25 Ottobre 2017 2020-09-07T16:40:04+02:00 Il tesoro fiorentino ritrovato TuscanyPeople Vieri Tommasi Candidi Share: Firenze, 2017, via Romana, lavori edili in un garage. Sono questi gli elementi che hanno dato il via ad una delle storie di ritrovamenti archeologici più importanti della storia rinascimentale di Firenze. Cosa si è trovato? I resti della fornace di Tugio di Giunta, probabile amico di Giovanni Boccaccio e collaboratore di Luca della Robbia…un ottimo inizio, non vi pare? Tesori nascosti di Firenze: in via Romana scoperta la fornace di Tugio di Giunta Può accadere che a Firenze, scavando sotto un garage di via Romana, si trovi addirittura un tesoro? Dipende da cosa s’intende per tesoro. Se quello dei pirati, il forziere pieno di dobloni d’oro di zio Paperone, tanto per intendersi, è molto difficile. Se invece ci si accontenta d’un tesoro di reperti archeologici, be’, allora è più probabile. Bene. Rewind. Cos’è successo? È successo che in via Romana, a poche decine di metri dalla porta, scava scava, è stata trovata la fornace del grande maestro ceramista Tugio di Giunta. Ma non solo quella. Perché sono tornati alla luce anche migliaia di pezzi di ceramica dal valore straordinario, vasi, brocche, scodelle, perfino una formella che potrebbe rappresentare l’antesignana delle famosissime terracotte dei Della Robbia. Chi era Tugio di Giunta? Ma chi era Tugio di Giunta? E perché la sua l’officina fu così importante a cavallo tra il tardo Medioevo e l’inizio del Rinascimento? Immaginatevi di vivere a Firenze verso la metà del XIV secolo. Precisamente intorno al marzo del 1348. A un tratto, vostro malgrado, iniziate a sperimentare uno dei più gravi flagelli che abbia mai colpito l’umanità: la grande pandemia di Yersinia pestis. Più comunemente conosciuta come peste bubbonica o peste nera. Ahi, non un grande periodo per visitare la bellezza della nostra città. Decisamente no. Se si aggiunge che i mercati da anni erano scarsamente riforniti e che la carestia indeboliva i corpi e le menti dei cittadini, si può capire come nel giro di pochi mesi la popolazione che affollava questa vera e propria metropoli dell’epoca scemò notevolmente. Da circa centomila unità all’inizio di aprile a scarse quarantamila ai primi di ottobre dello stesso anno. Mammasantissima. Meglio tenersi alla larga dalle zone di maggior pericolo di contagio. E infatti è quanto fecero un po’ tutti gli abitanti del contado – tra cui il nostro Tugio di Giunta da Bacchereto, adesso frazione del comune di Carmignano – che se un tempo si sentivano tagliati fuori dal centro nevralgico dei maggiori traffici, adesso benedivano a piene mani l’idea d’esserne rimasti fuori. Se invece ti ci trovavi dentro e non eri proprio tonto, potevi sempre scappare, molto velocemente, come i dieci giovani -sette donne e tre uomini – del Decameron del Boccaccio che proprio durante la peste di Firenze s’intrattengono in campagna per una decina di giorni raccontandosi a turno novelle non di rado umoristiche o dal taglio esplicitamente erotico. Dimostrando così che proprio dalla tragedia rinasce la voglia di vivere e la possibilità di ricostruire l’immagine, le strutture relazionali e i valori della società che altrimenti andrebbero perduti. Firenze dopo la peste nera Finita la peste, come in un vero e proprio dopoguerra, ecco che la vita rifiorì molto più potente di prima, e con essa l’economia. Ed è in questo positivo quadro di ricostruzione che arriva a Firenze Tugio di Giunta insieme ad altri quattro ceramisti, due dal suo stesso paese, Bacchereto, due da Montelupo. Siamo nella seconda metà del 1300. Immaginiamo che Tugio di Giunta impianti la sua attività in una zona periferica della città, a ridosso dell’ultima cinta di mura, molto più ampia e potente delle precedenti, l’arnolfiana, in prossimità della porta rivolta verso Roma, Porta Romana appunto. È in queste aree decentrate, un tempo anche fuori dalla protezione delle mura, che in genere si trovavano le officine, per loro stessa natura produttrici di fumi e scorie nocive per gli esseri umani. L’officina di Tugio di Giunta Il maestro ceramista lavora bene, si guadagna stima e credito e a poco a poco la sua attività si sviluppa. Ma forse non a sufficienza. Passano gli anni, i figli crescono, e uno di essi Giunta di Tugio – ossia Giunta figlio di Tugio, mentre il padre era Tugio figlio di Giunta – si rivela un grande businessman ante litteram. Le commesse s’incrementano come mai prima e così gli accordi commerciali con le istituzioni. Un giorno Giunta torna a casa e dice al padre Tugio: ho strappato un contratto d’oro per la nuova spezieria dell’Ospedale di Santa Maria Nuova. Da qui in avanti saremo i loro fornitori ufficiali di ceramiche smaltate per l’anno 1430 e seguenti. Forse non usò proprio queste parole ma più o meno il senso era questo. Il padre non crede alla sue orecchie, il figlio ce l’ha fatta, una brillante mossa con cui l’officina, ormai ne è sicuro, spiccherà il volo. La bottega di Giunta di Tugio La storia fa il suo corso lento ma inesorabile. Siamo nel secondo quarto del 1400. I tempi dei dipinti di Masaccio, delle sculture di Donatello. È l’ora dell’uomo rinascimentale, della sperimentazione, dell’evoluzione. E l’ormai prestigiosa bottega di Giunta non è esente dai cambiamenti e dalle influenze della nuova mentalità, delle nuove tendenze che si stanno diffondendo. Gli strumenti e le tecniche di lavoro si affinano. Da una fase produttiva arcaica si passa a una molto più moderna, di lusso. Dalle maioliche verde rame e brune, divenute ormai comuni, si passa alla nuovissima tecnica della “zaffera a rilievo” in cui il blu cobalto sporge sontuoso. Il pigmento veniva steso dentro contorni bruni su sfondo bianco e grazie alla cottura si gonfiava producendo l’effetto del rilievo. Per lo più si rappresentavano motivi vegetali, animali stilizzati, emblemi, figure umane e qualche volta creature fantastiche. È un periodo in cui la bottega di Giunta lavora a pieno regime, si direbbe ora, sfornando centinaia di brocche, catini e vasi farmaceutici. Sembra che la nuova tecnica della “zaffera a rilievo” possa rappresentare una grande svolta per il futuro delle maioliche, invece non dura oltre una trentina d’anni a causa dell’elevata difficoltà di esecuzione: in fase di cottura le temperature troppo elevate liquefacevano l’ossido di cobalto che colava con gran facilità. Forse questa è una delle ragioni che determinerà l’abbandono dell’attività e la dismissione della fornace, intorno al 1460, da parte dei figli e dei nipoti non capaci e abili come gli antenati, ma prima della fine Giunta di Tugio ha ancora tempo per mostrare tutto il suo genio. Giunta di Tugio, Luca della Robbia e Giovanni Boccaccio Un giorno Luca della Robbia, il capostipite della grande famiglia di scultori, cercando ispirazione per le varie officine della città, visita quella di la bottega di Giunta di Tugio e s’imbatte in una targa devozionale in terracotta che mostra un Cristo sorretto da un angelo. Se ne innamora a tal punto che nel 1440 lo realizza identico per Santa Maria Nuova in una delle sue famosissime terracotte invetriate. Andò così? Forse. Chissà. Perché no? Gli esperti l’hanno ipotizzato e l’ipotesi è affascinante. Giunta di Tugio sapeva leggere e scrivere? Chi può dirlo. Ma si sa che conosceva Boccaccio dato che un giorno realizzò un pezzo in cui è raffigurata una scena della novella di Lisabetta da Messina: una testa mozzata in un vaso su cui cresce una pianta di basilico. Quindi Giunta di Tugio, uomo rinascimentale, frequentava in qualche modo l’élite culturale fiorentina tanto da essere in grado di riprodurre storie letterarie. Cosa è rimasto della bottega di Giunta di Tugio A noi di tutto questo splendore cos’è rimasto? I pregiati orcioli esposti nei musei più prestigiosi del pianeta – dal Louvre di Parigi al British di Londra, dal Melbourne australiano al Paul Getty di Los Angeles – e adesso la fornace semidistrutta coi pezzi scartati delle infornate difettose sepolti in delle buche sotto un garage di Porta Romana a Firenze. Molti frammenti riportano il marchio di fabbrica, la firma utilizzata da Tugio di Giunta e dai discendenti: un asterisco a sei punte posto alla base delle anse di boccali e orcioli. Inoltre nella camera di combustione crollata è stato rinvenuto il materiale relativo all’ultima infornata prima dell’abbandono dell’attività, databile intorno al 1460. Una meravigliosa testimonianza che arricchisce enormemente la nostra conoscenza della storia della maiolica fiorentina. 📍PER APPROFONDIRE: 👉 Sulle orme di Cecco Bellacci tra le porte di Firenze 👉 Forse non tutti sanno che…:10 curiosità su Firenze 👉 7 modi di dire per essere “uscio e bottega” col vernacolo fiorentino La Toscana è la tua passione? Anche la nostra! Teniamoci in contatto Riproduzione Riservata ©Copyright TuscanyPeople Share: Informazioni sull'autoreVieri Tommasi CandidiScrittore & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/tugio-di-giunta-via-romana-firenze/" width="100%" count="on" num="3"]