3 / 4 – Dai frati ai nobili ai barrocciai, tutti volevano il Panno Casentino

Il Panno del Casentino dal Rinascimento all’Ottocento

Nel corso del Rinascimento il Panno Casentino veniva utilizzato per le tonache dei frati de La Verna e di Camaldoli, per divenire, in seguito, richiestissimo tra i nobili italiani e inglesi che usavano indossarlo durante le uscite in campagna e le battute di caccia.

Nei secoli successivi divenne il tessuto più richiesto per cucire tabarri, mantelli, cappe, ma anche per coprire e proteggere i cavalli dei barrocciai. Assunse poi la sua forma caratteristica nell’Ottocento, epoca in cui iniziò a essere prodotto dal lanificio di Stia nei due classici colori verde e arancione, quest’ultimo peraltro ottenuto inizialmente per sbaglio: fu infatti un improprio utilizzo della rubia, il colorante vegetale per il rosso, che originò quell’aranciato divenuto poi l’emblema stesso di questo prodotto.

Il santuario de La Verna è uno dei luoghi più mistici della Toscana, dove San Francesco ricevette le stigmate.

Dalla fine dell’Ottocento il Panno del Casentino entra anche nel guardaroba di grandi personaggi

Dalla fine dell’Ottocento questa lana speciale col ricciolo verrà utilizzata anche per confezionare giacconi e cappotti maschili – tra cui, indimenticabili, quelli a doppio con martingala e collo di volpe -, espressione di un look al tempo classico, elegante e sportivo, tanto da essere presenti nel guardaroba di personaggi del calibro di Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e del barone Bettino Ricasoli.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la tradizione tessile laniera del Casentino si trasforma a livello industriale, supportando tutta l’economia del Casentinese, con i lanifici di Stia (oggi Museo dell’arte della lana) e di Soci (Bibbiena).

Il Panno del Casentino nel Novecento diventa quasi un tessuto snob: vai a pagina 4

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Marta Pintus Blogger di TuscanyPeople
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