Quattrocentosessantuno anni fa, nel 1558, usciva postumo un libello che avrebbe fatto epoca: il “Galateo overo de’ costumi”, di Monsignor Giovanni della Casa. È il capostipite dei trattati sulle buone maniere in società, tanto che Galateo dette subito luogo al deonomastico “galateo” equivalente di ‘buona educazione’, oltre al significato di qualsiasi libro di precetti simile a questo.

Giovanni della Casa e il suo “Galateo overo de’ costumi”, padre d’ogni bon ton

Giovanni Della Casa, meglio conosciuto come monsignor Della Casa o monsignor Dellacasa, nacque il 28 giugno 1503 da Pandolfo e Lisabetta di Giovanfrancesco Tornabuoni, probabilmente in Mugello dove la famiglia possedeva beni, anche se l’autore amò dichiararsi sempre “fiorentino“, come per un diritto di autodeterminazione nei confronti della patria medicea.

Giovanni della Casa: dal Mugello a Venezia

Giovanni Della Casa studiò a Bologna e a Firenze, sotto l’egida di letterati del tempo tra cui Ubaldino Bandinelli e Ludovico Beccadelli, e a Padova. Su consiglio di Alessandro Farnese, intorno al 1532, intraprese la carriera ecclesiastica a Roma, divenne arcivescovo di Benevento nel 1544, e nel medesimo anno Paolo III lo nominò nunzio apostolico a Venezia.

Il "Galateo overo de' costumi" comunemente conosciuto come Galateo, è stato scritto dal toscano Giovanni della Casa, tra il 1552 e il 1555.

Giovanni Della Casa, già noto per la vita mondana, trovò nella Serenissima il luogo ideale per le sue inclinazioni. Il suo palazzetto sul Canal Grande divenne il palcoscenico d’incontro della migliore nobiltà veneziana che si mischiava con artisti, poeti e letterati. È qui che scrisse numerosi versi e trattati.

Giovanni Della Casa ebbe il “merito” di introdurre il Tribunale dell’Inquisizione in Veneto, oltre a occuparsi dei primi processi contro i riformisti. Nel 1548 compilò un “Indice dei libri proibiti”, finora mai tradotto.

La protezione a Lorenzino de’ Medici

Screditato a causa della protezione accordata al fuggiasco Lorenzino de’ Medici, nel 1544, Giovanni Della Casa non riuscì a diventar cardinale e, con la morte del suo protettore Alessandro Farnese e l’elezione di papa Giulio III, cadde in disgrazia.

Il "Galateo overo de' costumi" comunemente conosciuto come Galateo, è stato scritto dal toscano Giovanni della Casa, tra il 1552 e il 1555.

Dovette dunque lasciare Roma, dove era ritornato nel 1551, e si ritirò nel trevigiano, a Nervesa (paese, secoli dopo, divenuto famoso durante la prima guerra mondiale per essere stato uno dei luoghi della patriottica resistenza sul Piave nel corso della battaglia del Solstizio, tanto da essere chiamata “Nervesa della battaglia”), nell’Abbazia di Sant’Eustachio, dove con tutta probabilità, tra il 1552 e il 1555, in un periodo di tranquillità seguito alla rinuncia di molte cariche e prima della nomina a Segretario di stato voluta da Papa Paolo IV, scrisse “Il Galateo overo de’ costumi”.

Il Galateo overo de’ costumi

Il nome proprio Galateo rappresenta l’adattamento della forma latinizzata di Galeazzo (Galatheus), ossia il nome di battesimo dell’amico Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa, «a petizion del quale e per suo consiglio presi io da prima a dettar questo presente trattato», come scrisse Giovanni della Casa raccogliendo in forma armoniosa «consigli e ammaestramenti sulla maniera di conversare, di vestire, di stare a tavola, di comportarsi nella vita di relazione».

Il titolo completo è: “Trattato di messer Giovanni della Casa, nel quale sotto la persona d’un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de modi, che si debbono o tenere, o schifare nella comune conversatione, cognominato Galatheo overo de costumi”.

Il "Galateo overo de' costumi" comunemente conosciuto come Galateo, è stato scritto dal toscano Giovanni della Casa, tra il 1552 e il 1555.

Questo è il famoso incipit: «Con ciò sia cosa che tu incominci pur ora quel viaggio del quale io ho la maggior parte, sì come tu vedi, fornito, cioè questa vita mortale, amandoti io assai, come io fo, ho proposto meco medesimo di venirti mostrando quando un luogo e quando altro, dove io, come colui che gli ho sperimentati, temo che tu, caminando per essa, possi agevolmente o cadere, o come che sia, errare: acciò che tu, ammaestrato da me, possi tenere la diritta via con la salute dell’anima tua e con laude et onore della tua orrevole e nobile famiglia».

 

Rigide regole per estirpare i cattivi costumi

È così che il «vecchio idiota ammaestrante», protagonista del Galateo, inizia l’educazione del «suo giovinetto». Nonostante nei secoli successivi l’iniziale “con ciò sia cosa che” sia divenuto simbolo proverbiale d’un eloquio antiquato e artificioso, il prontuario di Giovanni della Casa è perfettamente in linea coi tempi in cui fu scritto.

Se rispetto al “Cortegiano” di Baldassare Castiglione – che aveva l’intento di formare un tipo d’uomo colto e di elevato profilo morale e filosofico – il Galateo s’incentra su «usanze comuni», lavorando sulla coscienza collettiva media, insiste però troppo sul “non si dice” e il “non si fa“, finendo per creare una serie di rigide regole, immaginando improbabili casi d’inurbanità, per non urtare troppo la sensibilità dei destinatari. La verità è che si sta avvicinando la Controriforma e il vento che spira suggerisce di non dispiacere al potere vigente, intollerante a minacce di lesa autorità.

Il "Galateo overo de' costumi" comunemente conosciuto come Galateo, è stato scritto dal toscano Giovanni della Casa, tra il 1552 e il 1555.

Le belle maniere

Nei primi capitoli si tratta di come un gentiluomo dovrebbe sempre essere costumato, piacevole e in possesso di belle maniere. Inoltre non dovrebbe mai menzionare, né fare, né pensare cose spiacevoli che evochino nella mente dell’interlocutore immagini disdicevoli. È quindi necessario evitare di mostrare che si sta per andare in (o si è appena tornati dal) bagno, soffiarsi il naso e guardare nel fazzoletto come se vi fossero diamanti o pietre preziose, sputare, sbadigliare in pubblico e punzecchiare col gomito.

Anche l’aspetto esteriore è molto importante: i vestiti devono essere fatti su misura e calzare come un guanto, rispecchiare lo status sociale di chi li indossa e soprattutto seguire le mode locali. Mentre a tavola: mai grattarsi, né sputare, né riempirsi troppo la bocca, né pulirsi i denti col tovagliolo, né tantomeno con lo stuzzicadenti.

Secondo l’autore i cattivi costumi devono essere considerati come le malattie, e più in là con gli anni si va, più è difficile liberarsene. È quindi bene impratichirsi delle buone maniere fin da piccoli, perché “la tenera età, sì come pura, più agevolmente si tigne d’ogni colore”. Negli ultimi tre capitoli, parla poi di alcuni comportamenti generali: tutto ciò che si fa non deve solo essere giusto, ma deve anche essere fatto con leggiadria: il gentiluomo non deve mai correre o camminare troppo lentamente, per dire.

Il "Galateo overo de' costumi" comunemente conosciuto come Galateo, è stato scritto dal toscano Giovanni della Casa, tra il 1552 e il 1555.

Uno scritto formativo per le classi benestanti

Senz’altro il trattato fu scritto tenendo conto dei dettami di Pietro Bembo, tesi al recupero formale del fiorentino arcaico, ma i suoi contenuti, moderni ed efficaci, conobbero molta fortuna tra i contemporanei, educando e ingentilendo i costumi dell’intero continente europeo, a cominciare da quelli delle classi benestanti i quali, secondo molte testimonianze storiche, erano eccessivamente rozzi e sguaiati.

La fortuna immediata del Galateo è ben documentata. Nel 1583, Filippo Sassetti scrive in una lettera: «Se io avessi avuto bene tra le mani le regole del Galateo, o pure fattone qualche capitale, io lasciava stare il darvi consiglio». John Florio, nel suo famoso vocabolario italiano-inglese A Wordle of Wordes (1598), registrava non galateo ma, addirittura, galateistapersona di buone maniere, come prescrive il Galateo”.

La fama del Galateo

Il trattato godette di grande diffusione e fortuna per oltre tre secoli. Oggi il Galateo, come molti altri classici, è ormai più ricordato che letto, ma rimane pur sempre nell’immaginario collettivo a seguito del suo passaggio a nome comune.

Il "Galateo overo de' costumi" comunemente conosciuto come Galateo, è stato scritto dal toscano Giovanni della Casa, tra il 1552 e il 1555.

Quanto al coltissimo e raffinatissimo Giovanni della Casa, dopo essere stato richiamato a Roma come segretario di stato vaticano da Papa Paolo IV, succeduto a Giulio III, forse a causa dei licenziosi scritti giovanili, mai riuscì ad ottenere la porpora cardinalizia. Morì a Roma nel 1556: il suo Galateo uscì due anni dopo.

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