Il primo jeans arrivato in Italia ha un nome americano, Roy Roger’s, ma una storia tutta toscana. Oggi il brand – che produce a Campi Bisenzio ed è passato agevolmente dal denim al total look – è gestito da Niccolò Biondi, nipote del fondatore. Lo incontriamo a Pitti Uomo 2014.

Roy Roger’s: Non c’è futuro se non hai una vera storia

Niccolò Biondi (a sinistra nella foto con il fratello Guido) non ha neanche 40 anni, ma da anni è abituato a muoversi sulle scacchiere che contano. Come ogni buon imprenditore guarda al futuro, ma non può dimenticare il passato.

Perché quella della sua famiglia è una storia che racconta di un’Italia intera, quella del dopoguerra e di una certa imprenditoria (mai abbastanza rimpianta, in verità) votata all’ottimismo e alla qualità. Capitani d’industria che sapevano rimboccarsi le maniche e raccogliere quanto seminato.

Nel caso della famiglia Biondi, poi, l’importanza della storia è tanta e tale che suo padre – Fulvio, l’uomo che trasformò Roy Roger’s in un piccolo impero del settore abbigliamento – coniò lo slogan: “Non c’è futuro se non hai una vera storia“. Da allora, non c’è occasione in cui questa frase non venga scritta o ripetuta come un mantra, anche nello stabilimento di Campi Bisenzo, alle porte di Firenze.

Il primo jeans italiano ha un nome americano, Roy Roger's, ma una storia toscana. Intervista a Niccolò Biondi, gestore del brand

Partiamo proprio dalla storia, elemento imprescindibile per Roy Roger’s…

Non è solo un slogan, per noi, ma l’essenza stessa del nostro lavoro. L’azienda ha ormai 62 anni ma ha sempre fatto manifattura in Italia, anche negli anni in cui continuava a produrre in Italia – con tutto ciò che questo comporta – veniva considerato un po’ un fesso…

Ora invece l’artigianalità italiana viene percepita come un plus del prodotto: magari a volte nel nostro Paese lo si dà per scontato, mentre nei mercati emergenti è un valore aggiunto. Così come la storia che c’è dietro a un capo d’abbigliamento, ad esempio: avere un’identità definita e saperla mantenere è importantissimo per raccontare il passato”.

Il primo jeans italiano ha un nome americano, Roy Roger's, ma una storia toscana. Intervista a Niccolò Biondi, gestore del brand

Vuoi raccontarci il tuo, di passato, inteso come storia aziendale?

Tutto nacque nel dopoguerra con Raffaello Bacci, mio bisnonno materno, che fondò Roy Roger’s e portò in Italia il primo marchio di denim. Era un commerciante di tessuti della zona pratese, e il figlio Francesco aveva seguito le sue orme nell’impresa di famiglia intravedendo nel denim quella che sarebbe diventata una tendenza di livello globale.

Fu un viaggio in North Carolina ad aprirgli gli orizzonti: allora il denim veniva usato dagli americani per confezionare pantaloni e tute da lavoro. Sotto la guida di Francesco nacque Manifatture 7 Bell, la prima fabbrica italiana di jeans che confezionava denim originale fatto arrivare dagli Stati Uniti.

L’etichetta Roy Roger’s aiutò a mantenere saldo il legame con l’America, e quando maturò l’idea di un pantalone che potesse servire non solo per il lavoro ma anche per il riposo ed il tempo libero, all’inizio degli anni ’50, fu la prima svolta”.

La prima?

Sì, perché seguirono anni difficili, quelli dell’ingresso sul mercato di manodopera a basso prezzo proveniente dall’Est Europa e dalla Cina. Fu mio padre Fulvio (marito di Patrizia Bacci, primogenita di Francesco, ndr) a prendere in mano l’azienda e a risollevarne le sorti: puntò tutto sulla qualità e l’immagine del prodotto, sul riposizionamento nei mercati e sull’uso di lavaggi particolari, fino alla valorizzazione del triangolino nero sulla tasca posteriore e la zip posteriore. Tutte manovre che hanno restituito a Roy Roger’s una posizione di privilegio, che hanno fatto sì che il brand fosse citato dagli 883 nella canzone Gli anni. Da lì, la naturale evoluzione è stata la graduale costruzione di un total look”.

Il primo jeans italiano ha un nome americano, Roy Roger's, ma una storia toscana. Intervista a Niccolò Biondi, gestore del brand

Insomma, il denim per te è essenziale…

Il denim è parte della mia vita, perché l’ho sempre vissuto in tutte le sue sfaccettature. Ne ho visto evolvere tutti quegli elementi che poi hanno contributo a costruirne la storia: le tecniche di cucitura, i materiali, tutta la ricerca che c’è dietro ogni singolo capo che esce dal nostro stabilimento di Campi Bisenzio”.

Lo sarà anche in futuro?

Sì, anche nelle prossime sfide legate alla globalizzazione e all’internazionalizzazione del brand. Roy Roger’s è già forte in Italia e da un anno e mezzo stiamo puntando a realizzare una serie di monomarca oltre a quelli già esistenti (Firenze, Roma, Forte dei Marmi, Napoli e in Svizzera), a partire da quello di Milano e alle aperture all’estero, come monomarca ma non solo.

Il primo jeans italiano ha un nome americano, Roy Roger's, ma una storia toscana. Intervista a Niccolò Biondi, gestore del brand

Ma Firenze avrà sempre un significato particolare, per te?

Assolutamente, sono legatissimo a Firenze, non immagino un altro posto in cui vorrei abitare. Anche se viaggio molto per lavoro, questa città è la mia casa e lo resterà per sempre”.

 

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Informazioni sull'autore

Marco Gemelli
Giornalista Professionista & Ambassador of Tuscany
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