Il racconto della masterclass e della cooking experience organizzate da BuyFood Toscana a Siena, dove abbiamo degustato Olio EVO toscano, Finocchiona DOP e Pecorino delle Balze Volterrane DOP.

Masterclass e cooking experience durante BuyFood Toscana 2021

Nell’articolo troverete:

  • La masterclass al ristorante Fonte Giusta Trattoria&Scuola di cucina
  • Olio E.V.O. Chianti Classico DOP
  • Pecorino delle Balze Volterrane DOP
  • Finocchiona IGP e “Finocchiona IGP da cinta senese DOP”
  • La cooking class al Ristorante Fonte Giusta

Mercoledì 20 ottobre 2021, dopo il convegno per la stampa intitolato “Un new deal per la Toscana delle Indicazioni Geografiche” nel contesto di BuyFood Toscana 2021, che si è tenuto a Siena, nel complesso museale di Santa Maria della Scala, TuscanyPeople ha piacevolmente partecipato a una masterclass e a una cooking experience, sempre organizzata appositamente per la stampa specializzata e internazionale.

Separati in gruppi, i giornalisti si sono spostati da Piazza del Campo ognuno verso la propria destinazione. A noi è toccata in sorte Fonte Giusta Trattoria&Scuola di cucina, in Via Camollia.

Piazza del Campo a Siena la mattina presto con il sole che sorge dalla Torre del Mangia

La masterclass al ristorante Fonte Giusta Trattoria&Scuola di cucina

La prima parte dell’evento organizzato da BuyFood Toscana prevedeva una masterclass divisa in tre presentazioni gastronomiche ben precise da parte dei rappresentanti dei rispetti consorzi:

1. Olio E.V.O. Chianti Classico DOP
2. Pecorino delle Balze Volterrane DOP
3. Finocchiona IGP: degustazione di due tipologie “Finocchiona IGP” e “Finocchiona IGP da Cinta Senese DOP”

Vino rosso toscano in due calici con piatto di antipasti

1. Olio E.V.O. Chianti Classico DOP

Ha preso la parola Silvia Fiorentini – Marketing e Communication Manager del consorzio dell’Olio E.V.O. Chianti Classico DOP – spiegando brevemente i principi che animano il consorzio stesso, nato nel 1975 sulla scia del Consorzio del famoso, omonimo, vino.

È nel 2000 che l’olio delle colline del Chianti ottiene il riconoscimento, a livello europeo, della certificazione DOP per le specifiche caratteristiche chimiche ed organolettiche che derivano proprio dal suo territorio di origine, ed è dal 2001 che il Consorzio tutela e promuove la denominazione DOP, assistendo le aziende associate nella creazione di un prodotto che mantenga sempre alti livelli qualitativi.

Matteo Giusti, di Dievole, spiega l’olio DOP

Silvia Fiorentini ha poi introdotto Matteo Giusti, membro del CdA del Consorzio, e direttore tecnico di Dievole, storica azienda chiantigiana di proprietà del magnate argentino Alejandro Bulgheroni, da alcuni anni molto attivo in Italia.

La zona di produzione del nostro olio è la stessa del vino.” – ha spiegato Matteo Giusti – “Tutte le fasi della produzione devono avvenire all’interno della zona produttiva, come da disciplinare DOP, dalla coltivazione dell’oliva alla frangitura, fino al confezionamento”.

Le cultivar di cui parliamo sono quelle caratteristiche: “frantoio”, “moraiolo”, “leccino”, oltre ad altre minori. L’olio è certificato, ossia necessita di passare test analitici sulla base di regole più stringenti rispetto a quelle previste dalla normativa europea sull’olio EVO come, solo a titolo d’esempio, la quantità minima di polifenoli che deve essere presente. I polifenoli, com’è noto, sono potenti antiossidanti necessari non solo alla qualità dell’olio stesso ma molto importanti anche per la salute umana.

Inoltre l’olio EVO, per poter essere certificato DOP, deve possedere una serie di caratteristiche organolettiche che vengono giudicate da esperti, ed essere confezionato entro una certa data, oltre la quale scadrebbe la garanzia di qualità.

Molto importante anche la sua conservazione – dato che l’olio è fotosensibile – in contenitori non di vetro, in un luogo fresco, asciutto, possibilmente buio.

Aspetto e assaggio dell’“olio nòvo” di alta qualità di Dievole

Abbiamo quindi degustato due campioni di nuova frangitura, non ancora certificati: un blend e un frantoio. Il primo, misto di leccino, frantoio e moraiolo, mostrava un colore verdognolo, limpidissimo, e aveva chiari sentori di carciofo e mandorla; mentre il secondo, più amaro e più delicato, meno “frizzantino”, come si suol dire, forse aveva una qualità ancora superiore all’interno di una qualità già elevata.

👉 Leggi anche: Se l’olio EVO è il protagonista: 4 ristoranti in Toscana

Filtraggio di olio nuovo dentro un frantoio in Toscana

2. Pecorino delle Balze Volterrane DOP

Giovanni Cannas svela i segreti del Pecorino delle Balze Volterrane DOP

Giovanni Cannas, direttore del Consorzio e titolare della fattoria Lischeto, ci ha subito spiegato che la grande particolarità di questo formaggio sta nel fatto che è il primo italiano a caglio vegetale. Si deve sapere che i cagli per il formaggio sono tre: caglio animale, caglio microbico e caglio vegetale, quest’ultimo ricavato dal fiore del cardone selvatico o del carciofo, un tipo di procedimento che deriva addirittura dagli Etruschi.

Il consorzio è nato 6 anni fa – anche se la relativa associazione esiste da 22 anni -, ed è l’unica DOP in Italia con queste caratteristiche. Le regole di produzione prevedono che le pecore (in questo caso di razza sarda) siano allevate con metodo semi-selvaggio (ossia il 70% dell’alimentazione degli animali è data dal pascolo), e che tutte le fasi, dall’allevamento alla produzione del formaggio (senza OMG), avvengano esclusivamente nella provincia di Pisa.

Le pecore toscane sono… in parte sarde

In Italia esistono 37 diverse razze di pecore. In Toscana ne vivono 3: la pomarancina, la massese e la sarda, importata da pastori sardi che vivono nelle nostra regione e che hanno trovato un ambiente agreste ideale per i loro ovini. Una pecora sarda in buona salute (circa 35 kg) produce circa 1 litro di latte al giorno, 200 lt all’anno: scarsa quantità, grande qualità.

Aspetto e assaggio del pecorino delle Balze Volterrane della fattoria Lischeto

All’aspetto, il pecorino stagionato 5 mesi della fattoria Lischeto selezionato per l’evento di BuyFood Toscana, dopo essere stato cosparso, per la conservazione, prima di olio di oliva, e poi di cenere, mostrava un colore grigio. All’assaggio era morbido, saporito, inaspettatamente dolce per essere un formaggio da latte di pecora, con un accentuata, persistente, nota vegetale.

👉 Leggi anche: Pecorino Toscano DOP: tutto il buono della Toscana in una forma di formaggio

L'allevamento di pecore in Toscana finalizzato alla produzione di Pecorino toscano DOP

3. Finocchiona IGP e “Finocchiona IGP da Cinta Senese DOP”

Francesco Seghi, direttore del Consorzio Finocchiona IGP, racconta la finocchiona di qualità

La finocchiona è l’esemplificazione del detto: fare di necessità virtù. Nel Medioevo, per conservare la carne, si usava spezziarla col sale, col pepe, ma in mancanza anche col finocchio. L’arte, appunto, di arrangiarsi che diventa virtù. È da quel tempo remoto che nasce la finocchiona, anche se all’epoca non si aveva neppure idea di cosa fosse un insaccato di carne di maiale macinata, aromatizzata con semi di finocchio, ed eventualmente bagnata col vino rosso, come quello attuale.

Mentre tra i tavoli, a beneficio dei nostri occhi e del nostro olfatto, giravano ciotole contenenti il fiore di finocchio macinato e i suoi semi, Francesco Seghi ci spiegava come il Consorzio della Finocchiona IGP (attivo dal 2015) tuteli 40 aziende situate in Toscana (l’unico luogo in cui si può fare la finocchiona), le quali nell’arco di un anno producono circa 1.8 ML di kg di prodotto fresco atto a diventare finocchiona, ossia quasi 1.5 ML di kg di prodotto finito, che per circa il 30% va all’estero.

Per la finocchiona si utilizzano carni con DNA esclusivamente italiano, oltre a dei tagli ben precisi: la spalla, la gola, il fondello, la pancetta, lo straculo, il capocollo, e le rifilature del prosciutto. Ci sono poi ingredienti obbligatori – come il sale, i semi e/o i fiori di finocchio, un po’ di pepe e un po’ di aglio, ovvero quelli della tradizione toscana -, e altri facoltativi, come il vino rosso.

L’assaggio della Finocchiona IGP

Le due fette che ci sono state servite all’evento di BuyFood Toscana erano fresche, morbide, leggermente speziate, ma soprattutto si percepiva il balsamico che in precedenza avevamo odorato dalle ciotole di fiore e di seme di finocchio. Questi assaggi derivavano da una finocchiona di 3 kg, stagionata 21 giorni. Alla masticazione tendeva ad avvolgere, a impastare. Si sentiva subito il seme di finocchio, poi la sapidità, quindi lo speziato, quando si ingoiava si avvertiva l’aglio, e infine rimaneva il retrogusto dolce del fiore di finocchio. Tutto sommato un prodotto rotondo, equilibrato.

L’assaggio della Finocchiona IGP da Cinta Senese DOP

La finocchiona da cinta senese l’abbiamo assaggiata dopo quella IGP a causa delle particolarità del suo DNA che contiene grassi insaturi prevalenti che le conferiscono un gusto ancora più avvolgente e rotondo. Un sapore più morbido e godibile.

👉 Leggi anche: Finocchiona e Prosciutto Toscano: re e regina dei salumi toscani

Fette di finocchiona, salume tipico toscano

La coking experience al Ristorante Fonte Giusta

La scuola di cucina Fontegiusta organizza lezioni amatoriali e professionali per imparare le tecniche di preparazione di pasta, salse, carne, pesce, pasticceria e panificazione, secondo la tradizione della cucina italiana arricchita dall’esperienza di cuochi professionisti come Giuseppe Chiarelli.

Purtroppo la nostra, a causa del poco tempo rimasto a disposizione prima del ritorno a casa, è stata un’esperienza mordi e fuggi. Ciononostante abbiamo avuto la possibilità di assaggiare al volo un ottimo esempio di peposo e di bistecca alla fiorentina, corredati da un immarcescibile bicchiere di Brunello. Ci riproponiamo comunque di approfondire in futuro la conoscenza del ristorante incontrato per questo evento di BuyFood Toscana.

Peposo imprunetino in piatto di coccio

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