“Perché in Toscana…?”: 5 risposte a 5 grandi curiosità riguardanti la Toscana, i suoi abitanti e il loro modo di parlare.

 

“Perché in Toscana…?”: 5 grandi misteri toscani finalmente svelati

Esistono cose che tutti conoscono anche se non tutti non ne conoscono la ragione. È per esempio un dato di fatto che in Toscana si dica “babbo” e che Pisa non ha il mare. Sì, ma perché? Un articolo dedicato ai curiosi e a chi non ha mai perso la voglia di conoscere i perché. 5 risposte a 5 domande che cominciano con: “Perché in Toscana…

Perché in Toscana...? 5 grandi misteri toscani svelati

Perchè Pisa non ha il mare?

Il primo dei nostri “perché in Toscana” riguarda Pisa e la sua lontananza dal mare. Naturalmente Pisa, nonostante si trovi nell’entroterra, a circa 12 km dal mare, un tempo doveva in qualche modo approdarvi, altrimenti come avrebbe potuto essere una delle 4 celebri Repubbliche marinare, e per un certo periodo arrivare addirittura a colonizzare molte terre lontane? Ma allora com’è che questo mare è andato perduto?

In principio la zona di Pisa era un insieme di vie d’acqua navigabili, un unico grande sistema portuale formato da una fitta rete di canali comunicanti coi diversi rami dei fiumi – soprattutto l’Arno – che si riversavano a ventaglio in quella che oggi è la piana alluvionale di Pisa. Gli scali portuali erano 3: il porto delle Conche, l’attracco di San Piero a Grado e il Portus Pisanus.

Perché Pisa non ha il mare sebbene sia stata una delle 4 Repubbliche marinare? Stroria di Pisa: dai Romani alla sconfitta della Meloria

Pisa, città fluviale, aveva allora il suo porto a 16 miglia, un vero e proprio scalo munito di molo e pontili, torri, catene, oltre che del castello di Livorno, sul promontorio roccioso. Le merci vi giungevano portate dalle navi da carico per poi venire distribuite sia lungo l’Arno, sia lungo l’Auser, sia lungo una rete capillare di canali navigabili, laghi e lagune. Il lago di Massaciuccoli e quello di Bientina erano uniti all’attuale Serchio, e Lucca era raggiungibile per acqua.

Nel XII secolo la città era fiorente e Porto Pisano aveva grande importanza sul Mediterraneo, ma dopo la terribile sconfitta della Meloria, a opera dei genovesi, Pisa perse la sua supremazia sul mare, s’impoverì, la manutenzione dello scalo divenne sempre più difficile e a poco a poco i canali d’accesso s’interrarono. Livorno, anche grazie ai Medici, acquisì sempre più importanza, e il declino di Pisa come Repubblica Marinara fu definitivamente sancito.

👉Leggi anche: Perché Pisa, una delle 4 Repubbliche marinare, non ha il mare?

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Foto Credit Andrea Dani

Perchè Siena ha come simbolo la lupa

Il secondo dei nostri “perché in Toscana” riguarda il legame tra Siena e Roma il quale si perde nella notte dei tempi, alimentato da una leggenda che ha come protagonisti i figli di Remo, Senio e Ascanio (chiamati, secondo altre fonti storiche, anche Seno e Aschio), e Romolo, fratello e assassino del padre.

Al fine di ottenere potere assoluto su Roma, Romolo complottava per assassinare i nipoti, ma Senio e Ascanio riuscirono a fuggire. La leggenda vuole che lo facessero cavalcando su due cavalli, uno bianco e uno nero, i due colori che si ritrovano nella Balzana, lo stemma di Siena.

La bandiera della Repubblica di Siena è la Balzana

Prima di partire, però, avrebbero trafugato dal tempio di Apollo la statua della lupa che aveva salvato il padre, pensando che l’avrebbero eretta poi a simbolo della nuova città da fondarsi poco dopo.

I fratelli quindi si sarebbero spinti fino alle colline dell’Etruria del Nord dove Senio avrebbe fondato Sena, divenuta poi Siena. Ascanio, invece, dopo avere aiutato il fratello a difendere la nuova città da alcuni attacchi esterni, l’avrebbe lasciata per fondare Asciano.

👉Leggi anche: Perché Siena ha la lupa come simbolo della città?

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Perché in Toscana si aspira la “c”

Perché in Toscana si dice la “hasa” (casa)? Bé, per dirla tutta, nella nostra regione, non si aspira solo la “c” ma anche la “p” e la “t”, le consonanti occlusive sorde (e in minor misura le corrispondenti sonore “g“, “d” e “b”), e che la loro spirantizzazione si accentua o diminuisce a seconda dell’area geografica, ci si domanda: perché tutte queste spirantizzazioni? Inoltre, a volte la “c” viene aspirata, a volte raddoppiata, a volte rimane come nell’italiano corretto: “un cane”, “du’ hani” (2 cani) e “tre ccani”, riporta come esempio classico l’italianista Miglorini.

Il fenomeno fonetico – ossia puro accento regionale, non fonologico, poiché non coinvolge i suoni a livello di sistema – si chiama tecnicamente gorgia toscana, dal francese gorge, gola, ossia il parlare in gola.
Mentre l’eventuale indurirsi della “c” si deve al bloccarsi della gorgia per il raddoppiamento sintagmatico – ossia il raddoppiamento subìto nella pronuncia dalla consonante iniziale di una parola legata alla precedente: vado a ccasa -, a cosa si deve la gorgia stessa?

Perché in Toscana si aspira la "c"? Il toscano è un dialetto? Perché la pronuncia toscana varia da zona a zona? Scopriamo la gorgia toscana.

Difficile dirlo. Una delle tesi più accreditate è che derivi dalla lingua etrusca – di cui però a livello fonetico non si sa nulla -, anche in considerazione che alcune lettere del loro alfabeto indicavano i suoni “ph”, “th” e “h”, proprio quelli della gorgia toscana, e che disprezzavano i suoni “b”, “d”, e “g”, trasformati quasi sempre in “p”, “t” e “k”.

C’è chi però contesta questa tesi attraverso considerazioni di ordine storico-geografico, c’è chi sostiene addirittura che fosse una moda fiorentina e che il prestigio della città avrebbe influenzato altri luoghi. Chissà, forse non lo sapremo mai, ma sappiamo che deriviamo dal grande popolo degli Etruschi e forse, anche in questo caso, qualcosa ci hanno lasciato.

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Perché in Toscana si dice babbo

Non vogliamo menare il can per l’aia, diciamolo subito, non c’è una vera e propria ragione per cui in Toscana si dica “babbo” invece di “papà”. Nel corso dei secoli, dotti ed eruditi, tra cui anche Dante e Pascoli, si son dati battaglia screditando l’una o l’altra forma espressiva, in nome d’un linguaggio elegante o, al contrario, puro, genuino.

Mettiamo allora alcuni punti fermi sul perché in Toscana si dice babbo e non papà: nel 1865 Giuseppe Frizzi, dice che: “Padre è la voce vera e nobile, la quale si riferisce a tutti i padri in generale […]Babbo è voce da fanciulli, ed è usata anche dagli adulti a significazione di affetto, […] La voce Papà è una leziosaggine francese […].” Pascoli aggiunge però che anche “papà” è una voce onomatopeica infantile.

Scarpe da adulto e da bambino

Pertanto? Forse ha ragione la Dottoressa Matilde Paoli, della redazione della consulenza linguistica dell’Accademia della Crusca, quando afferma: “La primissima diffusione del termine «papà», divenne una sorta di questione sociale, dove i ricchi preferivano «papà», al contrario le persone del popolo, quindi più genuine, prediligevano «babbo», soprattutto in Toscana.

Rimane il fatto che il Treccani, una sorta di Corte Costituzionale della nostra lingua, dice: “babbo, lat. *babbus, voce onomatopeica del linguaggio infantile. Padre, papà […] È voce fam. e affettuosa, spec. comune in Toscana”. Non parla quindi di voce regionale, la assume nell’italiano corrente, e se lo dice il Treccani…

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Perché in Toscana si bestemmia. E anche tanto…

I toscani hanno il cielo negli occhi e l’inferno in bocca”, dice Curzio Malaparte in Maledetti toscani. Margherita Hack, interrogata sulla questione, rispose: “Uh, io bestemmio sempre, son toscana…” . Ma come mai qui in Toscana si bestemmia di più che da altre parti? Roberto Cartocci, ordinario di Scienza Politica all’Università di Bologna, ci viene incontro per raccontare quest’ultima curiosità sulla Toscana, dicendoci che la nostra è una regione con una forte componente di solidarietà, ma anche fortemente secolarizzata.

Alla fine dell’Ottocento, durante il passaggio dalla società tradizionale a quella moderna, mentre nel lombardo-veneto, ad esempio, il processo di modernizzazione sociale e politica avvenne soprattutto attraverso la rete delle organizzazioni cattoliche, in Emilia e in Toscana, dove prevaleva la mezzadria e il rapporto di lavoro viveva di duri antagonismi, finì per prevalere una cultura di orientamento socialista-repubblicano e qualche volta, specialmente sulla costa, anche anarchico.

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È questo che ha improntato la nostra regione al laicismo e all’anticlericalismo. Nella Firenze capitale, poi, esisteva anche uno zoccolo duro di massoni liberali e anticlericali che diffondevano idee laiche. E prima ancora c’era il giurisdizionalismo dei Lorena col loro dispotismo illuminato spesso, per motivi di potere, in contrapposizione col Vaticano. In conclusione, non una supposta avversione toscana per la divinità, ma la dichiarata avversione per il cattolicesimo è all’origine del bestemmiare toscano.

 

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