Dostoevskij a Firenze c’è stato due volte. La prima in visita di piacere per 5 giorni con l’amico e filosofo Stachov; la seconda per un soggiorno di qualche mese insieme alla moglie Anna. Ed è proprio a Firenze che Dostoevskij scrisse L’Idiota, in un perpetuo oscillare tra la bellezza morale del principe Myskin e la bellezza estetica della città, allora capitale d’Italia.

Dostoevskij a Firenze, tra Chianti, passeggiate e la stesura de L’Idiota

Ci sono scrittori che ti fanno dire: interessante. Altri che ti spingono a esclamare: bello. Altri che ti appassionano, che ti migliorano, oppure che ti sconquassano e ti lasciano lì come uno straccio pieno di dubbi e perplessità. Altri ancora in cui t’identifichi pienamente o che al contrario rifiuti recisamente.

E infine ci sono scrittori che non ti fanno dire nulla perché qualunque cosa tu dica sarebbe superflua, sarebbe pleonasmo, rispetto alla loro grandezza. Sarebbe come aggiungere anche una sola nota a un’opera di Mozart. Sono pochissimi gli scrittori di quest’ultimo tipo, si contano sulle dita delle mani, forse di una sola, e tra questi c’è Fëdor Michajlovič Dostoevskij.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota

C’è chi sostiene che Dostoevskij non sarebbe stato così grande se non avesse conosciuto intensi periodi di sofferenza: la condanna a morte poi commutata dallo Zar Nicola I nel durissimo carcere in Siberia durato oltre quattro anni, le violenti crisi d’epilessia forse anche dovute a questi tragici eventi, le continue vicissitudini economiche, la scomparsa della figlioletta di tre mesi.

C’è chi sostiene che senza i tanti drammi, senza le tante difficoltà della sua vita sarebbe addirittura rimasto un autore mediocre. Non lo sapremo mai, anche se in effetti prima di questi avvenimenti non aveva scritto nessuna delle sue immense opere tra le quali spicca senza dubbio L’idiota terminato a Firenze nel gennaio del 1869, dopo anni d’appassionato lavoro.

Dostoevskij a Firenze con Strachov

Ma non era la prima volta di Dostoevskij a Firenze. Nell’agosto del 1862, alla stazione di Firenze scesero da un treno due viaggiatori che parlavano tra loro il russo. Chiesero a un vetturino il nome d’un albergo poco costoso nel centro della città. La carrozza girò intorno a Santa Maria Novella e poco dopo raggiunse via Tornabuoni fermandosi alla Pensione Svizzera. Il portiere faticò a scrivere i nomi dei due nuovi clienti, tali Dostoevskij e Strachov, filosofo e critico letterario a cui il romanziere si sentiva particolarmente vicino.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota
Dostoevskij, esule, rimaneva immerso nel suo mondo spirituale che lo legava profondamente alla Russia, e persino l’Arno con i suoi ponti gli ricordava la Fontanka, ma il soggiorno a Firenze fu molto piacevole per entrambi. Strachov, in delle lettere, parla all’amico di quant’era gradevole vivere qui senza fare niente di quello che fanno normalmente i turisti, ma intraprendendo ogni volta passeggiate molto gaie.

La discussione in Piazza Signoria

Tuttavia avvenivano tra i due anche accese discussioni. Una in Piazza della Signoria. Strachov tendeva a ragionare in modo molto logico, per lui “era impossibile che due per due non facesse quattro“. Dostoevskij invece sosteneva che ogni pensiero racchiude elementi di verità, in quanto mantiene un proprio motivo e fondamento, e che quindi non esistono assurdità o errori assoluti da parte di nessuno. Alla logica opponeva un pensiero mistico e spiritualistico che poi rappresentava le fondamenta di tutta la sua visione umana e letteraria.

“Quando arrivammo in Piazza della Signoria,” – riporta Strachov. – “e ci fermammo perché dovevamo separaci, lei mi dichiarò molto focosamente che il mio modo di pensare aveva un difetto che lei odiava, disprezzava ed avrebbe combattuto per tutta la vita. Poi ci demmo una forte stretta di mano e ci lasciammo…”. Qui c’è tutto Dostoevskij, il suo modo passionale, a volte intollerante, sicuramente molto russo, di vedere le cose, di viverle.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota

Le bottiglie di Firenze

La sera i due amici si ritrovavano nella camera dell’albergo e si divertivano a conversare dottamente accompagnando le parole “con un vino rosso locale di poco più forte della birra”. Ovviamente il Chianti dell’epoca. Quando poi Dostoevskij tornò a Firenze nel 1868 per finire la stesura di uno dei massimi capolavori letterari di tutti i tempi, L’idiota, scrisse a Strachov: “Ricorda le nostre serate con le bottiglie di Firenze? Lei ogni volta era più previdente di me, si procurava due bottiglie e io una sola, sicché, finita la mia, mettevo le mani sulla sua, ma non sono orgoglioso. Comunque passammo bene quei cinque giorni a Firenze”. Evidentemente il nostro Chianti sta bene dappertutto e con chiunque, anche in mezzo a conversazioni intellettuali tra filosofi e grandi scrittori.

Solo successivamente si è scoperto come in città ci fosse un luogo che attirava particolarmente Dostoevskij: il gabinetto scientifico-letterario di G.P. Vieusseux. Ancora oggi vi si conservano tre autografi dell’autore russo.

Alba Donati è la direttrice del Gabnetto Vieusseux di Firenze oltre a una delle poetesse italiane contemporanee più conosciute. L'abbiamo incontrata nella sua casa di Firenze, per un'intervista esclusiva, tra libri, poesia e scrittura

Le prime pubblicazioni di Dostoevskij

Nel 1866 Dostoevskij inizia la pubblicazione, a puntate, di Delitto e castigo, suo primo immenso capolavoro. Conosce una giovane e bravissima stenografa, Anna Grigor’evna Snitkina, grazie alla quale riesce a dare alle stampe, nello stesso anno, Il giocatore, opera in cui Dostoevskij narra le disavventure di alcuni personaggi caduti nel vizio della roulette. Nel 1867 sposa Anna a San Pietroburgo, quindi parte con lei per un nuovo viaggio in Europa, dove comincia a scrivere L’Idiota.

Nel 1868 nasce la figlia Sonja, che vive solo tre mesi, tant’è che il dramma della morte dei bambini è, non a caso, uno dei temi trattati nel romanzo che sta scrivendo. Nell’autunno la coppia, orfana della figlia, si trasferisce a Milano, ma il clima tetro e la mancanza di libri d’interesse per lo scrittore li spingono a Firenze per quello che sarà il suo nuovo lungo soggiorno nella nostra città, allora capitale d’Italia.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota

Il trasferimento a Firenze

Poco dopo l’arrivo a Firenze, avvenuto più o meno alla fine di novembre, Dostoevskij scrive a Strachov: “Ora sono a Firenze e pare che debba rimanervi a lungo, almeno tutto l’inverno e una parte della primavera. Adesso Firenze è un po’ più rumorosa e variopinta: per le strade c’è una calca terribile. Molta gente è venuta a Firenze in quanto capitale e la vita è molto più cara di prima, benché assai meno che a San Pietroburgo.”

A Firenze – scrive Anna – “con nostra grande soddisfazione trovammo un’ottima biblioteca e una sala di lettura con due giornali russi, e mio marito vi si recava a leggere ogni giorno dopo pranzo”.
Abitavano in via de’ Guicciardini, 8 (vicino a Ponte Vecchio e Palazzo Pitti) in una casa d’angolo, come tutte quelle preferite dall’autore, dove una targa rammenta che qui tra il 1868 e il 1869 fu terminato il romanzo L’idiota.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota

In un’altra lettera Dostoevskij scrive: “Firenze è bella ma molto umida. Eppure le rose fioriscono ancora all’aria aperta nel giardino di Boboli. E quali tesori si trovano nelle gallerie! Mio Dio! Nel 1863 (sbaglia data, ndr) notai la Madonna della Seggiola. L’ho guardata per una settimana e soltanto ora l’ho vista. Ma, oltre ad essa, quante altre cose divine ci sono! Tuttavia ho rimandato tutto a dopo la fine del romanzo. Ora mi sono chiuso in casa”.
Quando poi risultò che la moglie era di nuovo incinta e il medico le ordinò di fare passeggiate, la coppia cominciò a recarsi ogni giorno a Boboli: “Qui ci scaldavamo al sole e sognavamo la nostra futura felicità”.

Idiot

Difficile stabilire se sia stato un puro caso che proprio L’idiota venisse terminato a Firenze, e se nella mente dello scrittore non ci fosse un nesso tra l’idea di bellezza morale (pulchrum atque bonum) incarnata dalla figura del principe Myskin, il protagonista, e quella di bellezza in senso estetico rappresentata dalla città.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota

Il titolo del romanzo – Idiot, in russo- è paradossale. Con questo termine Dostoevskij intendeva esprimere il concetto di uomo “assolutamente buono“, una specie di Cristo del XIX secolo, tanto buono, da sembrare ingenuo, disadattato. In questo senso è da intendere l’idiozia: il simbolo di una virtù a tal punto pura da apparire quasi come una deficienza, da essere percepita dagli altri come una vera e propria patologia. Per Dostoevskij, se Gesù si fosse manifestato di nuovo, sarebbe stato considerato un folle, un ebete, un disadattato.

Comunque sia, quello che semmai mi pare da sottolineare è che ancora una volta Firenze si è prestata da scenografia, se non all’opera, al lavoro quotidiano di uno dei più grandi autori di tutti i tempi. E così dopo Dante, Boccaccio, Petrarca, Machiavelli, Michelangelo, Leonardo, Botticelli, solo per citarne alcuni, ecco che anche un grandissimo russo (cui seguirà anni dopo Tarkovskij) deposita la sua firma da noi.

Pare proprio che di qua, prima o poi, ci debbano passare tutti, o quasi, come spinti dal destino a lasciare un tributo alla culla dell’arte, della cultura, della civiltà.

Dostoevskij a Firenze c'è stato due volte. La prima in visita per 5 giorni con l'amico e filosofo Nikolaj Strachov; la seconda per un soggiorno durante il quale scrisse L'Idiota

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