Insieme all’agronomo Ugo Bing, della Fattoria di Fiano, oggi facciamo un po’ di luce sulle uve autoctone complementari, con cui la sua azienda toscana, crea le alchimie vincenti per i propri vini.

I vitigni autoctoni complementari della Fattoria di Fiano di Ugo Bing

Iniziando con l’abròstine – che la Treccani fa derivare “[…] dal latino labrŭsca, con deglutinazione della l- intesa come articolo, nome di una specie di vite, nota anche come labrusca e lambrusca (lat. scient. Vitis labrusca), introdotta dall’America in Europa, dov’è ancora coltivata per alcune sue varietà[…]” – si nota che áβρός in greco antico significa “prezioso”, tanto che C. Villifranchi esaltava nella sua “enologia toscana” del 1773, la preziosità di questo vitigno per i tannini che sviluppa, così come il suo “fratello”, il colorino del Valdarno; rispetto a quest’ultimo l’abrostine emana dei sentori molto più particolari e unici.

Vigne della Fattoria di Fiano di Ugo Bing

L’abròstine

L’abròstine era un vitigno già usato nel Seicento (se ne ha traccia anche in alcuni quadri nella villa medicea di Poggio a Caiano), poi caduto un po’ in disuso e riscoperto ai tempi nostri dall’agronomo Roberto Bandinelli, il maggior esperto di sangiovese in Toscana. All’epoca il Villifranchi raccomandava una vinificazione a “strati alterni”, parte a grappoli interi, maturi, col graspo lignificato, parte con acini diraspati.

Il tentativo di riproduzione oggi di questa tecnica ha portato notevoli risultati, fornendo lo spunto per alternare grappoli di Abròstine e di Pugnitello: ecco quindi il Pugni d’Abrusco, ultima trovata di Ugo Bing della Fattoria di Fiano, imbottigliato solo da pochi anni. Il grappolo dell’abrostine, non troppo compatto, ha l’acino piccolino, e il rapporto superficie/volume è molto elevato, proprio come per il colorino. Grazie a questo, il colorino ha, a parità di peso, molti più lieviti rispetto ad altri vitigni.

Un tempo il colorino era la base del “governo dell’uso toscano”, quando a novembre si faceva rifermentare il vino, governandolo, appunto, con le uve ammostate, una volta “levate in capo“, ossia quando i grappoli del colorino, pigiati nelle bigonce, dopo aver moltiplicato in abbondanza i lieviti presenti sulle bucce che, spinte dal gas, salivano in superficie, cioè “in capo”.

Vigne della Fattoria di Fiano di Ugo Bing

Il pugnitello

Il pugnitello, invece, Montepulciano d’Abruzzo importato, non si sa quando, in Toscana, e quindi considerato vitigno autoctono della nostra regione, del Montepulciano ha le foglie, l’epoca di maturazione e la tipologia di antociani viola scuro. Rispetto al Montepulciano ha minore produttività, forma del grappolo diverso, che richiama un piccolo pugno, analogo periodo di maturazione e stessi antociani, che conferiscono al vino il tipico colore viola scuro.

La qualità dei tannini è diversa da quella dell’Abrostine, ma mescolando i due vitigni nel Pugni d’Abrusco sono stati ottenuti egregi risultati anche dal punto di vista olfattivo: sentori di frutti neri piccoli, prugna matura, mora, visciola, oltre a passaggi floreali di rosa. Paragonato a un colorino in purezza, ad esempio, ha molta più eleganza e personalità. La prima annata è stata il 2016, le reazioni dei talent scout sono risultate molto promettenti, e adesso c’è molta curiosità per la sua evoluzione.

La Fattoria di Fiano di Ugo Bing si trova nel Chianti Colli Fiorentini

Selezione massale di canaiolo a raspo rosso

Parlando di altre uve complementari della Fattoria di Fiano di Ugo Bing, per i vini rossi esiste una selezione massale di canaiolo a raspo rosso, tratto da una vigna degli anni ’50, vinificato col colorino e usato nel Chianti Riserva e in parte nel Colli Fiorentini d’annata, insieme alla base del sangiovese.

Nel blend col sangiovese porta un ulteriore tocco di terroir “chiantigiano” avendo molte analogie con alcuni sangiovesi di Radda in Chianti, in special modo l’elegante finezza. Lo stesso carattere di tipicità lo offre il ciliegiolo, il cui stesso nome indica il fruttato tipico di ciliegia, di amarena, un vino “allegro” di pronta beva.

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La Fattoria di Fiano di Ugo Bing si trova nel Chianti Colli Fiorentini

Le uve bianche complementari della Fattoria di Fiano

Per quanto riguarda le uve bianche complementari, l’azienda usa il trebbiano, la malvasia e il petit manseng – un’uva francese dei Pirenei con acidità totale molto elevata e una gradazione zuccherina impressionante -, utilizzato per il vinsanto, oltre al san colombano, vitigno originario dell’empolese e del Valdarno, che veniva utilizzato per fare la verdea, un vino dolce da dessert. Infine l’azienda fa uso del fedit 51, un vitigno ottenuto dall’incrocio tra malvasia bianca lunga toscana e garganega del lago di Garda.

Il figlio di Ugo Bing della Fattoria di Fiano, Francesco, fa notare quanto sia importante per loro l’amplissimo ventaglio di uve sangiovese di cui dispongono (molti cloni diversi piantati in aree differenti), garanzia di una costante qualità del vino, proprio come accadeva un tempo quando la mezzadria contava sulle maggiori possibilità offerte dalla molteplicità di colture o, nel caso di fattorie di più ampie dimensioni, sulla cosiddetta “comunella”, in forza della quale quando moriva un animale ogni famiglia della fattoria pagava una quota-parte per colmare la perdita.

La Fattoria di Fiano di Ugo Bing si trova nel Chianti Colli Fiorentini

Cosa sono la selezione massale e la selezione clonale?

I cloni di sangiovese qui alla Fattoria di Fiano sono circa 35. Per capirsi meglio, dobbiamo chiarire il concetto di selezione massale e clonale.

La selezione massale è il modo in cui i viticoltori hanno sempre selezionato il materiale da riprodurre, in un vigneto composto da molteplici individui diversi fra loro.

Si tratta semplicemente di prelevare le gemme, in fase di potatura, dalle piante più belle e più sane – ad es: grappolo pargolo, maturazione completa ed uniforme, caratteristiche qualitative del vino ottenuto etc, e poi innestarle.

Grappolo di uva sangiovese

Selezione clonale

La selezionale clonale, invece, evoluzione della massale, ha lo scopo di ottenere una qualità più prevedibile e costante del frutto: le gemme di una singola pianta vengono innestate, ottenendo una moltitudine di piante, identiche tra loro, in quando ottenute da una sola “pianta madre” che è stata “clonata”.

Ripercorre quindi il cammino che sta all’origine di una varietà, salvo che si lavora su una pianta madre. Si valutano le caratteristiche produttive e qualitative dei vari “cloni” così ottenuti: si scartano quelli che appaiono subito meno interessanti, gli altri si sottopongono a test di carattere sanitario (presenza di virosi, fitoplasmi etc).

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La Fattoria di Ugo Bing si trova nel Chianti Colli Fiorentini

Le selezioni clonali, tuttavia, hanno il pregio/limite che è la particolarità di riprodurre alcune precise caratteristiche organolettiche, individuate durante il lavoro di selezione, pertanto alla fine ne risultano spesso vini che appaiono un po’ troppo omologati tra loro.

Al contrario, le selezioni massali, contenendo una molteplicità di individui diversi tra loro, mettono in risalto tutta la variabilità intravarietale del sangiovese, offrendo vini con molta più personalità.

Fattoria di Fiano: selezioni messali e cloni di sangiovese

Qui alla Fattoria di Fiano esistono 5-6 selezioni massali di famose fattorie blasonate del Chianti Classico e Chianti Rufina, oltre a 27 tipi di nuovi cloni di sangiovese. I cloni sono mescolati tra loro in vigna. Vinificando poi i vari vigneti separatamente ne vengono fuori diverse tipologie di sangiovese (circa 7) che in seguito sono sapientemente mescolate dall’enologo e confrontate coi vini degli anni precedenti, cosi da ottenere prodotti di sempre maggior livello.

 

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