La storia dei vini Supertuscan: dalla prima bottiglia di Vigorello fino all’attualità, vi raccontiamo l’evoluzione di questi grandi vini

Supertuscan: vini ribelli a ogni regola, ma dal grande potenziale commerciale

I Supertuscan erano già di moda nel 1996, quando Angelo Gaja, grande viticoltore piemontese, acquistò un vigneto nella Maremma Toscana: Ca’ Marcanda. Operazione che confermava la nuova prospettiva commerciale, soprattutto verso l’estero, dei vitigni internazionali come i Cabernet o il Merlot.

In Toscana, negli anni Novanta, i Supertuscan rubarono la scena a vini tipici come Chianti Classico o Brunello di Montalcino. Era un periodo in cui non si parlava d’altro che di questi vini dal taglio bordolese e di barrique. Era il “nuovo che avanza”, senza regole e senza sponsor, vini ribelli, privi di regolamentazione, commercializzati semplicemente come “Vino da Tavola”, a differenza dei DOC o DOCG che godevano di certificazioni istituzionali.

Bicchiere di vino rosso nelle vigne

Non mancarono tuttavia tensioni e pressioni di vario genere

Non mancò tuttavia la tensione tra i produttori tradizionali e i nuovi arrivati. Giusto a titolo d’esempio, ricordiamo lo scandalo del Brunello di Montalcino, quando alcuni produttori tagliarono il Sangiovese con varietà di uve non permesse dal disciplinare, per ottenere aromi più vicini ai nuovi gusti dettati dal movimento Supertuscan. Ma anche la pressione dei produttori toscani sulle istituzioni cresceva: si chiedeva di poter coltivare Cabernet Sauvignon, Franc, Merlot e altri vitigni internazionali, ed essere liberi di mischiarli col tradizionale Sangiovese per ottenere nuovi assemblaggi che rispondessero alle esigenze del mercato.

Ma dove tutto ebbe inizio? Scoprilo a pagina 2

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Scrittore & Ambassador of Tuscany
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