Siamo nel XVI secolo e il nostro protagonista, Vanni Pieri, è alla ricerca di Cecco Bellacci, vinattiere, per consegnargli la spada che gli ha commissionato. Ma Vanni non riesce a trovarlo e così inizia una strenua ricerca del gaglioffo tra le porte di Firenze: da Porta al Prato fino a Porta San Frediano, all’ombra delle antiche mura fiorentine.

 

Viaggio nel tempo: sulle orme di Cecco Bellacci tra le porte di Firenze

“Al diavolo quel grullo di Cecco Bellacci” – Pensa Vanni Pieri in questo primo scorcio di XVI secolo fiorentino. – M’ha detto di trovarmi alla mezza davanti alla porta, ma quale? S’è dimenticato d’informarmi, quel ‘briaco, mentre fuggiva via a dorso d’asino. D’altronde, mica a caso fa parte dell’arte minore dei Vinattieri. E ora, togliendo le postierle, mi tocca provarle una per una, le porte di Firenze.

Porta a Prato

Bene, eccomi a Porta al Prato. Il sole splende, la gente sembra allegra, ciarliera. Passano vacche, pecore, capre. Il mercato del bestiame settimanale. Salute a voi, salve – dico passando tra carri, galline e viandanti. Questa porta fu costruita nel 1285, ai tempi del sommo Dante, quando si fece la sesta cerchia di mura per contenere i nuovi borghi della città. Molti pensano che si chiami così perché da qui partirebbe la strada verso Prato, invece è solo perché davanti c’è un piazzale detto “Il Prato”.

Le porte di Firenze, un immaginario walking tour seguendo il perimetro delle mura fiorentine del '500, tra storia della città, aneddoti e curiosità.

Porta a Faenza

Niente da fare, Cecco non si vede. Ma che ci dovrà fare poi con la spada che m’ha ordinato e che gli ho forgiato su misura? Un vinattiere. Chissà. Proviamo con la prossima, Porta a Faenza, in fondo alla via Faenza. Anche questa rischia d’esser frutto d’un equivoco. Si chiama così non perché sia diretta verso la città di Faenza, che tra l’altro si trova in una differente direzione, ma perché prende il nome delle monache di Faenza che ci hanno costruito un loro monastero. Sante donne. Bello il ponte sopra il torrente Mugnone che fa da fossato.

Porta San Gallo

Quel sempliciotto non era neppure là. Orsù, cerchiamo miglior fortuna alla Porta San Gallo. Davvero un gran via vai di mercanti si vede qui. Naturale, dato che è posta a settentrione e conduce alla strada per Bologna. Anche questa eretta, come Porta al Prato, nel 1285, e voluta dal Capitano di parte Guelfa Rolandino da Canossa. Tant’è che all’esterno è decorata da due Marzocchi in pietra, i leoni di Parte Guelfa, mentre la lunetta interna mostra quel bell’affresco di Madonna coi Santi.

Le porte di Firenze, un immaginario walking tour seguendo il perimetro delle mura fiorentine del '500, tra storia della città, aneddoti e curiosità.

Ed è proprio nel letto ciottoloso del Mugnone, che le fa da fossato, che ha luogo la novella di Calandrino alla ricerca dell’elitròpia, vergata dal gran maestro Giovanni Boccaccio. Lì fuori c’è il convento di San Gallo, disegnato da Giuliano Giamberti, ma non credo che vi troverò Cecco, a meno che nel frattempo non si sia fatto frate per paura delle mie busse.

Porte di Firenze: nel ‘500 le nuove mura di Arnolfo di Cambio

Quasi tutte queste porte son sorte insieme alla seconda cinta muraria comunale progettata dal grande Arnolfo di Cambio, e forse anche da illustrissimi architetti come Andrea Pisano e Giotto. Alla fine del XIII secolo si pensa che i cittadini del nostro bel comune fossero quasi centomila. I nuovi borghi al di fuori della vecchia cinta eran composti da abitazioni miserrime, locate in aree paludose e malsane in riva all’Arno. Per di più, giunsero in gran copia i nuovi ordini mendicanti, quali francescani e domenicani, a dar manforte a quei poveracci, e la popolazione crebbe ancora.

Le porte di Firenze, un immaginario walking tour seguendo il perimetro delle mura fiorentine del '500, tra storia della città, aneddoti e curiosità.

Per tale ragione si ebbe bisogno di nuove mura. E così fecero. Un’opera colossale. Alta 6 metri, lunga 8 chilometri e mezzo, la nuova cinta contiene ben 430 ettari di terra, e vi si può entrare da dodici diverse porte monumentali. Alle porte, alte 100 braccia, si fa dogana, e non v’è merce che non paghi dazio.

In ogni porta maggiore c’è un cassero, un ponte levatoio sul fossato, oltre a lavoranti, come il custode delle grandi chiavi che apre e chiude le ampie ante di legno la mattina e la sera, e armigeri per difendere la città dai poco di buono. Lungo le mura, merlate alla guelfa, corre il cammino di ronda in cui sono scavati molti piombatoi, le buche da cui si può versare pece o olio bollente sui nemici.

Porta a Pinti

Da porta San Gallo son giunto a Porta a Pinti (la porta oggi non esiste più; come effige della sua passata esistenza venne posta una mattonella con un giglio in bassorielievo sulla facciata di uno dei palazzi in Piazzale Donatello, sede originaria della Porta, ndr) . Si chiama così per via dei frati pintori di vetrate che abitano qui vicino nel convento di San Giusto alle Mura. Anche in questo luogo c’è un gran trambusto di mercanti. Questi però vanno o vengono da Fiesole. Purtroppo il gaglioffo non si vede proprio, e allora mi toccherà andare verso Porta alla Croce.

Porta alla Croce

Le porte di Firenze, un immaginario walking tour seguendo il perimetro delle mura fiorentine del '500, tra storia della città, aneddoti e curiosità.

Eccomi arrivato. Croce al Gorgo (oggi Porta alla Croce in Piazza Beccaria) si chiama, per via di quell’ansa che fa il fiume laggiù. E anche per via del martire fiorentino, San Miniato, che quivi venne decapitato dai persecutori di cristiani, che quivi si rialzò e, prendendosi sottobraccio la testa, prese a camminare tranquillo verso la collina di là d’Arno fino a quella che è la nostra basilica di San Miniato al Monte. Almeno così dicono. Anche se mi pare tanto una novella per infanti, di quelle a cui crede quel buffone del Bellacci che neppure in questi paraggi fa la sua apparizione.

Porta alla Giustizia

Dunque, continuiamo pieni di fede. A Porta alla Giustizia (anche questa porta non esiste più. Porta alla Giustizia si trovava più o meno all’angolo tra via dei Malcontenti e l’attuale Piazza Piave, vicino alla Torre della Zecca, ancora oggi esistente) non lo troverò di certo, il lestofante, ha troppo timore delle forche là fuori e di quei malcontenti che vi vengono condotti. Meglio proseguire dritti per Porta San Niccolò. Essa fu edificata nel 1324, forse su progetto dell’Orcagna, una delle ultime porte di Firenze della seconda cinta muraria comunale. Nostro potente baluardo di difesa dell’Arno a est. Bella, forte. Ma perdiana, dov’è finito quel mentecatto? A farsi un quartino in qualche osteria, scommetto. Il Fico, il Buco, le Bertucce. O da Il Porco, o magari a La Malvagia.

Porta San Miniato

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I piedi iniziano a farmi male. Quanto mi fa camminare questo svergognato? Ecco Porta San Miniato. Non ha la torre. I soldati di sentinella sorvegliano la zona dal camminamento sopra alla porta. Ma lui non c’è. Ci mettevo meno ad andare a Siena che a inseguire questo cialtrone per la mia città.

Porta San Giorgio

Adesso anche la salita per arrivare alla Porta San Giorgio, tra Via San Leonardo e la Costa San Giorgio. Un carro trainato dai buoi s’è impantanato nel fango. Sopra pencolano grosse botti di vino. Avete bisogno d’aiuto, messeri? Mi fanno cenno di no. Meno male, non so se ce l’avrei fatta, sono così stanco. Entro nella Chiesa di San Giorgio, giro lo sguardo: niente. Che sia spirato tra i fumi dell’alcol?

Porta Romana

Avanti, avanti. Sempre avanti. Con la fede nel Signore (come avrebbe detto qualche secolo più tardi un altro importante personaggio fiorentino, il Cardinale Elia dalla Costa). E son giunto alla Porta Romana. I giganteschi battenti in legno chiodati. Davvero imponente, magnifica. Tra le porte di Firenze è la seconda in ordine di grandezza dopo Porta San Frediano, mia prossima meta, visto che il furfante non compare nemmeno qui.

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Porta San Frediano

Santa Maria Vergine, che fatica. Sarò giunto alla fine del mio viaggio cittadino? Son sotto la bellissima Porta San Frediano, edificata sulla via per Pisa. La più maestosa di tutte, anche se incompiuta in altezza. Nell’interno, alla sommità dell’arco, lo stemma di Firenze scolpito in pietra serena. Il nostro orgoglio. Ah, eccolo lì, il gaglioffo, che sta legando l’asinello all’anello di ferro.

Oh Vanni, ma dove t’eri cacciato? – grida – Ché è da stamane che ti cerco? Mi sono fatto tutte le porte di Firenze una per una, ribaldo che non sei altro!

Eh già, ma lui a cavallo. Le mani mi prudono. Che qualcuno mi fermi!

 

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