2 / 4 – Il periodo d’oro di San Galgano

Grande patrimonio fondiario e generose concessioni

I lavori procedettero speditamente. Esistono testimonianze che nel 1227 ci fossero una chiesa superiore (Montesiepi) e una inferiore. Nel 1228 una delle infermerie era stata completata, e l’anno successivo si finirono i lavori di costruzione della cella abbaziale. La speditezza dell’edificazione si doveva soprattutto all’enorme patrimonio fondiario che i monaci erano riusciti ad accumulare grazie a donazioni e lasciti, nonché a causa delle numerose concessioni ecclesiastiche che permisero loro di entrare in possesso dei beni delle abbazie benedettine nei dintorni; tanto che alla metà del XIII secolo l’abbazia di San Galgano era la più potente fondazione cistercense in Toscana.

Essa fu inoltre protetta e generosamente beneficiata dagli imperatori Enrico VI, Ottone IV, e dallo stesso Federico II, che non fecero altro che confermare i privilegi concessi aggiungendone via via degli altri, compreso il diritto di monetazione, ossia la facoltà di battere monete proprie. Il papa Innocenzo III, in aggiunta, esentò l’abbazia di San Galgano anche dalla decima, il tributo che un tempo si doveva alla Chiesa.

Particolare dell'interno dell'Abbazia di San Galgano

L’abbazia viene completata: gli stretti rapporti con Siena

Nel 1262 i lavori erano quasi completati, mentre nel 1288 l’abbazia di Sn Galgano venne consacrata. La sua grande ricchezza conferì ai monaci una notevole importanza economica e culturale, tanto da indurre la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con la comunità. Nel 1257 il monaco Ugo era stato nominato camerlengo di Biccherna, ovvero responsabile dell’erario della Repubblica, e fu solo il primo di tutta una serie di monaci di San Galgano che occuparono la stessa carica.

Inoltre la Repubblica incaricò i frati di studiare un acquedotto che dalla val di Merse portasse l’acqua a Siena. Gli stessi monaci furono tra i primi operai della cattedrale senese. Tra questi va segnalato frate Melano, che nel 1266 stipulò il contratto con Nicola Pisano per la realizzazione del famoso pulpito della cattedrale.

Anche nel territorio circostante i monaci operarono degli interventi: cominciarono i lavori di prosciugamento e bonifica delle paludi intorno, e regimentarono il corso del Merse per sfruttarne l’energia idraulica, dato che il monastero possedeva un mulino, una gualchiera per la lavorazione dei panni, e una ferriera.

Ma poi cominciarono i guai. Scopri a pagina 3 cosa successe

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