Il punto di vista di TuscanyPeople sulla ricerca della felicità e su quali siano i valori da perseguire per essere davvero felici in questo mondo

“La ricerca della felicità” di Gabriele Muccino parla davvero della felicità?

Di cosa parliamo in questo articolo:

  • TuscanyPeople risponde attraverso il pensiero del Dalai Lama
  • La felicità si può coltivare addestrando la mente
  • La differenza tra appagamento e piacere
  • Calore umano, gentilezza e cordialità
  • Il fondamentale valore dell’empatia
  • La sofferenza come arricchimento di noi stessi
  • La vita è impermanenza, ampliamo le nostre vedute

“La ricerca della felicità” è un buon film del 2006 diretto da Gabriele Muccino e interpretato da un ottimo Will Smith insieme al figlio Jaden. La pellicola è ispirata alla vita di Chris Gardner, imprenditore milionario che prima di arricchirsi visse giorni di intensa povertà, con un figlio a carico e senza una casa dove poterlo crescere.

Il titolo fa riferimento alla dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America che elenca i diritti inalienabili dell’uomo: la tutela della vita, della libertà e la ricerca della felicità. Il problema, tuttavia, è che proprio il titolo appare discutibile per il genere di messaggio che vorrebbe lanciare il film. Non c’è niente di male nel risollevarsi da una situazione economica disastrosa come quella che vive il protagonista per poi addirittura divenire ricco, tuttavia dovremmo domandarci quanto questo ha a che vedere con la felicità. Di primo acchito parrebbe avesse più a che fare col sogno americano in cui chiunque può raggiungere il successo personale che con la felicità. Di nuovo: nessuno nega che il successo possa essere una cosa positiva, ma è questa la felicità? la realizzazione nel mondo materiale?

Locandina del film di G. Muccino: La ricerca della felicità

TuscanyPeople risponde attraverso il pensiero del Dalai Lama

Nel settembre del 2017, a quasi vent’anni dalla sua ultima visita, è venuto a Firenze il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, la più importante autorità spirituale buddista. Ecco, è attraverso il suo pensiero, che TuscanyPeople ha fatto proprio, che vorremmo rispondere. Non perché siamo buddisti né ferventi religiosi, ma perché ci siamo riconosciuti nelle sue bellissime parole che rispecchiano i principi fondanti della nostra rivista e del nostro lavoro e, ancor di più, di noi stessi come esseri umani.

Il Dalai Lama nel 2008 a Berlino alla Porta di Brandeburgo

La felicità si può coltivare addestrando la mente

Nel 1989, in Arizona, il Dalai Lama dichiarò che “perseguire la felicità è lo scopo stesso della vita”, e che la felicità si poteva ottenere “addestrando la mente”.
Fu un concetto rivoluzionario per la mentalità occidentale. Basti pensare che “happy” deriva dall’islandese happ, “caso”, “fortuna”, mostrando chiaramente come il concetto di felicità sia da considerare più che altro come qualcosa d’inatteso che ci accade, non qualcosa che potremmo addirittura coltivare.
Pur dovendo precisare che in tibetano la parola “sem”, mente, riveste un senso più ampio del nostro, perché comprende sentimento e intelletto, cuore e cervello, rimane il fatto che il Dalai Lama asseriva che la felicità si poteva nutrire dentro di noi.

In quest’ottica la felicità è pertanto determinata più dallo stato mentale che dagli eventi esterni. Il successo può provocare euforia, così come la tragedia, depressione, ma prima o poi il nostro umore tende a tornare quello di base, perché la felicità quotidiana non è determinata dalla contingenza più o meno lunga, ma dalla visione che abbiamo delle cose, e da quanto riusciamo ad apprezzare ciò che abbiamo.

Ragazza si rilassa di fronte al mare

La differenza tra appagamento e piacere

Una mente serena, con un’ampia visione delle cose, non proverà invidia e frustrazione per il successo degli altri, ma gioia ed empatia. E nello stesso modo proverà compassione nel caso della sofferenza altrui. Le grandi anime della storia umana hanno sempre parlato di gioia e compassione verso gli altri, due ingredienti fondamentali nella strada verso la felicità.

L’empatia e la gioia portano a loro volta appagamento, ossia una soddisfazione profonda e duratura molto diversa dal piacere, per sua natura temporaneo, quindi effimero, e spesso basato sulla contingenza del momento. In altre parole il piacere si palesa come un’ottima anticamera per una futura infelicità, una specie di mostro dorato che ha bisogno di essere continuamente nutrito per non rivelare il suo vero volto. Tutti i filosofi edonisti di questo mondo sono avvertiti.

L’appagamento, a sua volta, se opportunamente coltivato, porterà autostima, quel senso di valore e di dignità che derivano dal legame, dall’affetto, e dalla compassione che ci lega gli uni agli altri e che ci allontanano dalle fonti materiali di sofferenza.

Rispondendo già ora alla domanda iniziale, non è quindi dai soldi, dalla fama, dal successo, che trarremo appagamento, ma da potenti valori immateriali. E siccome per il principio di causalità esiste un’evidente relazione tra i fatti che ci accadono, noi tutti, coltivando stati d’animo favorevoli, saremo in grado letteralmente di provocare come conseguenza situazioni e fatti positivi per la nostra vita e per quelle di chi ci sta intorno.

Coppia balla felice di fronte al mare

Calore umano, gentilezza, cordialità, non sono meglio di freddezza, scortesia, ostilità?

Facciamoci una semplice domanda: è meglio essere gentili, disponibili, altruisti, o sgarbati, scostanti, egoisti? La risposta sembrerebbe di estrema semplicità, no? Ma allora pongo un’altra domanda: perché mai tutti noi ci ritroviamo più spesso classificabili nella seconda specie che nella prima? Anche qui la risposta appare piuttosto semplice: sono scortese, egoista, eccetera, perché gli altri lo sono con me.

Elementare Watson, direbbe Sherlock Holmes. Noi però rincariamo la dose e, sempre parafrasando il più famoso investigatore inglese, diciamo: risposta da asilo, Watson. Pensiamoci bene: maestra, maestra, lui è stato cattivo e io gli ho rubato la matita e gli ho dato un calcio. E la maestra: non si fa, Pierino, bisogna essere gentili coi propri compagni, e tu, Carletto, devi essere più buono con Pierino. Ma poi la maestra esce dall’asilo, dove si sente arbitra indiscussa della loro visione infantile, e fa la stessa cosa litigando con il cassiere del supermercato che si è prodotto in un colpevole gesto di stizza, senza pensare che magari il poveretto è lì da 8 ore a disposizione delle ubbie di ogni cliente e che non ne può davvero più.

Cosa significa questo? Che è vero che il mondo è spesso “brutto e cattivo”, ma che se si decide di percorrere il cammino virtuoso verso la felicità, nonostante soprattutto all’inizio le influenze negative possano restare molto forti, con la pratica diminuiranno e aumenteranno i sentimenti positivi. Importante è comprendere che è della nostra felicità e di quella delle persone che ci stanno intorno che parliamo, e dunque come possiamo pensare di raggiungerla in uno stato mentale perennemente alterato verso il negativo?

Uomo litiga in macchina con il vicino di veicolo

Il fondamentale valore dell’empatia

Ma come facciamo a orientare il nostro stato d’animo verso il positivo? Sviluppando empatia, ossia la capacità d’immedesimarsi negli altri, nelle loro situazioni, e quindi di comprenderli.
Il senso di empatia porterà in automatico alla solidarietà, che ci aiuterà anche a sentirci liberi, aperti e non timorosi di essere giudicati, ma soprattutto ci porterà a non sentirci soli.

La ricchezza di relazioni vere è la strada per la felicità. Anche le scienze sostengono che questa è una condizione necessaria per mantenere un buono stato fisico e mentale. Lo strepitoso successo dei social network, pur con tutte le loro storture, carenze, e cattive interpretazioni, ne è un’evidente conferma. L’uomo è un animale sociale che fondamentalmente cerca amore, approvazione e comprensione. E solo quando non li ottiene s’inasprisce.

Coppia felice ride al ristorante

La sofferenza come arricchimento di noi stessi, non come depauperamento

E in tutto questo virare al positivo, la sofferenza che posto ricopre, ci si potrebbe domandare? Come si fa a rimanere positivi nella sofferenza? Il segreto sta tutto nel riconoscerla come parte dell’esperienza umana, anzi, come uno dei suoi motori più potenti. Pensate: se non ci fosse la sofferenza, cosa impareremmo davvero nella vita? Il dolore interiore ed esteriore fa parte di noi, una parte molto importante ed ineliminabile che tuttavia ci spinge verso la sua eliminazione, ossia verso la ricerca della felicità. Appunto. Vedete che tutto torna?

Non dobbiamo mai pensare di essere i soli a soffrire: tutti soffrono, ognuno a modo suo. È necessario scansare atteggiamenti vittimistici improduttivi (capitano tutte a me), così come evitare tutte le sofferenze autoindotte. I sensi di colpa o, al contrario, il dare la colpa agli altri della nostra (supposta) miserrima condizione, sono tutti atteggiamenti sbagliati che non vanno altro che ad alimentare i fantasmi della nostra mente.

Primo piano su occhi azzurri di ragazza che piange

La vita è impermanenza: dobbiamo ampliare le nostre vedute

Dobbiamo sempre pensare che la nostra vita si basa sull’impermanenza. πάντα ῥεῖ, tutto scorre, sosteneva Eraclito, e ciò che è oggi domani potrebbe non essere più. Nel bene e nel male.
Ecco perché è necessario ampliare le nostre vedute, accogliendo punti di vista il più vasti possibile. Allargare la nostra mente è un ingrediente fondamentale nella via verso la felicità.
Se confrontiamo il nostro problema con qualcosa di più grande, oppure lo osserviamo da una certa distanza, lo vedremo ridimensionarsi e farsi meno opprimente.

E così, nello stesso modo, è importante concepire quelli che interpretiamo come i nostri nemici come un’opportunità di crescita. Un’occasione per perseguire pazienza e tolleranza. Per poi raggiungere la comprensione.

Due ragazze si abbracciano, concetto di empatia e amicizia

La convinzione di TuscanyPeople

C’è infine un elemento che abbiamo riservato alle ultime righe e che sottostà a tutti gli altri: la convinzione. Perché senza essere convinti di tutto questo non c’è speranza di felicità. Ecco, TuscanyPeople è nata come convinta portatrice di questi valori, e periodicamente ama diffonderli in modo diretto ed esplicito perché sentiamo dentro di noi quanto il mondo ne abbia bisogno.

La cordialità, l’empatia, la compassione, l’apertura mentale, l’essere sempre pro e non contro, sono tutti elementi senza i quali non potremmo neppure esistere e che continueremo a issare come stendardi del nostro lavoro quotidiano, convinti fin nelle più recondite fibre del nostro essere che tutti insieme siano l’unica, possibile, ricetta per la felicità.

Concetto di famiglia e felicità, padre e figlia insieme davanti al tramonto

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