19 Gennaio 2017 2017-01-24T15:25:42+01:00 Arte della seta fiorentina: il fil rouge dai guelfi ai nostri giorni TuscanyPeople Alessio Mariani Share: L’arte della seta fiorentina ha una tradizione antichissima che nasce a metà del Trecento, intrecciandosi tra le trame di quella che fu una delle guerre più accese della storia medievale: la lotta tra guelfi bianchi e guelfi neri. Arte della Seta fiorentina, intrecci di trame nella storia 1 Febbraio 1461, Quartiere di Santo Spirito, Gonfalone del Drago. E’ mattino presto, la luce ancora scarsa ma Domenico di Michele, tessitore fiorentino di velluto broccato, e la moglie Mea sono già attorno al telaio, con il figlioletto Marco appollaiato sulla parte più alta del macchinario, dove è già abilissimo a tirare i fili. Nonostante siano una famiglia benestante, proprietari di diversi telai e ospiti di apprendisti, i di Michele tengono molto a che Marco impari: è un momento d’oro per la seta fiorentina. Nessuno quasi ricorda più dell’antica Arte di Por Santa Maria che sebbene raccolga ancora una moltitudine di mestieri differenti, berrettai, orafi, materassai, armaioli, da molto tempo è conosciuta semplicemente come Arte della Seta. Sono infatti i setaioli a controllare davvero l’arte; setaioli come Andrea Banchi, per la cui compagnia commerciale lavorano i di Michele. I colori della seta Quella dei Banchi è una tra le compagnie più importanti della città e sebbene il suo nome non sia prestigioso come quello dei setaioli Bardi, Antinori o del Giocondo, consegue ottimi guadagni, tramite una direzione attenta di tutto il processo produttivo. Il maggior valore della seta fiorentina viene importato dalle città sul Mar Caspio, Asterabad, Lahidjan, Talich; più luminosa della seta spagnola ed ancora agli albori la sericoltura toscana, confinata alla Val di Nievole. Così una volta che i setaioli hanno fatto giungere i fili di seta greggia a Firenze, i tintori li bollono in acqua assieme ad un sapone speciale, composto da lardo e lisciva, quindi risciacquano e mettevano ad asciugare. Infine, in queste stesse botteghe, situate per la maggior parte nei pressi dell’attuale Piazza Mentana, i sapienti artigiani si dedicano a quei procedimenti in grado di sposare l’intensità del colore alla delicatezza della seta; l’azzurro dal guado e dall’indaco, il rosso dal verzino e dalla robbia, il nero dalle noci di galla. Per il rosso cremisi occorreva invece il colorante più costoso, il chermes, ottenuto essiccando il corpo di un piccolo parassita di querce e lecci, importato dalla Spagna o dall’Oriente. Soltanto, una volta colorati, i fili potevano essere avvolti sui rocchetti e consegnati agli orditori che preparava gli orditi destinati alla tessitura. Tessere la seta A differenza degli orditori che sapevano preparare gli orditi per i più diversi tipi di tessuto, i tessitori erano altamente specializzati; ad ogni foggia di seta, zendado, taffettà, broccato, corrispondevano infatti differenti telai ed i tessitori non potevano passare da uno ad un altro senza perdere rapidità e qualità. Domenico e Mea erano i più bravi tra quelli che tessevano per Andrea Banchi. Per lo stesso numero di braccia di tessuto, Mea veniva pagata meno del marito, eppure l’ingiustizia non sembrava affliggerla, forse perché le piccole spese di lusso che il bilancio familiare poteva permettersi erano destinate a lei; naturalmente si trattava di sete. Non abbastanza da farne un vestito intero ma periodicamente Domenico comprava dal suo datore di lavoro, abbastanza seta per realizzarne delle maniche o dei nastri. Sebbene una buona metà delle famiglie dei tessitori, pur riuscendo a vivere decorosamente, era più vicina all’essere poveri che benestanti, Domenico di Michele, il più bravo e il più pagato dal Banchi, riusciva a guadagnare oltre 150 fiorini annui, ovvero più di un direttore di filiale della Banca Medici, pure detratte innanzi le tasse dovute all’Arte necessarie per il mantenimento degli orfani dello Spedale degl’Innocenti, fatto edificare dall’Arte della Seta, e per il fondo riservato ai tessitori indigenti. Fili d’argento e d’oro Oltre che gli orditi di seta colorati c’era però anche un’altra materia prima importante, necessaria per i tessuti più pregiati, il filato d’oro, ovvero i fili doro e d’argento; anticamente articoli di importazione ricercati, nel Quattrocento venivano realizzati anche da abili artigiani fiorentini: i battilori. Per creare questi fili preziosi, i battilori avevano bisogno innanzi tutto di un filo di seta giallo o bianco, a seconda che intendessero realizzare un filo dorato o argenteo e si procuravano il metallo prezioso fondendo direttamente le monete. Nel Trecento, i primi battilori fiorentini rivestivano la seta di un leggerissimo strato di interiora animali quindi di metallo prezioso, mentre soltanto nel secolo successivo riuscirono a fare aderire il metallo direttamente sul filo serico. Buona parte delle compagnie dei battilori erano proprietà dei setaioli stessi, sebbene anche le religiose delle Murate fossero dei battilori abilissimi e molti commissionavano loro il filo. Un’origine lucchese Tra le storie che Mea e Domenico raccontano più spesso al figlioletto doveva esserci certamente quella dell’origine dell’Arte della seta a Firenze. Un’origine che non rimanda alla lontana Cina, ma alla vicina Lucca. All’inizio del Trecento infatti, i setaioli fiorentini erano pochi e niente affatto ricchi come sarebbero diventati perché i segreti dei migliori tessuti serici erano gelosamente conservati nella laguna veneta e tra le mura di Lucca. Le cose cambiarono nel 1314 quando Uguccione della Faggiola, signore di Pisa, riuscì a sottomettere l’acerrima nemica Lucca e ad imporle il governo ghibellino di Castruccio Castracani; l’esodo dei guelfi neri lucchesi fu conseguenza importante del rivolgimento che disperse in diverse città italiane le conoscenze tecniche dell’arte della seta lucchese. Firenze fu tra le mete preferite degli esuli, cacciati i guelfi bianchi tra i quali Dante Alighieri, era dominata dai neri e si affrettò ad esentare dalle tasse, per 10 anni, tutti i setaioli lucchesi che avessero voluto trasferire la loro attività in riva all’Arno. Pare che non arrivarono più di 60 persone, ma il bagaglio di conoscenze fu sufficiente a trasformare la seta fiorentina da produzione rivolta al mercato locale in articolo di lusso, esportato in tutta Europa e nel Mediterraneo. Le sete fiorentine nel mondo In Italia i tessuti fiorentini furono inviati soprattutto a Siena, Roma, Mantova e Napoli, in Europa, dalla fine del XIV, spiccò il mercato del Regno di Aragona e molte compagnie commerciali fiorentine mantenevano un loro agente in città come Barcellona, Valencia e Palma. Ginevra, le cui fiere avevano visto scorrere fiumi di seta fiorentina, cadde in disgrazia nel 1465, quando il re di Francia e la città di Lione concessero sostanziose esenzioni ai mercati che vi avessero trasferito i propri interessi ed i setaioli fiorentini lo fecero. Il più grande affare a cavallo della Manica fu però concluso dalle filiali del Banco Medici di Londra e Bruges, quando abilissime antenate del wedding planning, riuscirono ad “offrire” al duca Carlo il Calvo di Borgogna, la seta necessaria al suo matrimonio con Margherita di York, sorella di Edoardo IV, celebrato nel 1468. Si trattò del definitivo coronamento dello sforzo iniziato già tempo addietro, con il duca Filippo il Buono, per strappare la casa di Borgogna ai setaioli lucchesi che persero così il loro cliente più importante. Come è già facile intuire le sete fiorentine trovarono infine un ottimo mercato anche a Londra, ed oltre un diverso mare, nei porti di Alessandria d’Egitto, Beirut e Costantinopoli. No, erede di una simile storia, non stupisce che la pianta della seta fiorentina sia potuta giungere fino a noi, offrendo a Firenze, ancora, bellissimi fiori ricamati. Fondazione Arte della Seta Lisio La Fondazione Arte della Seta Lisio è oggi soprattutto tre cose: restauro, scuola e manifattura d’eccellenza. Nel restauro è storica l’impresa della perfetta riproduzione del velluto settecentesco che adornava la camera reale della reggia di Wilanów in Polonia; lavoro di un singolo maestro tessitore fiorentino, dall’abilità degna della Versailles polacca: due anni e mezzo al telaio per ottanta metri di tessuto. Tra le produzioni di qualità non possiamo infine fare a meno di ricordare il velluto Mercurio che come l’abito di Mercurio della Primavera del Botticelli si adorna del Broncone mediceo avvolto dalle fiamme. Antico Setificio Fiorentino Così se anche oggi l’istituzione medievale dell’Arte della Seta non esiste più, abolita dal granduca Pietro Leopoldo nel 1770; i drappi dell’Antico Setificio Fiorentino mostrano come l’antico filo non abbia conosciuto fratture. La fondazione dell’Antico Setificio risale infatti alla metà del Settecento, quando famiglie come Guicciardini, Della Gherardesca, Pucci e Corsini, riunirono telai, tradizioni e competenze per tessere seta. I primi tessuti furono destinati all’uso dei fondatori, ma neanche le commissioni prestigiose tardarono. In questo modo, da San Frediano le sete dell’Antico Setificio raggiunsero Palazzo Pitti, il corredo nuziale di Maria José di Savoia, i palazzi reali di Danimarca perché gli antichi telai, uno dei quali realizzato su disegno di Leonardo da Vinci, mai si sono fermati ed ancora lavorano per clienti prestigiosi di tutto il mondo. Clienti che non abbiamo dubbi, saranno felici di ringraziare la pazienza di Domenico e Mea come di ininterrotte generazioni di tessitori fiorentini; dei quali, ci auguriamo, in compagnia dei lettori di TuscanyPeople è stato emozionante ripercorrere, almeno in parte, l’antica storia. Photo Credit by “Fondazione Arte della seta Lisio” Share: Informazioni sull'autoreAlessio MarianiBlogger & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/arte-della-seta-fiorentina/" width="100%" count="on" num="3"]