avendo operato nell’arte come si conveniva“; probabilmente Leonardo da Vinci avrebbe risposto a Giorgio Vasari con uno dei suoi sorrisi enigmatici, noi, semplicemente, stavolta non gli crediamo, sarebbe possibile altrimenti ?

 

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