Come applicare al proprio modello aziendale il concetto di gioco infinito, per trasformare l’impresa in un organismo armonico, longevo e amato

Come rendere longeva la propria azienda tramite il gioco infinito

Di cosa parliamo in questo articolo:

  • Gioco finito e gioco infinito: cosa sono?
  • Nei giochi infiniti è necessario uscire dal binomio vittoria/sconfitta
  • I principi fondamentali del gioco infinito
  • La necessaria giusta causa
  • Capire quando una causa è giusta oppure no
  • Creare team basati sulle persone e sulla fiducia
  • Degni rivali al posto degli avversari
  • Perseguire la flessibilità esistenziale
  • Per un salto verso il gioco infinito è necessario coraggio, ma non in solitaria

In questo articolo parleremo di un concetto davvero molto interessante, quello del gioco infinito. Che differenza c’è tra gioco finito e gioco infinito?Quali sono le leggi che presiedono ai due diversi tipi ludici? Ma soprattutto, perché per un’azienda contemporanea è importante capire a quale gioco gioca e come giocarvi?

Per lo sviluppo di tutti questi concetti ci baseremo sul libro “Il gioco infinito” dell’autore naturalizzato statunitense Simon Oliver Sinek, scrittore, saggista ed esperto di leadership. La sua ricerca si concentra sui pattern che rendono le organizzazioni grandi, a partire dai propri leader, e sui meccanismi attraverso i quali persone e aziende impattano e migliorano il mondo in cui viviamo. Inoltre Sinek divulga le proprie idee attraverso speech motivazionali e tramite i numerosi libri che ha scritto, tra cui quello che andremo appunto a prendere in considerazione.

Copertina del libro Il Gioco Infinito di Simon Oliver Sinek

Gioco finito e gioco infinito: cosa sono?

Il professor James P. Carse, nella sua opera “Finite and Infinite Games: A Vision of Life as Play and Possibility”, pubblicata nel 1986, ci dice che nella vita esistono due tipi di giochi, dove per giochi si intende situazioni messe in atto da almeno due giocatori.

Parliamo dei giochi finiti e dei giochi infiniti. Si definiscono giochi finiti quelli in cui giocatori e regole sono già predisposti, conosciuti a tutti i partecipanti, e che mirano a un obiettivo chiaro da raggiungere. Sono invece giochi infiniti tutte quelle circostanze in cui siano coinvolti sia giocatori conosciuti che sconosciuti, dove non esistono regole predefinite e neppure un obiettivo da realizzare che ponga fine al gioco.

Come si vede subito, le due situazioni sono completamente diverse, per molti versi quasi opposte. Di esempi intorno a noi se ne trovano moltissimi. Una partita di calcio è un gioco finito, con regole ben precise e un obiettivo da realizzare entro un certo tempo. Un matrimonio, una carriera, si possono considerare esempi di giochi infiniti, senza regole precise e senza obiettivi, se non quelli del costante miglioramento. In altre parole, un gioco infinito esiste nel mondo delle possibilità ed è perpetuo, adattabile e resiliente, ossia caratteristiche che un buon business dovrebbe avere.

Pedone su tastiera infinita

Nei giochi infiniti è necessario uscire dallo sclerotizzato binomio vittoria/sconfitta

I leader che approcciano i propri collaboratori secondo il binomio vittoria/sconfitta giocano a un gioco finito; nella realtà però la loro azienda dovrebbe giocare a un gioco infinito: non c’è concreta possibilità di crescita secondo lo schema del gioco finito. Imporre competitività, e quindi ansia da prestazione, ai propri collaboratori, può servire a ottenere piccoli risultati nel breve; alla lunga però in questo modo non si favorisce il longevo, creativo, armonico, sviluppo della propria compagnia.

In un gioco infinito non esistono parametri di vittoria e il metro di giudizio è soggettivo, mai effettivo. Spesso chi perde in un gioco infinito è semplicemente chi decide di arrendersi o abbandonare, come chi va in bancarotta o vende, ma nemmeno questi casi possono essere considerati una sconfitta perché potrebbero preludere a una successiva espansione molto più penetrante.

Imprenditrice al primo posto su un podio con bandiera in mano, vittoria

I principi fondamentali del gioco infinito

Purtroppo nelle università, ad esempio, si continua a formare leader da gioco finito, da “uovo oggi piuttosto che da gallina domani”, contribuendo a creare aziende dalla vita corta. Infatti se si pone l’attenzione su valori quali fiducia, creatività e collaborazione, scopriamo che i veri leader da gioco infinito seguono sempre 5 punti fondamentali:

1. hanno come scopo una giusta causa
2. creano team basati sulla fiducia
3. focalizzano l’attenzione verso i degni rivali
4. praticano la flessibilità esistenziale
5. sono leader coraggiosi

Concetto di leadership con origami a forma di barche di carta

Per un gioco infinito deve esserci la necessaria giusta causa

La giusta causa è il fondamento del gioco infinito che deve tendere al miglioramento di qualcosa, di un matrimonio, di un lavoro e, nel nostro caso, di un’azienda. La giusta causa rappresenta le fondamenta di una casa, mentre la casa finita è il miglioramento che si vuole ottenere. Ha quindi a che fare coi valori intimi di una persona, non con l’immediato obiettivo di vittoria.

Perché nel meccanismo esista una giusta causa deve:

1. essere utile, positiva e ottimista, ossia trasmettere un messaggio pro, non contro qualcosa
2. essere inclusiva, ossia accogliere tutti coloro che ne desiderino far parte
3. mettere al primo posto i beneficiari dei beni/servizi, non il business in sé o i suoi leader
4. essere resiliente ai cambiamenti della società e della politica
5. essere idealistica, audace e lungimirante

Se manca anche uno solo di questi elementi, la causa non può essere giusta. Un consiglio per mantenere viva nel tempo la giusta causa senza dimenticarla alle prime difficoltà? Metterla per iscritto. Come fosse una dichiarazione dei diritti dell’uomo, o una costituzione. Avere sempre davanti agli occhi i principi che ci hanno animato all’inizio è fondamentale.

Concetto di Boss versus Leader

Capire quando una causa è giusta oppure no

Tuttavia bisogna anche essere onesti con se stessi e sapere distinguere una causa veramente giusta da una apparentemente giusta ma che in effetti non lo è.

Ad esempio, una giusta causa non dovrebbe essere la somma di molti traguardi finiti, ma avere un traguardo davvero infinito.
Una giusta causa non dovrebbe porsi come obiettivo quello di essere i migliori, di essere al top, perché questo non aggiunge alcun valore in un ambito di gioco infinito, trattandosi di una condizione soggettiva, limitata temporalmente, e talvolta tendenziosa. Inoltre i prodotti e servizi di un’azienda devono poter cambiare in una condizione di resilienza.
La crescita dell’azienda come giusta causa è un altro abbaglio che si prende facilmente, perché questa deve essere una condizione in cui portiamo avanti la nostra causa, non un mezzo per farlo.
Così come il programma di responsabilità sociale d’impresa, può essere sì parte della giusta causa ma non deve limitarsi a essere l’unica azione relativa a questo tipo d’impegno aziendale.

Concetto di responsabilità sociale di impresa

Per un gioco infinito si devono creare team basati sulle persone e sulla fiducia

Uno dei grandi segreti per trasformare il gioco finito di un’azienda in un gioco infinito è la trasformazione della figura del leader da CEO a CFO (Chief Vision Officer); potremmo definirlo un “garante” dell’originale giusta causa e della visione di ampio respiro dell’azienda.

La nascita del capitalismo malato e delle aziende del gioco finito

Il sistema capitalistico è radicalmente mutato quando, nel 1970, l’economista Premio Nobel Milton Friedman pubblicò un articolo che illustrava come le aziende, e così i loro leader, dovessero sottostare al benessere dei proprietari, ossia degli azionisti. Prima di lui tutta la teoria del capitalismo si basava sul pensiero dello scozzese Adam Smith. Secondo Smith il fine del produrre era il consumo, e quindi l’interesse del consumatore veniva prima di quello del produttore. Non che Smith fosse più ingenuo di Friedman, ma comprendeva che se i produttori facevano il bene del consumatore s’innescava un meccanismo virtuoso che apportava benefici a tutto il mercato.

Invece il concetto di Friedman ha finito per giustificare il super-potere e il super-guadagno dei leader, rovinando il concetto di business portato avanti sino a quel momento. Questo ha condotto a un inaccettabile divario tra manager avidi e interessati solo al profitto facile e immediato e lavoratori sempre meno coinvolti e sempre più vessati.

Il gioco infinito: le persone prima dei profitti

È ovvio che, al contrario, il leader con mentalità infinita debba mettere le persone prima dei profitti. Mettere le persone, il loro benessere, la loro istruzione, la loro formazione, la loro tranquillità prima dei profitti, significa creare un team preparato, fedele, non timoroso di gravi contraccolpi economici, o addirittura di licenziamenti, e ben disposto a sopportare i sacrifici nei periodi di resilienza.

Un buon leader non deve mai permettere l’erosione dell’etica all’interno dell’azienda

Un comportamento sbagliato, poco etico, all’interno dell’azienda, se non opportunamente corretto, può generare un pericoloso circolo vizioso che alla fine si sostanzia nella tolleranza inopportuna, prodromica a comportamenti poco etici sempre più gravi che diventano la normalità. Il rischio è inoltre quello che s’instauri il meccanismo dell’autoinganno, che fa sì che si giustifichino i propri comportamenti sbagliati magari utilizzando termini fuorvianti. Il licenziamento, ad esempio, diventa una riorganizzazione dell’organico, o magari sull’etichetta di un prodotto vengono evidenziati i vantaggi e celati gli ingredienti nocivi.

Ma per evitare tutto questo, ancora una volta, è necessario disporre di buoni leader. Così come nel caso dei dipendenti, anche in quello dei dirigenti la scelta deve ricadere sull’affidabilità piuttosto che sulle performance. All’interno di questo concetto rientra anche quello di “leadership pigra”, un modus operandi sconsigliabile che cerca di deresponsabilizzare il dirigente aumentando, ad esempio, la documentazione, con prove e test inutili da passare per accedere a determinati risultati, e che alla fine provoca soltanto irritazione e disobbedienza da parte degli altri collaboratori.

Team affiatato percorre insieme la strada del successo

Per un gioco infinito è necessario abbandonare il concetto di avversari a favore di quello di degni rivali

Considerare i nostri competitor come avversari da battere a ogni costo, e non come degni rivali con cui confrontarsi e da cui poter anche imparare, è una mentalità da gioco finito. I leader di un gioco infinito attribuiscono dignità ai propri rivali, sapendo che danneggiarli spesso significa danneggiare anche la propria azienda. Basti pensare ai fornitori in comune, molti dei quali se avessero un unico cliente non potrebbero continuare il loro business o dovrebbero aumentare i prezzi.

Il contrario del degno rivale è la cecità selettiva, ossia quel meccanismo per cui si tende a cancellare ogni merito del competitor: diventare ciechi di fronte ai propri rivali finisce quasi sempre per non fare il bene di nessuno, in primis il nostro, perché ci nasconde i nostri punti deboli e le opportunità di miglioramento.

Due degni rivali si stringono la mano

Per un gioco infinito è necessario perseguire la flessibilità esistenziale

La flessibilità esistenziale è il coraggio di cambiare strada in caso quella intrapresa non rispetti la giusta causa iniziale. Walt Disney, ad esempio, ebbe il coraggio di vendere tutto della Walt Disney e riversare le sue energie nella nuova WED – la compagnia che ha creato i parchi di divertimento Disneyland -, perché la sua prima azienda stava perdendo la sua giusta causa originaria, ossia quella di far sognare gli spettatori in un mondo di fantasia che li distraesse dal quotidiano, a favore dei soldi e del business selvaggio.

Abbandonare una compagnia di successo e in piena crescita è probabilmente il peggior incubo per un leader con mentalità finita; può essere invece normale per un leader con mentalità infinita: non importa quanto successo abbia raggiunto l’azienda, perché nel momento in cui perde di vista la giusta causa rientra in automatico nel gioco finito e nelle sue dinamiche malate.

Bisogna però fare molta attenzione a non confondere la flessibilità esistenziale con la reazione agli eventi; per esempio: la stragrande maggioranza dei giornali ha abbracciato la modalità online per una reazione quasi impaurita alla digitalizzazione.
La flessibilità esistenziale è sempre attiva, mai reattiva, e nasce dal coraggio di perseguire la causa a ogni costo, ovunque questo ci porti. Infatti è proprio questo suo idealismo la forza che muove tutto quel che le sta intorno: le persone tendono a seguire chi agisce per flessibilità esistenziale, sentendo intuitivamente l’importanza di una causa più elevata.

Rappresentazione grafica della flessibilità cognitiva

Per un salto verso il gioco infinito è necessario coraggio, ma non in solitaria

Domandiamoci a questo punto: in un mondo che c’insegna a giocare secondo le regole dei giochi finiti, come fa un leader a compiere il salto “quantico” verso la mentalità infinita?

La risposta è: secondo due modalità.

1. Tramite un accadimento sconvolgente, tragico o fortuito, nella vita o nella carriera del leader, che gli fa aprire gli occhi e gli mostra un’altra prospettiva.
2. Attraverso la scelta cosciente di una giusta causa da perseguire.

Entrambe le modalità sono valide, ed entrambe richiedono il coraggio della coerenza con la scelta, iniziale o successiva, di giusta causa. Ma soprattutto tutto ciò non può avvenire se solo il leader ci crede. Nei principi del gioco infinito deve essere coinvolta l’intera azienda in tutti i suoi componenti. È soltanto l’unione di tutto che permette di passare indenni quei periodi in cui ogni principio, ogni buon proposito, pare poter essere rimesso in dubbio. Perché è solo operando tutti insieme che la visione iniziale che ci ha coinvolti e appassionati può rimanere nitida e indiscussa nel tempo.

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Informazioni sull'autore

Vieri Tommasi Candidi
Scrittore & Ambassador of Tuscany
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