10 Gennaio 2020 2024-06-05T18:26:07+02:00 L’Arte del Cambio: quando Firenze era la capitale finanziaria d’Europa TuscanyPeople Vieri Tommasi Candidi Share: Le Arti dei Mestieri nascono a Firenze nel Medioevo per riunire in corporazioni gli appartenenti ad una stessa categoria professionale, difenderne gli interessi e perseguire scopi comuni. La più importante delle sette Arti Maggiori fiorentine, l’Arte del Cambio, nacque all’incirca nel 1202, staccandosi dall’Arte dei Mercatanti o di Calimala. L’Arte del Cambio: quando Firenze era la capitale finanziaria d’Europa L’Arte del Cambio si strutturava in 6 Consoli, due per ciascuno dei distretti del Mercato Vecchio, e uno per ciascuno dei distretti dell’Oltrarno e di Orsanmichele. L’Arte del Cambio riuniva i cambiavalute, l’attività con più adepti, oltre a coloro che praticavano il deposito e il credito locale ed estero, e infine i commercianti di pietre preziose. I soci della corporazione erano i “magistri”, a cui seguivano gli apprendisti, tirocinanti dai 4 ai 10 anni, e per ultimi i sensali, i più numerosi, che operavano nelle campagne. La nascita del fiorino Nel XIII secolo il sistema monetario fiorentino si fondava su quello europeo, la cui monetazione argentea risaliva a Carlo Magno. L’unità di conto era il “soldo d’argento” coi suoi multipli. In Toscana circolava il “grosso d’argento veneziano” coniato a Pisa e Lucca, del valore di 4 denari. Nel 1252 si decise però di battere moneta propria, così nacque il “fiorino d’oro”, del peso di 3,53 grammi. Sulla parte anteriore risaltava il Giglio di Firenze e la scritta “Flor”, mentre su quella posteriore campeggiava l’immagine di San Giovanni Battista, santo protettore della città. Il sistema monetario fiorentino nel Medioevo La prima sede della Zecca fu a Palazzo Vecchio, dove il torrente Scheraggio costituiva la forza motrice per i magli. Poi, con la costruzione della terza cinta di mura, la Zecca si trasferì nella torre terminale di San Francesco (oggi torre della Zecca Vecchia) vicino all’Arno, che andò a sostituire la forza motrice del torrente. L’ultima sede fu alla Fortezza da Basso (Zecca Nuova). Si sceglievano gli zecchieri di volta in volta fra gli iscritti alle Arti del Cambio e dei Mercatanti. Questi usavano apporre, in piccolo, il loro stemma e l’iniziale del nome sulla moneta sotto la mano destra dell’immagine del Battista e, dopo il “saggio”, scrivevano nel “registro fiorinaio” il numero delle monete battute, il peso, il loro nome e stemma. Il sistema monetario era calcolato in base 12, per cui occorrevano 12 denari per 1 soldo e 20 soldi per 1 fiorino: un fiorino d’oro corrispondeva a 20 soldi e 240 denari in oro. Un fiorino d’argento corrispondeva a 20 soldi e 240 piccioli in argento. 👉 Leggi anche: Le Corporazioni di Arti e Mestieri: la nascita della grandezza di Firenze Il fiorino si diffonde in Europa Se dapprima il fiorino suscitò un po’ di diffidenza, ben presto, grazie anche all’abilità creditizia dei fiorentini, si affermò non solo in Italia ma addirittura in Europa come moneta di riferimento per tutte le transazioni. Uno dei fattori che contribuiva a renderlo così solido e affidabile era che riusciva a mantenere il suo peso originario, il quale subiva un costante controllo per evitare che il bordo fosse limato in modo da ricavarne un po’ di polvere d’oro (pratica truffaldina detta “calia”). La figura di San Giovanni Battista garantiva il valore del peso e della purezza dell’oro, da cui il famoso detto fiorentino: “San Giovanni un vole inganni”. Qualsivoglia falsificazione della moneta causava dure punizioni. La giustizia colpiva i falsari che venivano tradotti nel palazzo del Bargello e sottoposti al giudizio del Capitano del Popolo, il quale non di rado comminava pene severissime che arrivavano fino al taglio della mano destra. Cambio della moneta e lettere di cambio I cambiatori operavano in genere presso il mercato. Seduti davanti al banco con la borsa (scarsella) appesa al collo, annotavano quotidianamente le transazioni su un apposito registro. Per loro, tuttavia, il maggior guadagno non derivava dal cambio delle valute, ma dai prestiti a interesse e dal trasferimento dei denari fuori da Firenze, tramite le “lettere di cambio”. Simile a un assegno al portatore o a una cambiale, bastava esibire da qualsiasi parte la lettera di cambio e questa permetteva di ritirare la somma corrispondente anche all’estero, consentendo inoltre ai possessori di viaggiare e inviare il denaro in sicurezza, e di trasferire anche ingenti cifre con maggior velocità. I fiorentini divennero ineguagliabili per la loro affidabilità e professionalità, acquisendo notevole prestigio in tutta Europa e superando la concorrenza dei “lombardi“, termine col quale si designavano per antonomasia i cambiatori italiani all’estero. Arte del Cambio: i più importanti Banchi monetari Del Banco dei Medici e della loro fortuna costruita riscuotendo le decime del Vaticano abbiamo raccontato nell’articolo sull’ascesa econimica-politica della dinastia fiorentina (sotto il link). Ma anche importanti sovrani si appoggiarono finanziariamente ai banchieri fiorentini, non sempre, purtroppo, onorando i loro debiti: nel 1346 il re Edoardo III d’Inghilterra non restituì ai Banchi dei Bardi e dei Peruzzi un enorme cifra presa in prestito 7 anni prima, trascinando nella rovina anche molti dei correntisti dell’epoca. Perfino la Repubblica, nella seconda parte del Trecento, per via della peste del 1348 e delle lunghe campagne militari intraprese, dovette rivolgersi ai banchieri privati dell’Arte del Cambio per risanare le esigue casse dello Stato. 👉 Leggi anche: Storia dei Medici: l’ascesa economico-politica Tra i noti cambiatori dell’epoca si ricordano Folco Portinari, padre della Beatrice dantesca, che, pur benefattore della città (a lui si deve l’Ospedale di Santa Maria Nuova), lucrava sui prestiti a interesse; Vieri de’ Medici, eletto 7 volte Console dell’Arte; Cosimo il Vecchio, oltre alla famosa famiglia degli Strozzi. La fine dell’Arte del Cambio Dal 1352 l’Arte del Cambio trovò la sua sede in Piazza della Signoria, sotto la cosiddetta Loggia dei Pisani (wikipedia), demolita nell’Ottocento durante il periodo di Firenze capitale. Dopo secoli di prestigio e ricchezza, nel 1530 la corporazione subì un gravissimo danno a causa dell’assedio di Firenze da parte di Carlo V. Per far fronte alla guerra la Repubblica ne confiscò i beni e quel che rimase andò a finanziare le forti spese per la costruzione degli Uffizi. La decadenza dell’Arte divenne inarrestabile, finché nel 1770 il granduca Pietro Leopoldo di Lorena la soppresse del tutto. Hai anche tu una storia da raccontare sull’arte del cambio? Scrivici. 📍PER APPROFONDIRE: 👉 Storia dei Medici: dalle origini all’estinzione della casata 👉 Palazzo Vecchio: dal Palagio Novo a Comune di Firenze 👉 Arte della seta fiorentina: il fil rouge dai guelfi ai nostri giorni Hai un’attività in Toscana ma i clienti “non cambiano”? Scrivici Riproduzione Riservata © Copyright TuscanyPeople Share: Informazioni sull'autoreVieri Tommasi CandidiScrittore & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/antica-arte-del-cambio-firenze/" width="100%" count="on" num="3"]