Al via i lavori per la ricostruzione del porto fluviale di Firenze, l’antico attracco sull’Arno costruito nell’Ottocento dal Granduca Leopoldo II

1 / 3 – Il porto fluviale di Firenze, un’opera voluta da Leopoldo II

Il fiume un tempo era vita, il porto lo sfruttamento della navigabilità

Sembra incredibile, ma un tempo Firenze aveva un porto. Non proprio come Pisa o Livorno, che si affacciano (o si affacciavano) sul mare, semmai più come Londra col Tamigi, o New York con l’Hudson: un porto fluviale. Si perché le città in passato non nascevano a caso sui fiumi. I fiumi significavano vita, facilità nell’approvvigionamento non solo idrico, ma anche di cibo, così come significavano navigabilità, e quindi la possibilità di spostamenti più veloci che non fossero quelli lungo le accidentate strade di allora. E l’Arno non faceva eccezione.

Vista del fiume Arno e di San Frediano a Firenze

Due secoli fa imbarcazioni piene di carbone solcavano l’Arno

Adesso sono passati tre secoli da quando l’Arno veniva solcato dalle imbarcazioni cariche di carbone destinato ad alimentare il vicino gasometro. Il 2 Gennaio 1839, infatti, il Granduca di Toscana Leopoldo II aveva sottoscritto una concessione ventennale alla Società Francese Cottin Jumel Montgolfier Bodin per l’illuminazione a gas di Firenze.

Nel 1844 lo stesso Leopoldo II concesse alla Società un terreno lungo l’Arno, allora navigabile, nei pressi della Porta San Frediano, zona del Pignone, per impiantare le officine del gas. Si trattava di una posizione strategica per l’attracco dei barconi provenienti da Livorno carichi di carbone fossile inglese necessario al funzionamento dei forni di alimentazione e trasformazione, attraverso i quali veniva liberato il gas.

Quartiere di San Frediano a Firenze visto di qua d'Arno

Il primo esperimento d’illuminazione pubblica a gas di Firenze

Il 1° settembre del 1845 fu realizzato il primo esperimento d’illuminazione pubblica a gas di Firenze. L’evento si svolse in Via Maggio, la strada più vicina a Palazzo Pitti, residenza del Granduca. Quel giorno i fiorentini si riversarono in massa nella via, già sognando una nuova era che avrebbe potuto portare a un agognato aumento della fruizione delle ore serali, a condizioni di maggior sicurezza, oltre a una poetica visione di panorami notturni fino ad allora mai visti. La Società di distribuzione garantiva che, fino a una distanza di otto metri dal punto luce, si potesse leggere qualsiasi scritto: così i cittadini, tutti muniti della Gazzetta di Firenze, fecero capannello nei pressi dei singoli lampioni in attesa dell’accensione.

E come andò a finire il primo esperimento d’illuminazione pubblica a gas di Firenze? Scoprilo a pagina 2

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