7 Aprile 2015 2019-12-01T17:15:36+01:00 Eccellenze a tavola: il prosciutto toscano Dop TuscanyPeople Marco Gemelli Share: Insieme al Parma e al San Daniele si contende il primato nazionale del miglior affettato: è il prosciutto toscano DOP, da sempre una delle eccellenze della cucina made in Tuscany. Prosciutto toscano DOP Si è ritagliato un posto di prestigio soprattutto perché in una regione che ha fatto del pane senza sale uno dei suoi tratti distintivi, è spesso richiesto al companatico un gusto superiore, più intenso, ovviamente salato (rispetto al dolce di altre tipologie di prosciutto crudo). Ecco perché il prosciutto toscano DOP continua a giocarsi col “Parma” e il “San Daniele” la palma del prosciutto crudo più amato dagli italiani. In fondo, fin dal XV secolo contadini e maestri macellai toscani hanno sviluppato una tecnica nella stagionatura unica, imitata e apprezzata nei secoli. Il suo segreto? Un mix d’ingredienti, che non riguardano solo la materia prima: oltre a una buona qualità dei suini, infatti, un ruolo preponderante lo gioca il clima, perfetto per la stagionatura (mite, secco, battuto da brezze e riparato dai venti grazie all’Appennino), e un disciplinare rigoroso. I suini – allevati in tutta la Toscana, dal senese al pistoiese, dal fiorentino all’aretino fino al pisano – devono essere di peso non inferiore ai 160 kg, di età non inferiore ai 9 mesi, e appartenere a razze in purezza o derivate da quelle tradizionali di base, “Large White” e “Landrace” (ma sono ammesse anche altre razze purché non incompatibili col profilo genealogico). Nel processo di salatura si impiega a secco una miscela di sale, pepe e aromi naturali derivanti da bacche ed essenze vegetali tipiche del territorio. La lavorazione del prosciutto toscano DOP Subito dopo la macellazione, le cosce sono refrigerate per almeno 24 ore a temperatura compresa fra -2 e +2°C. In seguito si procede alla rifilatura, con un taglio ad arco che lasci una cornice carnosa che, a stagionatura ultimata, non sporga più di 8 cm oltre la testa del femore, all’asportazione del piedino, della cotenna e del grasso sottocutaneo interno. Il peso della coscia fresca rifilata non deve essere inferiore a 11,8 kg: su ognuna deve comparire in rilievo la sigla PT e la data di inizio lavorazione su un sigillo inamovibile. La lavorazione delle cosce inizia con la salatura, entro 120 ore dalla macellazione: in seguito sono messe a riposo per un periodo sufficiente da garantire una buona e uniforme disidratazione prima del lavaggio, che va effettuato con acqua tiepida priva di disinfettanti. Successivamente le cosce sono asciugate in appositi locali, sottoposte a temperatura e umidità controllata. Ultima fase è la sugnatura, che consiste nel rivestimento della polpa con impasto costituito da sugna (grasso), farina di grano o riso, sale e pepe ed aromi naturali di origine vegetale, per proteggere la carne dalla disidratazione. Il periodo di stagionatura non deve essere inferiore a 10 mesi per i prosciutti di peso tra 7,5 e 8,5 kg, e a 12 mesi per i prosciutti di peso superiore. Se destinato all’affettamento, servono due mesi ulteriori di riposo. Al termine, il produttore appone sui prosciutti un contrassegno a fuoco in cui compare la scritta «Prosciutto Toscano DOP», sovrapposta all’immagine stilizzata dei confini della Toscana, e quattro stelle. Il contrassegno contiene anche due cifre che rappresentano il numero di identificazione del produttore e una lettera che indica il mese di inizio stagionatura. In ogni caso, il prosciutto va messo in commercio entro 30 mesi dall’inizio della lavorazione. Le caratteristiche del prosciutto toscano DOP Come riconoscere il prosciutto toscano DOP? Il colore della polpa varia dal rosso vivo al rosso chiaro con scarsa presenza di grasso infra ed ultramuscolare. E’ invece presente grasso sottocutaneo di colore bianco puro con leggere venature rosate, compatto, privo di linee di scollamento fra gli strati e ben aderente alla sottostante superficie muscolare. Il sapore è delicato, con una giusta sapidità. Gli altri prosciutti Come detto, il clima è uno dei segreti del prosciutto toscano DOP. Nel caso del prosciutto di Parma, invece, le frequenti nebbie della pianura padana assicurano il mantenimento di un elevato livello di umidità atmosferica, che facilita la penetrazione del sale, con una conseguente riduzione della durata della salatura. In Toscana, invece, la presenza di aria più secca ha storicamente indotto i produttori a prolungare il periodo della salatura per far sì che il sale e gli aromi penetrassero in modo idoneo nella carne, assicurandone la conservazione. Gli aromi danno al prosciutto Toscano DOP un sapore più deciso, dovuto sia alla maggiore presenza di sale rispetto al Parma e al San Daniele, sia all’impronta aromatica impressa dalle spezie ed essenze aromatiche. Il toscano ha inoltre meno umidità rispetto agli altri, accentuandone la sapidità e rendendolo, allo stesso tempo, particolarmente idoneo ad abbinamenti con frutti dolci e succosi come il melone, il kiwi, l’ananas e i fichi. Il consorzio Prosciutto Toscano DOP Dal 1990, a vegliare sul rispetto del disciplinare è un Consorzio che riunisce oggi 23 aziende e garantisce prodotti di qualità e controlli sulla produzione. L’anno scorso, il prosciutto toscano Dop ha raggiunto il picco di 418mila cosce vendute, con un valore al consumo di oltre 62 milioni di euro (+7,1% rispetto al 2013). Dal canto suo, il comparto del preconfezionato ha chiuso con una produzione di oltre 3,2 milioni di pezzi (+19,1%). “Il 2014 – spiega il presidente Cristiano Ludovici – è stato un anno in crescita: non si tratta di un caso isolato, ma il risultato di un percorso che viene da lontano e che si è consolidato nel tempo. I numeri confermano la capacità dei produttori toscani nel soddisfare le richieste del mercato”. La storia del prosciutto toscano DOP L’arte della conservazione delle carni suine in Toscana ha avuto il suo picco nel Medioevo, tanto che leggi sulla macellazione del maiale e la conservazione della carne erano presenti già al tempo di Carlo Magno. D’inverno, i contadini toscani dell’epoca macellavano il maiale ingrassato per un anno, trasformandolo in salumi destinati al consumo familiare. È intorno al XV secolo, al tempo dei Medici, che la produzione del prosciutto toscano venne regolamentata dagli “Ufficiali di Grascia” con bandi sull’allevamento, macellazione, vendita e produzione che doveva avvenire dietro licenza. Fino alla seconda metà del ‘700 la macellazione poteva avvenire in determinati luoghi e in periodi: nel 1768 i fratelli Giuseppe e Pasquino Morini furono multati di 20 scudi a testa per averlo fatto senza autorizzazione. Da una produzione familiare si è passati col tempo ad allevamenti più consistenti e a centri di trasformazione artigianali e piccolo industriali. Gli allevamenti si concentravano in Val di Chiana, Casentino, Mugello, Valdarno superiore e inferiore, Chianti, Val d’Elsa, Val d’Era, Val d’Orcia e Maremma. TuscanyPeople cerca belle storie da raccontare. Qualunque cosa tu sia, Agricoltore, Artigiano, Imprenditore, Locandiere, Oste, Viticoltore, narraci la tua. Siamo curiosi Riproduzione Riservata ©Copyright TuscanyPeople Share: Informazioni sull'autoreMarco GemelliGiornalista Professionista & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/prosciutto-toscano-dop/" width="100%" count="on" num="3"]