La più antica delle 7 Arti Maggiori delle corporazioni medievali dei mestieri – ovvero quelle che oggi chiameremmo “associazioni di categoria”- è l’Arte dei Calimala o dei Mercatanti, di cui si ha traccia già dal 1182.

Arte di Calimala: la più antica delle 7 Arti Maggiori

L’Arte di Calimala, o dei Mercatanti fu la prima e la più antica tra le sette Arti Maggiori, tanto che si hanno certezze sulla sua esistenza fin dal 1182. Il nome proviene dalla via fiorentina in cui si trovava la sede: via Calimala.

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Da dove proviene il nome “Calimala”

Secondo alcuni storici deriva dal latino “callis malus”, strada malsana, mentre lo storico cittadino Dino Compagni propende per il greco “kalos mallos”: bella lana. Il professor Franco Cardini, al contrario, sostiene che il nome proverrebbe da “calle maia”, strada maggiore, corrispondente all’antico “cardo maximus”, la strada principale che, nel centro di Firenze, parte da piazza del Mercato Vecchio e giunge all’Arno.

La sede dell’Arte dei Mercanti

Nei pressi si trova via “Calimaruzza”, dov’erano i “fóndachi” (magazzini) dell’Arte , chiamata anche “Calimala Francesca”, dato che la lana proveniva dai mercati e dalle fiere francesi. In seguito si chiamò “Calimala vecchia” per distinguerla dall’altra.

La prima sede fu, fin dall’anno 1237, in una casa della famiglia Cavalcanti posta in Mercato Nuovo. Quindi, nel Trecento, venne trasferita nella vicina “Calimaruzza”, al Canto al Diamante, fra l’odierna via Calzaiuoli e via Porta Rossa.

La targa di Via dei Calzaiuoli a Firenze

Come era organizzata l’Arte dei Mercanti o Arte di Calimala

I mercanti fiorentini frequentavano le fiere in Francia e in Inghilterra, acquistavano la merce e la stivavano nei loro alloggi prima di spedirla a Firenze. Le pezze comprate venivano misurate e marchiate col simbolo dell’Arte di Calimala – aquila d’oro sopra a un rotolo di stoffa – con l’indicazione della provenienza, il prezzo e il nome del fabbricante.

Officiali di Drapperia

Gli “Officiali di Drapperia” si occupavano della spedizione a Firenze. Per il trasporto le stoffe venivano piegate, arrotolate e legate con la corda: il pacco che ne derivava si chiamava “torsello”. La merce arrivava al porto di Marsiglia e veniva imbarcata con destinazione Genova o Pisa. Da lì proseguiva via terra, a dorso di mulo, con tutti i rischi in cui poteva incorrere durante il viaggio: rapine, perdita del carico per il maltempo o per l’attraversamento di fiumi, ecc.

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Mercanti residenti all’estero

I mercanti residenti all’estero, oltre ad acquistare le pezze di lana grezza, compravano anche merci locali, come perle, corallo, oro, argento e seta per poterle rivendere a Firenze. Le pezze giunte in città venivano poi raffinate, con la cardatura, la cimatura e la tintura. Si vendeva quindi il prodotto per la lavorazione finale in Italia e all’estero, nei mercati e nelle fiere annuali, e in Oriente. Nel caso si trovassero prodotti artefatti si procedeva alla distruzione e il possessore veniva multato.

Vagellai

Durante la tintura delle pezze, i “vagellai” (tintori) erano tenuti a rispettare le norme statutarie, tra cui si stabiliva che dovessero lavorare esclusivamente per l’Arte di Calimala. Il lavoro finito doveva essere privo di macchie o imperfezioni, pena il pagamento del danno. Il rosso, che serviva per confezionare il “lucco”, la veste dei magistrati, era anche il colore più usato.

La vendita delle stoffe

Per la vendita della stoffa si creò un’apposita misura detta “canna di Calimala”: una verga di metallo lunga quattro braccia fiorentine – circa 2,33 mt -, con dei sottomultipli da mezza canna, un quarto, e un ottavo. La “canna” veniva controllata e bollata una volta all’anno dai Consoli, presso gli utenti. La misura in seguito fu adottata dal Comune di Firenze, e nei mercati esteri.

La vendita era severamente sorvegliata. Si stendeva sul bancone la stoffa, che non doveva essere tirata o toccata con le mani, si poggiava “la canna” su di essa, si faceva una piega alla misura richiesta, e si procedeva al taglio.

Figurante nel corteo storico fiorentino

Il primo fondo pensionistico della storia legato all’Arte di Calimala

I membri della Corporazione si riunivano insieme ai Consoli per discutere di qualsiasi problema. I Consoli dovevano assistere i soci dell’Arte, specialmente nella riscossione di crediti da insolventi, inviando i messi in Italia o all’estero a spese della corporazione.

Contrariamente alle disposizioni del Comune di Firenze, chi desiderava iscriversi all’Arte di Calimala, oltre a pagare una tassa, doveva sostenere un esame sulle proprie qualità morali.
Fu la prima arte a istituire una sorta di fondo pensionistico per i soci con un’anzianità lavorativa di 16 anni.

L’importanza dell’Arte dei Mercanti per Firenze

L’importanza dell’Arte di Calimala era riconosciuta da tutti, al punto che all’istituzione del Magistrato della Zecca, nato per vigilare sul conio delle monete, venne deciso di assegnare una metà di cittadini iscritti ai Mercanti e l’altra metà agli iscritti dell’Arte del Cambio.
All’Arte furono iscritti i nomi delle più importanti famiglie fiorentine: Strozzi, Pitti, Pucci, Uguccioni, Albizzi e molte altre.

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Fu tanta la fama acquisita dai Mercanti di Calimala, che nel 1150 gli si affidò l’amministrazione dell’Opera della chiesa di San Giovanni Battista. Dal 1192, dell’Ospedale dei Lebbrosi di Sant’Eusebio, della chiesa di San Miniato al Monte e, con provvisione della Repubblica, l’amministrazione del patrimonio dei frati minori di Santa Croce, dell’Ospedale di San Bonifazio, e di San Giovanni Battista.

L’Arte di Calimala, insieme a quelle più ricche, contribuì a sostenere imprese belliche di Firenze: durante la guerra del 1323 contro Castruccio Castracani degli Antelminelli armò a proprie spese 200 fanti che combatterono sotto l’insegna dell’Aquila d’oro simbolo dell’Arte.

Anche quest’arte, come tutte le altre, venne soppressa dal Granduca Pietro Leopoldo e fatta confluire nella Camera di Commercio.

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San Giovanni patrono dell’Arte di Calimala e di Firenze

Il Santo protettore dell’Arte di Calimala era San Giovanni Battista, Patrono della città di Firenze, in onore del quale si organizzavano i festeggiamenti ogni anno, il 24 giugno. La lunga festa durava, in gran pompa, diverse settimane. Le città alleate o sottomesse partecipavano alla festa portando il loro contributo con vari tipi di omaggi.

Ancora oggi nel Corteo della Repubblica Fiorentina l’Arte di Calimala sfila con le altre Arti Maggiori. Il bandieraio indossa un giubbone di panno rosso bordato di giallo, e maniche gialle trinciate di rosso. Sulla parte sinistra porta un ovale rappresentante il simbolo dell’Arte: al centro del campo rosso un’aquila d’oro ad ali spiegate artigliante un torsello bianco di Mercanzia. La berretta è piumata giallo-rosso, la calzamaglia metà rossa e metà gialla, le scarpe marroni a piè d’orso.

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