30 Novembre 2019 2020-05-11T13:20:15+02:00 Nesos, il vino dell’Elba che viene dall’antico mare della Grecia TuscanyPeople Tommaso Baldassini Share: Il vino Nesos nasce dalla curiosità e voglia di fare rivivere antichi Miti: produrre il vino che gli Antichi Greci, 2400 anni fa, producevano sull’Isola di Chio e che Varrone definiva: “il vino dei ricchi”. Grazie alla collaborazione tra il produttore vitivinicolo toscano Antonio Arrighi e l’Università di Pisa, il vino marino di Dioniso ha nuovamente preso vita. Nesos, il vino dell’Elba che viene dall’antico mare della Grecia Sono solo 40 le bottiglie del nuovo vino Nesos – prodotte dall’azienda toscana dell’Isola d’Elba Arrighi, interamente posta all’interno del Parco dell’Arcipelago, in collaborazione con l’Università di Pisa, corso di Viticoltura e Enologia, su geniale idea del Professor Attilio Scienza dell’Università di Milano che ha curato l’esperimento enologico – ma assolutamente uniche, eccezionali. Nesos, il vino marino Il progetto di Nesos, il vino marino, è infatti un vero e proprio esperimento scientifico (riuscitissimo, anticipiamo subito) che ci riporta indietro di 2400 anni, quando gli Antichi Greci dell’Isola di Chio producevano vini “leggendari” che Varrone definiva “vini dei ricchi”. Un esperimento stupefacente anche sotto il profilo della sostenibilità e dell’ambiente dal momento che utilizza l’acqua salata come antisettico: un vero e proprio ritorno al futuro. Ma non anticipiamo troppo. L’idea è nata all’Elba, quando Antonio Arrighi, piccolo produttore che ama sperimentare vinificando nelle anfore di terracotta – famoso, dice lui, nel perdere tempo e denaro negli esperimenti -, ha udito il professor Scienza parlare della sua ricerca sull’antico vino dell’isola di Chio che aveva come peculiarità l’immersione delle uve nel mare prima della vinificazione. Come è stato prodotto Nesos Per portare a termine l’esperimento vino Nesos le uve di ansonica (secondo il professor Scienza frutto di un antico incrocio di due uve greche) sono state immerse in mare (all’esterno del porto di Porto Azzurro) per 5 giorni, protette da ceste di vimini. Un sistema di nasse e boe sottomarine ha garantito la stabilità della struttura (che non doveva risalire in superficie, se non per periodici controlli) e la permeabilità delle ceste. Dopodiché l’uva, in seguito al “trattamento marino”, è stata riportata sulla terraferma e fatta asciugare, più che appassire, sui graticci. Quindi il vino ha fermentato coi suoi propri lieviti e ha subìto un passaggio in piccole anfore molto simili a quelle che venivano usate sull’Isola di Chio nell’antichità. Questo ha permesso al vino di rimanere “se stesso”, non essendoci stata l’interferenza delle sostanze normalmente rilasciate dal legno. In primavera, poi, l’imbottigliamento, con l’affinamento durato fino a novembre. 👉 Leggi anche: Elba sott’acqua, un mondo sommerso tutto da scoprire Il lavoro del mare Quest’anno l’esperimento Nesos è stato corretto a 3 giorni in mare, invece di 5, a 10 metri di profondità, per aumentare la pressione sugli acini. Le nasse sono state calate fuori dalla spiaggia di Barbarossa, tra le due punte. L’esperimento è stato poi ripetuto anche con l’aleatico, classica uva a bacca rossa autoctona dell’Elba. Siamo curiosi di sapere cosa verrà fuori. “Il grande lavoro del mare – spiega la dottoressa Angela Zinnai dell’Università di Pisa – è quello di rimuovere la pruina (sostanza cerosa che ricopre la buccia dell’acino conferendogli un aspetto vellutato) e raddoppiare i (poli)fenoli (le molecole della salute) rispetto all’uva ansonica che non viene inserita nel mare. Il sale riduce il contenuto acidico, ma i (poli)fenoli, oltre a essere degli ossidanti naturali, creano maggiore struttura nel vino, lo rendono migliore. L’inserimento per 5 giorni in acqua marina permette inoltre di non utilizzare solfiti né stabilizzanti, pertanto il vino è assolutamente naturale nel vero senso del termine, con una prospettiva d’invecchiamento di circa 5-6 anni“. Un vino da collezionismo gustativo Nesos non si può certo paragonare ai vini attuali, va contestualizzato all’interno della Storia e di un particolare percorso sperimentale, ma è comunque un vino davvero gradevole, pulito, privo di difetti, interessantissimo. Sprigiona sentori di frutta matura, ananas e anche balsamici, si percepisce inoltre agrume candito, mandorla fresca e l’odore del mare. In bocca è notevole la densità rispetto a un vino tradizionale, la setosità, inoltre emerge la freschezza e logicamente la sapidità che però non eccede. Un vero pezzo da collezionismo gustativo. Nesos, per l’esiguità del numero di bottiglie prodotte, non può essere commercializzato (da quest’anno sì, però) ma è stato portato e assaggiato a Vinitaly da un centinaio di persone destando molto interesse. “Vinum Insulae”, il cortometraggio sul vino Nesus Molto bello anche il corto del regista elbano Stefano Muti, il documentario intitolato “Vinum Insulae”, vincitore del primo premio come Miglior Cortometraggio al 26° Festival International Œnovidéo di Marsiglia – a cui hanno partecipato anche registi importantissimi, come Ridley Scott, che beneficiavano di budget molto superiori – assieme al riconoscimento della Revue des Enologues, per l’originalità e il valore della sperimentazione. Attualmente il documentario sul vino Nesos è in finale anche al Festival Internacional de Cine del Vino y el Cava in Spagna. Sono rimasti in 36 (di cui soli 2 italiani) su 150 registi. Chi avrà vinto? 👉 Leggi anche: Elba, isola divina e… di vino! I vitigni di Dioniso “A noi i miti servono ancora – dice il professor Attilio Scienza – non possiamo farne a meno. Storia e Mito si sono sempre intrecciati a s’intrecciano tutt’oggi, anche se non ce ne rendiamo conto. Il vino rappresentava, all’epoca, la divinità, Dioniso, ma i coloni greci che si spingevano sui nostri lidi lo facevano perché il cambiamento climatico e le conseguenti carestie li costringevano a cercare alternative, o anche solo per curiosità culturale. Dopo migliaia di anni esiste sempre il collegamento genetico tra vitigni del sud Italia e greci attuali. In altri luoghi più a nord, i navigatori, non coloni, portavano nelle anfore i vitigni del mito (della Macedonia, dov’era nato Dioniso). E ansonica potrebbe essere uno di questi vitigni“. Con questo piccolo excursus nel mistero del Mito chiudiamo il nostro articolo augurando a tutto l’affascinante progetto del vino Nesos il miglior successo. Sei anche tu un appassionato di vini storici? Scrivici. 📍PER APPROFONDIRE 👉 Isola d’Elba: otto comuni legati dal mare 👉 Quando Alexandre Dumas sbarcò all’Elba e nacque Il Conte di Montecristo 👉 Dal Mare alle Stelle: un sogno ad occhi aperti chiamato Capo Nord 👉 Terroir che vai, uvaggi che trovi. Identità, tipicità e selezioni: facciamo chiarezza La tua passione è la Toscana? Anche la nostra! Teniamoci in contatto Foto: ©R.Ridi Riproduzione Riservata ©Copyright TuscanyPeople Share: Informazioni sull'autoreTommaso BaldassiniPublisher, Blogger & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/nesos-vino-antica-grecia-elba-toscana/" width="100%" count="on" num="3"]