Un commento ragionato all’intervista che Renzo Piano ha rilasciato al Corriere della Sera

Se escludiamo i “cattivi” filosofi nichilisti, cos’è che accomuna tutte le religioni, le fedi, le filosofie, in poche parole, le tante mistiche e vie spirituali, del mondo? La ricerca della divinità? Sì, ma non fine a se stessa: come ricerca del bene per l’uomo.

Yoga al tramonto

Cercando Dio noi cerchiamo il nostro vero io interiore, la luce che abbiamo dentro e che deve illuminare il nostro cammino nelle tante prove che la vita ci riserva. Per questo non sentirete mai un qualsiasi insegnamento di saggezza affermare: fai il male e sii felice.

Oppure: danneggia l’altro e disinteressati della sua sofferenza. Perché questa, anche stando alla pura logica, non può essere la via della luce, ma solo quella dell’ombra, dell’egoismo, la via che da sempre ci ha spinti nel baratro senza fine del dolore. Baratro che l’umanità, nei millenni, solo di rado è riuscita a scansare – come, purtroppo, dimostra in molti modi diversi anche la nostra attualità -, nonostante la saggezza variamente diffusa sulla Terra converga sulla maggioranza dei punti fondamentali.

Come mai questa premessa? Perché l’intervista che Renzo Piano ha rilasciato al Corriere della Sera ne è un classico esempio.

Catena di omini di carta

L’intervista di Renzo Piano al Corriere della Sera

Parlando del lockwdown, gli è stato chiesto cosa farà quando tutto, finalmente, sarà finito. E l’architetto genovese ha risposto: “Dedicare ancora più tempo e impegno ai giovani. Quando ho compiuto sessant’anni, ormai molto tempo fa, con mia moglie feci un viaggio in Giappone, e visitai il tempio di Ise. Sa perché è importante il tempio di Ise?

Viene distrutto e rifatto ogni vent’anni. In Oriente l’eternità non è costruire per sempre, ma di continuo. I giovani arrivano al tempio a vent’anni, vedono come si fa, a quaranta lo ricostruiscono, poi rimangono a spiegare ai ventenni. È una buona metafora della vita: prima impari, poi fai, quindi insegni. Sono i giovani che salveranno la terra. I giovani sono i messaggi che mandiamo a un mondo che non vedremo mai. Non sono loro a salire sulle nostre spalle, siamo noi a salire sulle loro, per intravedere le cose che non potremo vivere”.

Ci è sembrato un bel messaggio da lanciare, soprattutto in questo momento. Perché? Perché la risposta di Renzo Piano possiede la logica stringente del bene. Ossia di ciò che è bene per l’uomo di ogni tempo, di ogni luogo. Provate a contraddire un concetto simile. Ciò che è bene può essere contraddetto solo da ciò che è male (perché ciò che rappresenta un bene superiore non lo contraddice, lo rafforza), ma ciò che è male si contraddice da sé, quindi a sua volta non può contraddire ciò che è bene. In altre parole, si può tentare con tutte le nostre forze, con tutti i sofismi possibili e immaginabili, di contraddire il bene, ma alla fine, anche se ci pare di aver vinto, si è sempre perso. Anche solo per il semplice fatto di averci provato.

Nonno e nipote per mano

Senza tempo

Renzo Piano dice: “In Oriente l’eternità non è costruire per sempre, ma di continuo”. Ha ragione. Oltretutto, al di là della mera definizione da vocabolario, chi ha un po’ di dimestichezza con concetti mistici sa che l’eternità non significa: “per sempre”, ma “senza tempo”. D’altronde, se ci pensate bene, la definizione di tempo infinito è una pura e semplice contradictio in terminis, dato che il tempo è un concetto e una misura umana, e ciò che è infinito non può essere misurabile nella sua infinità.

L’uomo non può costruire per sempre – niente dura per sempre nella dimensione mondana, tutto ha un inizio, un’evoluzione, un termine -, ma può costruire di continuo, quello sì, senza illudersi che le proprie opere siano imperiture, soltanto con la coscienza che quanto realizza possa servire da insegnamento a chi viene dopo, alle nuove generazioni.

Le parole chiave per le generazioni che precedono sono quindi “insegnamento”, “servire”, e “rinnovamento” (attraverso chi ci segue). E se “insegnamento” e “rinnovamento” sono termini abbastanza intuibili e condivisibili dal nostro concreto mondo occidentale, la parola “servire”, nel suo senso più ampio, possiede un carattere un po’ più orientale, e in genere rimane indigesta a chi fa del concetto di libertà (spesso travisato) un bene primario e inalienabile. E badate bene, rincaro addirittura la dose: non solo “servire” nel senso di “essere utili a”, ma “servire” nel senso di “essere al servizio di”.

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Candele che si accendono

Il bene dell’umanità

Perché noi non siamo qui per dimostrare a chi viene dopo quanto siamo stati bravi, mitici e irraggiungibili, non siamo qui per schiacciarli (in alcuni casi scacciarli) di grandezza, ma per rigenerarci in loro, per dare un senso di continuità alla nostra esistenza, per servire una causa ben più vasta del nostro piccolo bene personale: il bene dell’umanità. E come possiamo fare il bene dell’umanità se non ci sforziamo di lasciare ai giovani un mondo migliore offrendo loro gli strumenti per poterlo migliorare ancora di più?

TuscanyPeople è andata addirittura oltre e ha scritto un articolo, “Impariamo ad ascoltare le nuove generazioni: hanno molto da insegnarci”, dove i giovani assurgono al ruolo di maestri dei meno giovani: perché ogni età ha le sue prospettive e i suoi punti di vista da cui la nostra realtà può trarre beneficio.

Insegnare e Imparare

È questo, in ultima analisi, che dobbiamo fare: insegnare e imparare, in un costante, mutuo, scambio di visioni, per far sì che chi ci segue non sia soltanto il futuro, ma anche il nostro futuro, come noi lo siamo stati nei confronti dei nostri genitori, e i nostri genitori, degli avi.

 

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