Il Palio di Siena è una delle tradizioni più vive e sentite della Toscana. Non una rievocazione, ma una vera competizione tra le 17 contrade che i senesi organizzano da sé e per sé. Raccontiamo in questo articolo origini, regole ed evoluzione del Palio di Siena, une delle corse equestri più famose del mondo.

Palio di Siena: le origini delle 17 contrade

Le tradizionali corse del Palio, con le quali il popolo senese, avente nelle storiche sue Contrade
l’espressione più pura e più caratteristica, solennizza le ricorrenze religiose della Visitazione e
dell’Assunzione in cielo di Maria Vergine, Signora e Patrona della città, si effettuano nel “Campo”
il 2 luglio ed il 16 agosto di ogni anno“. (Regolamento per il Palio, Disposizioni fondamentali, Art. 1).

Un viaggiatore che entrasse a Siena, discese le dolci colline del Chianti o risalita l’incantevole Val dell’Orcia, ammirerebbe per prime, orgogliose, le porte e le mura della città; antichi confini capaci di accogliere o custodire, edificati in funzione di un dialogo rivolto all’esterno. Continuando il cammino, provenisse anche da un’altra città toscana, il viaggiatore non sarebbe in grado di leggere l’architettura di altre suddivisioni spaziali; eppure circolarmente orientate verso il “Campo” (Piazza del Campo), egli avrebbe attraversate senza dubbio anche le porte delle contrade.

Il Palio di Siena è forse la corsa equestre più famosa del mondo, nonchè una delle tradizioni più vive e sentite dai toscani. Vi raccontiamo la vera storia delle contrade di Siena

Nella topografia contradaiola le porte cittadine non rivestono infatti grande importanza, a differenza di altri limiti che l’architettura non esplicita ma che i senesi conoscono benissimo: i confini tra le diciassette contrade.

Ciò nonostante, proprio questa architettura di confine, invisibile ai visitatori, rivela molto riguardo al Palio di Siena: non una rievocazione ma una tradizione viva, non un evento turistico ma una festa vera che i senesi organizzano da sé e per sé; donando anche al nostro viaggiatore, proprio grazie a questa benevola indifferenza nei suoi confronti, la possibilità di conoscere una corsa unica, espressione della storia di una città e di un popolo con ancora un’anima.

La carriera

Feste popolari e manifestazioni ludiche, tali da coinvolgere significativamente gli abitanti delle città europee, trovano le prime attestazioni medievali in margine delle maggiori celebrazioni religiose.

Il Palio di Siena è forse la corsa equestre più famosa del mondo, nonchè una delle tradizioni più vive e sentite dai toscani. Vi raccontiamo la vera storia delle contrade di Siena

A Siena la più antica di queste memorie, risale al XII secolo e riguarda la primitiva corsa equestre, disputata in onore di san Bonifacio, titolare dell’antica cattedrale cittadina. Più preciso dal punto di vista cronologico, il ricordo dei cavalli che si lanciarono in gara nel settembre dell’anno 1200, a fianco della solenne offerta dei ceri a Maria Vergine, prefigurando il legame fondamentale tra il Palio e la Madonna, regina e patrona della città.

Il pallium

Occorre tuttavia attendere il 1310 perché i documenti leghino ufficialmente la “carriera” (corsa) alla festa dell’Assunzione di Maria (15 agosto) e perché effettivamente un pallium ovvero un drappo, presto tessuto in seta e foderato in preziosissime pellicce di vaio (una specie di scoiattolo della lontana Russia), venisse offerto come premio al vincitore. Erano questi i tempi del così detto “Palio alla lunga“, ovvero di una corsa che attraversava la città, disputato per altro, sebbene saltuariamente, fino al XIX secolo inoltrato. Nel 1371 l’arrivo fu posto in Piazza del Campo per la prima volta.

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Differenziava queste antiche corse dal Palio contemporaneo l’assenza delle contrade e spesso anche quella dei fantini. Le edizioni rinascimentali prevedettero la partenza di cavalli, talvolta montati e talaltra senza cavaliere; mentre mancando le contrade, i destrieri venivano portati in gara da cittadini senesi o da stranieri illustri. A Cesare Borgia, pare sia stato negato il drappo soltanto perché il suo cavallo giunse “scosso” e nel 1492, anno della scoperta dell’America, premiare i cavalli dei fantini caduti non era ancora consuetudine affermata. Andò meglio al pittore Giovanni Antonio Bazzi; senese d’adozione, detto il Sodoma, che riuscì ad aggiudicarsi il Palio del 1524 grazie a Morello, cavalcato da Mucciafrasche. Soltanto nel 1874 fu corso l’ultimo “Palio alla lunga”.

Le contrade

Secondo l’espressione ormai classica dello studioso Roberto Barzanti, le contrade ebbero origine come “vestito a festa” di quelle compagnie militari senesi, sotto i cui vessilli si organizzava il reclutamento, a base territoriale, della milizia popolare del comune medievale.

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Nelle società urbane dell’Italia bassomedievale, fortemente comunitarie, i legami di vicinato rivestivano infatti un’importanza fondamentale per qualunque cittadino, dando origine ad un continuo fermento associativo, di arti, confraternite, societas di varia natura e nel caso di Siena anche alle contrade.

Nel 1328 risultano così 20 contrade di Siena, 42 nel 1351 ed il loro numero continuò a variare fino al Settecento; per quanto già nel 1482 due di queste, la Chiocciola e la Giraffa, avessero organizzato un combattimento contro tori e bufali in Piazza del Campo.

Oggi le contrade che partecipano al Palio risultano in numero di 17, suddivise tra i tre terzi di Siena. Aquila, Chiocciola, Onda, Pantera, Selva e Tartuca si dividono l’antico Terzo di Città. Bruco, Drago, Giraffa, Istrice, Lupa e Oca afferiscono al Terzo di Camollia; mentre Civetta, Leocorno, Nicchio, Torre e Valdimonte hanno sede nel Terzo di San Martino.

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Il Campo

Fu quindi grazie alle contrade che Piazza del Campo divenne il luogo della festa per i senesi. Nel Cinquecento anche tutte e 42 le contrade condussero assieme un proprio toro nella piazza, servendosi di una sorta di carro allegorico, le cui fogge riproducevano l’emblema di un animale, dal quale molte contrade traggono ancora oggi la propria bandiera.

I primi festeggiamenti che le contrade organizzarono nel Campo appartennero pertanto al genere delle cacce, con i senesi impegnati soprattutto contro i tori, per quanto non mancassero a volte nemmeno altri animali selvatici come istrici, volpi e perfino orsi.

Volgendo verso il Seicento, gradualmente, le cacce vennero abbandonate e sostituite con le bufalate, corse di bufale cavalcate ed inseguite da una squadra di pungolatori che le spingeva nel senso opposto a quello percorso oggi dai cavalli attorno al “Campo“.

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Già nel corso del Seicento tuttavia, alcune edizioni prevedettero la corsa di asini o cavalli, i quali dopo che il 3 novembre 1650 la contrada della Chiocciola ebbe vinto l’ultima bufalata, divennero gli indiscussi protagonisti di un Palio ormai stabilmente “alla tonda“, ovvero corso attorno Piazza del Campo.

La principessa e il Palio moderno

Fu però nel Settecento che il Palio si stabilizzò secondo forme davvero simili a quelle attuali, allorché Violante Beatrice di Baviera, gran principessa di Toscana, vedova di Ferdinando Medici, assunse il governatorato di Siena.

La principessa permise ai magistrati della Balìa cittadina di approvare il nuovo regolamento del Palio, ancora in vigore dal 1721, procedendo poi ella stessa a redigere la Nuova Divisione dei Confini delle Contrade (1730), il cui numero fu fissato a 17, tra le quali dieci avrebbero corso il Palio; sette “di diritto“, poiché escluse dalla corsa precedente nella stessa data, e tre estratte a sorte tra quelle che avevano già gareggiato.

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Tra le 17, rischiata la soppressione, rientrò anche la contrada dell’Aquila, al cui ingresso in piazza, nel 1722, si erano opposti numerosi altri contradaioli, poiché gli aquilini non correvano da molti anni ed il loro territorio stava progressivamente scivolando nell’orbita delle contrade vicine. Soltanto la grande passione del conte Antonio Pecci che non mancò di intervenire presso la principessa Violante, riuscì a liberare di nuovo il volo del rapace.

Due volte il Palio

Per diversi secoli, le date di Palio, cacce e bufalate non furono fisse, specialmente fino a quando le diverse manifestazioni coesistettero assieme. A partire dalla metà del Seicento, quando i cavalli sostituirono definitivamente le bufale, il Palio andò stabilizzandosi nella data del 2 luglio. Nel 1701, invece, la contrada dell’Oca promosse il Palio del 16 agosto, ottenendo di “ricorrere” la corsa già vinta il mese antecedente. Così, sebbene non fosse disputato fin da subito ogni anno, lentamente anche il Palio del 16 agosto divenne tradizionale, ricorrendo per altro in una data nella quale spesso si erano svolte le bufalate e caricandosi dell’antica devozione all’Assunta.

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A ricordarci le origini della festa, entrambi i pali si svolgono del resto in occasione di importanti celebrazioni mariane. Quello del due luglio è il Palio dedicato alla Madonna di Provenzano, immagine miracolosa della Vergine, veneratissima a Siena a partire dalla conquista medicea della città (1555) e custodita nella Chiesa di Santa Maria in Provenzano, intitolata alla Visitazione di Maria; ovvero la visita della Vergine, da poco annunciatole il concepimento del figlio, presso la parente santa Elisabetta, prossima a dare alla luce Giovanni Battista.

Il Palio del 16 agosto segue invece la ricorrenza dell’Assunzione di Maria, ascesa al cielo in anima e corpo senza attendere il Giudizio.

Il Drappellone

Il “drappellone“, detto anche “cencio“, altro non è che il palio materialmente conquistato dal cavallo vincitore. Originariamente in seta foderato di vaio, pare che il palio sia stato dipinto per la prima volta nel 1657. Oggi la seta del palio di Provenzano viene dipinta da un maestro senese, mentre quella del palio dell’Assunta è affidata ad artisti internazionali, come Renato Guttuso o Fernando Botero. Il “drappellone” più antico che sia giunto fino a noi risale al 1719 e si conserva nel museo della Contrada dell’Aquila.

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Il Masgalano

Il Masgalano è invece il premio che spetta alla contrada, la cui “comparsa” ha meglio figurato nel corso della “passeggiata storica“, ovvero il corteo che precede il Palio. Già ai tempi delle cacce infatti, i contradaioli sfilavano accompagnando il loro toro e il loro carro, inscenando verso la fine del Cinquecento anche figure molto complesse. Il più antico Masgalano conservatosi fino ad oggi risale alla metà del Seicento, quando premiò la Contrada della Torre.

La tradizione di assegnare il Masgalano andò spegnendosi negli anni che seguirono al Bando di Violante di Baviera, forse adombrata dalle rinnovate attenzioni verso il Palio; eppure neanche questo trofeo, tradizionalmente consistente in un vassoio d’argento, andò dimenticato, poiché dal 1950 i senesi sono tornati ad assegnarlo. A partire dagli anni Ottanta anche la realizzazione del Masgalano è stata affidata ad artisti di fama che gli hanno donato forme tendenti a quelle di una scultura.

Il Palio di Siena è forse la corsa equestre più famosa del mondo, nonchè una delle tradizioni più vive e sentite dai toscani. Vi raccontiamo la vera storia delle contrade di Siena

Superi così il nostro viaggiatore i confini invisibili delle contrade; Siena gli si mostrerà improvvisa nel suo spirito ardente, una volta che sia giunto sul “Campo” per i giorni del Palio. Nei giorni di un’esperienza unica, ammirerà ciò che già ammirarono imperatori, Carlo V d’occidente o Giovanni Paleologo d’oriente, papi, principi de’ Medici e di Lorena; incontrerà come riuniti, fuori dal tempo, stretti idealmente assieme, tutti i senesi che nei secoli vissero e vivono in Siena.

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