La storia di Gostanza da Libbiano racconta un capitolo a lieto fine della terribile caccia alle streghe che nel Cinquecento si svolse in Toscana. La donna, guaritrice, filatrice e lavatrice fu accusata di stregoneria, per poi essere dichiarata innocente alla fine del processo, uno dei primi casi che sentenziò l’inizio della fine di questo orrendo capitolo della storia dell’umanità.

La strega Gostanza da Libbiano, l’inquisitore e la città del diavolo

Quando il 3 novembre 1593, Tommaso Roffia, vicario del vescovo di Lucca, si recò a Lari per interrogare quattro testimoni sulle presunte malefatte della povera Gostanza da Libbiano, la caccia alle streghe era ormai un fenomeno consolidato anche in Toscana.

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana.

Vedova, sessantenne, Gostanza si guadagnava da vivere come filatrice, levatrice e curando gli ammalati, occupazioni allora rischiose che potevano procurare rispetto e gratitudine ma anche inimicizie, cattiva fama, pericolose denunce. Sentiti i testimoni infatti, Roffia si rivolse all’autorità laica del vicario fiorentino Guglielmo dell’Antella – Lari pur in diocesi di Lucca faceva parte del ducato mediceo- perché catturasse Gostanza. L’arresto fu eseguito la notte successiva.

Gostanza da Libbiano si dichiarò figlia di Michele da Firenze e vedova di Francesco da Vernio; dopo la morte di costui si era trasferita da Ghizzano di Volterra a Libbiano e quindi a Bagno ad Acqua, con ogni probabilità l’attuale Casciana Terme.

“Misurare i panni”

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

Gostanza si dichiarò anche filatrice e levatrice, negando esplicitamente di “misurare i panni“: espressione che indicava una maniera di curare i malati, confinante con la magia, secondo la quale si eseguiva la diagnosi, esaminando, anziché il paziente, una sua veste, grazie alla quale, sempre in assenza del malato, era anche possibile procedere alla cura.

Roffia era però già bene informato, dispose che Gostanza da Libbiano venisse trasferita a San Miniato (San Miniato al Tedesco) e raggiunse Bagno ad Acqua, per raccogliere altre testimonianze. Alla fine, alcuni avevano accusato aspramente la strega, attribuendole fama di ribalda et maliarda, o addirittura la morte di alcuni parenti.

Altri, tra i quali il parroco del paese, si mostrarono favorevoli a monna Gostanza o raccontarono di come la donna li avesse sollevati dal mal di stomaco. Una vicina, vedova dello speziale Michelangelo, ammise di avere fornito a Gostanza gli ingredienti per le sue medicine.

L’inquisitore Mario Porcacchi da Castiglion Fiorentino – (si grassetto)

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

A San Miniato risiedeva il francescano Mario Porcacchi da Castiglion Fiorentino, vicario dell’inquisitore di Firenze. Il Porcacchi si sarebbe impegnato molto nel processo, convincendosi che Gostanza fosse una vera strega. Tristemente, i nuovi interrogatori furono accompagnati dalla tortura della corda che generalmente consisteva nel legare la vittima, specialmente ai polsi, per sollevarlo con un’apposita carrucola, in modo che lo stesso peso della persona gravasse dolorosamente sulle articolazioni; allora era anche possibile procedere a lasciar scorrere la fune per un certo tratto e quindi bloccarla bruscamente, provocando ancora maggior strazio.

Inizialmente Gostanza da Libbiano ammise soltanto di avere “misurato i panni” ma alla fine del XVI secolo, lo stereotipo del sabbat e della strega erano ormai saldamente stabiliti nella cultura europea, stampati e ristampati in trattati come Malleus Maleficarum. Porcacchi conduceva un’indagine per scoprire l’ignoto, ma nella sua visione del mondo, plasmata dagli studi e dalle opinioni comuni, era come già convinto di quanto avrebbe dovuto trovare.

La città del diavolo

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

Nel corso di diversi interrogatori, la strega Gostanza da Libbiano raccontò allora di essere stata iniziata alla stregoneria da Smeralda e Nanna, quando queste la invitarono a chiamare Polletto, un demonio che si era presentato in forma d’asino, di capretto, di cane ed in groppa al quale era giunta nel Paese del Gran Diavolo.

Nella maggioranza dei processi per stregoneria che insanguinarono l’Europa, le streghe incontravano il diavolo entro un contesto agrario. Stavolta tuttavia l’inquisitore ascoltò un racconto assai inconsueto. Gostanza aveva raggiunto una città, più bella di qualunque altra in questo mondo, addirittura più bella che Firenze; così almeno affermò la presunta strega per spiegare, perfino ad un inquisitore, lo splendore di quel luogo aureo, ove i demoni vestivano bene, di tutte le sorte colori, et sontuosamente et riccamente.

Ciò che si svolgeva nella città era meno originale, non differendo troppo dai consueti racconti del sabbat stregonico, resi sempre più mirabolanti ed incredibili, purtroppo, dal prolungarsi della prigionia, degli interrogatori e delle torture. Gli invitati, ballavano, scherzavano, mangiavano prelibatezze di ogni genere, facevano sesso, Gostanza era la prediletta di Satana in persona, rinnegata la fede, profanavano le ostie, discutevano di come fare del male.

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

Oltre l’ostia consacrata, le streghe portavano nella città infernale anche il sangue che erano riuscite a succhiare dai fanciulli, utile a Lucifero per i suoi incantesimi. Ma neanche su questa terra c’era da star tranquilli contro gli orrori del maligno, le streghe con le loro malie o succhiando il sangue, uccidevano molte persone, soprattutto i bambini.

Una gatta nera

Quando l’inquisitore domandò all’imputata per quale ragione fosse stata vista nel giorno di Natale piuttosto malconcia, evidentemente secondo la testimonianza di qualche compaesano, Gostanza raccontò di essere stata percossa, quando in forma di gatta nera, un buon padre di famiglia l’aveva sorpresa nel tentativo di insinuarsi nella culla della figlioletta, naturalmente per succhiare il sangue: “mi menò le mani a dosso con una granata et poi con un bastone, pensando che io fossi una gatta“.

Una vera guaritrice

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

Sebbene interessassero soltanto secondariamente l’inquisitore, meno diabolici ma più reali, emersero dal processo anche altri elementi su quella che doveva essere l’attività della strega Gostanza. Ella curava i malati con le erbe ed in altri modi.

Indumenti ed oggetti personali stabilivano un forte legame con il proprietario, tanto che esaminandoli si poteva scoprire quali malattie lo affliggessero e medicarlo a distanza, “moltissime sorte di mali con il misurare et vedere li panni…con la grazia di Dio n’ho guariti moltissimi“. Nella pratica rivelata da Gostanza, la preghiera cristiana si legava infatti inestricabilmente all’intervento della guaritrice, tanto più che la donna, umilmente, rimandava al Signore il merito dell’eventuale buona riuscita delle sue cure.

Sappiamo inoltre che Gostanza da Libbiano possedeva una pietra particolare, la cui forma ricordava quella di un fulmine. Secondo il principio magico di analogia per il quale il simile allontana (o altre volte genera) il simile, la strana pietra proteggeva dalle folgori l’abitazione nella quale si conservava.

Una sapiente erborista

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

Sempre nella casa dell’inquisita, i persecutori trovarono vasi, piccoli fiaschi, bicchieri ed altri recipienti, contenenti molte sostanze vegetali, tra le quali l’olio di pilatro, di metadella, l’erba betonica, la noce moscata. Altre prescrizioni ai malati richiedevano invece banali polli, capponi, uova. L’unico oggetto vagamente rituale, scoperto dal Porcacchi, fu quello di una candela bianca, proveniente dalla liturgia del Sabato Santo, utile ad alleviare le doglie del parto, come nel caso di alcune parenti del prete di Libbiano, dal cui fratello Gostanza aveva ricevuto la candela.

Le piante impiegate da Gostanza trovavano corrispondenze nell’erbario utilizzato dai medici delle università del tempo, ma specialmente a seguito del Concilio di Trento, con severità, la Chiesa si era impegnata per riservare la medicina ai dottori ufficiali. Saggiamente, Gostanza aveva tentato di tacere sulla sua professione, sufficiente a renderla sospetta di stregoneria ma per una guaritrice conosciuta in tutto il Valdarno inferiore, tra i fiumi Era ed Elsa, nascondersi non poteva che essere arduo; perfino il medico “ufficiale” di Peccioli la conosceva e le si affidava quando stava male.

👉 Leggi anche: Castelfranco di Sopra: tra le Balze del Valdarno, uno dei Borghi più belli d’Italia

L’arrivo di un secondo inquisitore

Storia della strega Gostanza da Libbiano, episodio rappresentativo della caccia alle streghe in Toscana

La situazione processuale pareva davvero pericolosa. Tuttavia a partire dalla fine del XVI secolo, almeno in Italia, l’Inquisizione era andata facendosi più cauta nel condannare le streghe. Giunse da Firenze, il francescano Dionigi da Costacciaro, inquisitore titolare della provincia; già il Papa aveva considerato la sua figura per la carica di ministro generale, la più alta autorità dell’Ordine Francescano.

Frate Dionigi esaminò Gostanza, che da prima questa ripeté le sue precedenti confessioni. Nei giorni precedenti la donna aveva compreso come i tentativi di ritrattare non conducessero che a subire nuove torture; poi innanzi ai dubbi sugli incredibili racconti del sabbat, sollevati dal nuovo giudice, Gostanza trovò il coraggio per dichiararsi un’ultima volta innocente, non era una strega, non aveva mani succhiato il sangue dei bambini, commesso infanticidi o raggiunto la città infernale per stringere patti con il diavolo. L’anziano frate inquisitore credette a queste ultime verità.

La dichiarazione di innocenza e la liberazione di Gostanza da Libbiano

La Cattedrale di San Giuseppe a Chianni in Toscana

Poco tempo dopo, al dì 29 novembre, il vicario vescovile, rinunciò ufficialmente al processo in favore dell’Inquisizione. Porcacchi dovette ubbidire al suo superiore che gli rimproverò di avere fatto sciocherie, immischiandosi in un affare del vescovato lucchese; “cotesta povera vecchia il tutto ha detto per tormenti e non è vero nulla“.

Gostanza fu liberata, sebbene con il divieto di esercitare la medicina e l’obbligo di non dimorare più a Bagno ad Acqua. Una volta libera sappiamo che la poveretta si stabilì a Rivalto, non lontano da Chianni. Almeno in Toscana, la notte della caccia alle streghe stava fortunatamente cominciando a volgere verso la fine.

Ehi tu, sì proprio tu che ci leggi, abbattiamo la quarta parete, dài, quella che divide il film dallo spettatore: diventa protagonista, consigliaci un Artigiano (o qualsiasi altra attività), raccontacelo, e magari noi lo racconteremo. Che ne dici? Scrivici a [email protected]

📍PER APPROFONDIRE:

👉 Caccia alle streghe, l’ombra sinistra del Rinascimento

👉 Itinerari alchemici a Firenze: alla scoperta dell’anima segreta della città

👉 Gostanza, la strega di San Miniato, a cura di Franco Cardini, Laterza, Roma-Bari, 1989

👉 Sulla base del precedente studio, il regista pisano Paolo Benvenuti ha ripercorso con grande accuratezza storica la drammatica vicenda nel film in bianco e nero: Gostanza da Libbiano (2000).

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