Devo dire che quando mi è stato proposto di fare un articolo sui cipressi in Toscana e sul profondissimo legame che esiste tra questa pianta meravigliosa e questa meravigliosa terra, mi sono emozionato. Sì, non esagero: avevo quasi le lacrime agli occhi. In tutti i miei scritti, in tutti i miei racconti, in tutti i miei romanzi, in un modo o nell’altro, i cipressi appaiono sempre.

Cipressi in Toscana, un legame indissolubile tra la terra e la vita

I cipressi sono presenti anche in mie molte storie non ambientate in Toscana, come mi portassi costantemente dietro, in qualsiasi luogo si trovino i personaggi, un pezzo caratteristico della mia terra. Forse il pezzo più caratteristico, perché già da prima del rinascimento, dell’umanesimo, del medioevo, già prima dell’impero romano, fin dal tempo degli Etruschi, i cipressi in Toscana erano qui, a testimoniare, con la loro snella altezza, con la loro sobria eleganza, lo scorrere della vita

I cipressi in Toscana sono un simbolo di eternità e di immortalità e sin dai tempi antichi sono i protagonisti assoluti del panorama toscano

Antiche memorie storiche

Quando apro la finestra, la mattina, ho davanti a me due lunghi filari di cipressi. Nel mio piccolo giardino c’è un cipresso da chissà quanto. È altissimo, composto, e non ha bisogno di nulla, nemmeno di potatura. Sta lì, come un’antica memoria storica, come un guardiano della dimora, come una presenza dolcemente rassicurante. E dire che sono anche allergico al suo polline. Ma mai e poi mai, nonostante qualche starnuto o irritazione di troppo, vorrei non vivere circondato da cipressi.

Troppo facilmente si associa il cipresso ai cimiteri, a qualcosa di funebre. È vero, i camposanti sono ricolmi di cipressi (poi vedremo il reale motivo), ma chi si limita a identificare il cipresso con la fine della vita umana forse non è nato in Toscana e probabilmente perde di vista tantissimi altri aspetti fondamentali di questa pianta, tantissime altre collocazioni, tantissimi altri paesaggi.

A casa mia non ci sono cimiteri, questo è sicuro, ma neppure in tutte le ville più o meno medicee sparse ovunque, neppure nelle ampie vallate della Val d’Orcia dove il cipresso è talmente compenetrato nel paesaggio, è talmente elemento costitutivo della sua bellezza che, se fosse eliminato, una delle più belle valli del mondo non sarebbe più lei.

I cipressi in Toscana sono un simbolo di eternità e di immortalità e sin dai tempi antichi sono i protagonisti assoluti del panorama toscano

Cartoline dalla Toscana

Avete presente le centinaia di cartoline della Toscana, i calendari, le guide, che affollano i giornalai, le cartolerie, le librerie? In buona parte sono raffigurati i paesaggi della Val d’Orcia, e in buona parte dei paesaggi della Val d’Orcia raffigurati ci sono i cipressi, disposti in filari su un crinale, o in curiosi circoli in mezzo a un prato, o addirittura singoli, isolati, come svettanti bandiere verde-scuro piantate su quei promontori di bellezza. Provate a toglierli di lì, e tutta l’immagine, no, di più, tutto il quadro che la natura dipinge ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, s’immiserisce, perde di forza, d’intensità, si riduce alla normalità.

Cosa sarebbe la Toscana se in ragione di un odioso maleficio sparissero tutti i cipressi? Sarebbe molto, molto, meno di quella che è. Sarebbe come togliere a un piatto raffinato un ingrediente fondamentale. Ecco perché noi di TuscanyPeople, noi, gente di Toscana, non possiamo neppure concepire che il cipresso venga identificato semplicemente con la fine della vita, perché per noi è tutto il contrario, è il simbolo della vita stessa nel suo pieno splendore, nel suo pieno rigoglio, è il simbolo della bellezza, dell’eleganza, in una parola sola: il cipresso è il simbolo dell’eccellenza della nostra terra e di quella storica immortalità che ci lega ai nostri padri.

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Le origini del cipresso

Detto questo, il cipresso non è però nato in Toscana: la sua origine è nel bacino del Mediterraneo orientale, tra la Persia, la Grecia e l’Egitto dove vegeta spontaneamente. Fu importato in Italia dai Fenici e dai Greci, mentre in Toscana, dagli Etruschi.

Il Cupressus sempervirens, o cipresso nero, è una conifera appartenente alla famiglia delle Cupressaceae ed è presente nelle zone più temperate, un po’ in tutti i continenti, dal Nord America all’Asia, dall’Europa mediterranea all’Africa settentrionale. Sono alberi longevi che possono superare senza problemi i 500 anni, e pare addirittura che nel mondo esistano esemplari millenari, soprattutto tra i Cupressus dupreziana del Nord Africa che in alcuni casi raggiungono i 4.000 anni.

Composto da foglioline simili a squame allargate e da piccole pigne tondeggianti (galbule), il cipresso ha due forme: quella piramidale tipica, come un’ampia lancia piantata a terra, o una fiammella che brucia, e quella orizzontale (cipressa, o cipresso femmina) con una chioma più panciuta dato che i rami invece di salire in verticale si allargano in orizzontale, in modo simile all’abete. La seconda è una varietà che ha minore valore ornamentale ma è altrettanto diffusa in Toscana perché più preziosa della prima nella falegnameria e nell’ebanisteria artigianale.

I cipressi in Toscana sono un simbolo di eternità e di immortalità e sin dai tempi antichi sono i protagonisti assoluti del panorama toscano

L’uso del cipresso nella storia

Il cipresso ha avuto un’importanza ornamentale e simbolica ininterrotta per 3000 anni. Gli Egizi amavano la nobiltà della sua fibra e utilizzavano solo il cipresso per costruire i sarcofagi per la sepoltura dei defunti, mentre Etruschi e Romani piantavano cipressi intorno ai cimiteri e alle tombe di personaggi illustri perché la sua resina profumata copriva l’odore che emanava dai tumuli.
Gli artigiani usavano e tuttora usano il legno di cipresso perché praticamente incorruttibile: la fibra regolare, compatta, lo rende pregiato per la realizzazione degli scafi delle navi, per portoni di ville e palazzi, per mobili e strumenti musicali.
Secondo la Bibbia, l’arca di Noè era costruita col cipresso, e la tradizione ci dice che la croce di Cristo era fatta anche di cipresso, oltre che di cedro e di pino. Per i giudei prima, e per i cristiani, dopo, il cipresso era simbolo di eternità.

Nei conventi del medioevo i cipressi servivano da barriera frangivento che delimitava lo spazio sacro da quello laico, inoltre, ricollegandosi alla tradizione biblica che vede al centro della Gerusalemme Celeste l’albero della Vita, i monaci erano soliti piantare in mezzo al chiostro un cipresso o un cedro, richiamando così l’immagine dell’eterna città che brilla «pari a una gemma di diaspro cristallino».
Il cipresso è sempre stato un simbolo di immortalità, di distacco dal “mondo”, ma aveva anche la funzione concreta di frenare il vento che intorno agli edifici sacri, costruiti di solito sulla sommità delle colline, è piuttosto intenso.

I cipressi in Toscana sono un simbolo di eternità e di immortalità e sin dai tempi antichi sono i protagonisti assoluti del panorama toscano

Il cipresso nelle arti figurative

I pittori del rinascimento, dal Beato Angelico a Paolo Uccello a Leonardo da Vinci, solo per citarne alcuni, usarono le ordinate matasse verdi dei cipressi per spartire lo spazio, i cieli, il paesaggio. Più di recente è stato Rosai a dipingere cipressi, soprattutto nelle stradine collinari intorno a Firenze.

Ed è proprio questa la particolarità della Toscana rispetto, ad esempio, alle regioni del sud: noi concepiamo il cipresso come un elemento monumentale, d’ornamento e orientamento, mentre ad altre latitudini è più inteso come pianta funerea.

Pare che ci sia in effetti anche una ragione pratica: a differenza dei tempi antichi, in cui per i cimiteri veniva apprezzata la resina profumata, al giorno d’oggi è il tipico sviluppo in verticale delle sue radici – alcune delle quali raggiungono sotto terra la lunghezza del fusto – che non danneggia le tombe a farlo preferire ad altre piante, tanto che si sono formati alcuni coloriti modi di dire come: andare ai cipressini (a Roma: andare agli alberi pizzuti) o andarsene col cappotto di cipresso.

I cipressi in Toscana sono un simbolo di eternità e di immortalità e sin dai tempi antichi sono i protagonisti assoluti del panorama toscano

Il cipresso in letteratura

Direi di chiudere questa mia “ode al cipresso” con qualche spunto letterario: “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne / confortate di pianto è forse il sonno / della morte men duro?” Il famosissimo inizio foscoliano de “I Sepolcri”. I cipressi che a Bolgheri alti e schietti…, da “Davanti a San Guido”, di carducciana memoria. E last but not least: Parla il cipresso equinoziale, oscuro / e montuoso esulta il capriolo. Da “Avorio” in “Avvento notturno” di Mario Luzi.

Sì, lo ammettiamo, noi gente di Toscana, noi TuscanyPeople, amiamo follemente il cipresso e tutto ciò che esso rappresenta: storia, arte, bellezza, eleganza, raffinatezza, eccellenza. Che ci volete fare, chi nasce nel bello, ama il bello e finisce per non poter fare a meno del bello. Se è vero quello che dice il principe Myškin ne “L’idiota” di Dostoevskij, che la bellezza salverà il mondo, be’ allora noi siamo già sulla via della salvezza.


Chi vive in Toscana non si domanda perché ci vive, o non se lo domanda spesso, noi sappiamo bene il perché. Ma se dovessi spiegarlo a chi non ci vive, aggiungeresti qualcosa di diverso da quanto abbiamo detto noi? Scrivici, siamo molto curiosi.

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Scrittore & Ambassador of Tuscany
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