3 / 4 – L’Ultima Cena che diventa la prima meraviglia

Il Cenacolo di Sant’Apollonia di Andrea del Castagno

Si tratta del primo cenacolo rinascimentale di Firenze, dipinto all’interno del convento di Sant’Apollonia, abitato dalle suore di clausura benedettine fin dal 1339 e svelato alla città solo dopo le soppressioni conventuali. L’Ultima Cena è dipinta come se si stesse svolgendo sotto un loggiato coperto da una tettora. Quest’illusione prospettica, mirabilmente studiata nei dettagli, è priva di parete anteriore, in modo da permettere allo spettatore di partecipare alla scena dall’esterno.

I discepoli si stagliano su un drappo verde petrolio intessuto di motivi floreali, sedendo attorno a una tavola elegantemente imbandita. Solo un personaggio vestito in abito vinaccia siede su un panchetto oltre la tavola, più vicino allo spettatore, Giuda, dipinto mentre si appresta a intingere il pane nello stesso piatto cristallino: è questa la scena dove converge l’attenzione.

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L'Ultima Cena di Andrea del Sarto, Cenacolo a San Salvi, Firenze

Il Cenacolo di San Salvi di Andrea del Sarto

Giorgio Vasari descrive così il magnifico affresco di Andrea del Sarto nel convento di San Salvi: “Grandezza, maestà e grazia infinita di tutte le figure”. Qui l’Ultima Cena occupa l’intera parete di fondo del vasto refettorio. Il dipinto presenta un pavimento raffigurato in prospettiva e una tavola rettangolare che taglia lo spazio orizzontalmente, coronata in alto da una balconata. Tutti gli Apostoli, compreso Giuda, stanno attorno a Gesù sullo stesso lato del tavolo, secondo la tradizione leonardesca fedele al testo evangelico di Giovanni. Il traditore dimostra la sua incredulità con la mano sul petto, mentre riceve da Gesù un pezzo di pane inzuppato. Alla sinistra, Giovanni stesso intreccia le dita col Maestro in uno struggente gesto di affetto. Ma la parte forse più originale del cenacolo è quella superiore dove Andrea del Sarto rappresenta una terrazza in cui due personaggi, sullo sfondo di un cielo al tramonto, assistono alla cena.

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