3 / 5 – 250 anni di mala aria

La mala aria

Non è infatti un caso che il termine malaria, ossia “mala aria, aria cattiva” si sia diffuso in tutto il mondo. Si dice “malaria” in inglese, in tedesco, in francese. L’azione del Plasmodium falciparum, veicolato dalla zanzara anofele (“anofele” dal greco άνωφελής, “inutile”), è anch’esso un simbolo storico della Maremma e di tutte le maremme italiane. Perché in Toscana si dice maremma maiala? Semplice, perché un tempo, questa bellissima terra toscana, era un vero inferno.

Lo sfruttamento agricolo della Maremma toscana è abbastanza recente e risale a non prima del XVII secolo. Fu allora che la Maremma, area selvaggia, incolta e desolata divenne meta d’immigrazione dei poveri disgraziati rurali di tutta Italia che i Medici attirarono, sia come fissi che come stagionali, col miraggio della terra liberamente concessa, e che andò, ovviamente in mano a pochi che se ne stavano al riparo dai miasmi, a formare dei vastissimi latifondi. È lì che nacquero la Maremma e il suo dolente abitante, il maremmano, ancora oggi noto per il suo “caratterino” difficile, tanto che anche il cane pastore maremmano, per traslazione, pare ne abbia assunto le caratteristiche umorali.

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250 anni di lavoro e morte

Nella terra della morte certa, della consunzione a causa di una malattia lenta ma inesorabile (con le sue terribili febbri terzane e quartane e mille altre complicazioni) per la quale a lungo, non si trovarono cure, veniva data la colpa all’aria malsana, la “mala aria” appunto, mentre era tutto dovuto a un parassita inoculato da una zanzara. Per questo i lavoratori maremmani erano quasi tutti stagionali, e sempre raccomandavano l’anima a Dio, sfilando per le tristi paludi con quell’angosciante aspetto da dead men walking. Ed è proprio in fondo a questa storia, quando nessuno più voleva lavorare in Maremma e l’area rischiava di spopolarsi come un tempo, che nacque questa breve ma intensa, pregnante, canzone.

Due sole strofe che però raccontano 250 anni di duro lavoro, di morte. Una desolata e desolante canzone d’amore cantata da una donna per il suo amato che andava a lavorare, e forse a morire, in una terra che sembrava spennare anche gli uccelli in volo. Canzone di maledizione, perché chi si recava in Maremma doveva mettere in conto di non tornare. Pochi sopravvivevano, e quei pochi si formavano un carattere duro e forte, ancora oggi caratteristica della gente del luogo. Una canzone, in breve, che cantava l’alternativa tra morire di fame e morire di malaria.

Qual è l’evento che ha riportato la vita in Maremma?

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Scrittore & Ambassador of Tuscany
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