Masaccio, pur nella sua breve vita, fu uno dei grandi iniziatori e artefici (insieme a Brunelleschi e Donatello) del Rinascimento fiorentino. Bernard Berenson, uno dei maggiori storici dell’arte specializzati in arte rinascimentale, lo definisce: “Giotto rinato, che ripiglia il lavoro al punto dove la morte lo fermò”.

 

Masaccio: il “Giotto rinato” artefice del Rinascimento fiorentino

Il pittore Masaccio è considerato, uno dei massimi esponenti del Rinascimento fiorentino.

Seguendo la sua nuova rigorosa visione della pittura rifiutò gli eccessi decorativi e l’artificiosità dello stile allora dominante, il gotico internazionale. A partire dalla sintesi volumetrica di Giotto, riletta attraverso la costruzione prospettica brunelleschiana e la forza plastica della statuaria donatelliana, inserì le sue “figure vivissime e con bella prontezza a la similitudine del vero” (Vasari) in architetture e paesaggi credibili, modellandole attraverso il metodo del chiaroscuro. Bernard Berenson lo definisce: “Giotto rinato, che ripiglia il lavoro al punto dove la morte lo fermò”.

La Cappella Brancacci a Firenze è la sede dei famosi affreschi di Masaccio e Masolino

Chi era Masaccio?

Tommaso Cassai di Ser Giovanni di Mone, detto “Masaccio”, nacque a San Giovanni in Altura, oggi San Giovanni Valdarno, il 21 Dicembre 1401, da Giovanni di Mone Cassai, notaio di professione, e da monna Jacopa di Martinozzo.
Tommaso, rimasto orfano di padre nel 1406, a soli 5 anni, trascorse l’infanzia e la giovinezza a San Giovanni in Altura.

Masaccio, il nomignolo di un grande artista

 

Il soprannome di Masaccio non è dovuto al fatto che fosse una persona cattiva o viziosa ma, come ci spiega il Vasari nelle “Vite”, per la grande trascuratezza che egli aveva per le cose del mondo e per sé stesso, perso completamente nell’arte:

Fu persona astrattissima e molto a caso, come quello che, avendo fisso tutto l’animo e la volontà alle cose dell’arte sola, si curava poco di sé e manco d’altrui. E perché e’ non volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro al vestire stesso, non costumando riscuotere i danari da’ suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, per Tommaso che era il suo nome, fu da tutti detto Masaccio. Non già perché e’ fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta straccurataggine.

La Cappella Brancacci a Firenze è la sede dei famosi affreschi di Masaccio e Masolino

Il trasferimento a Firenze

La madre si risposò a uno speziale molto più anziano di lei, un vedovo benestante che avrebbe garantito a tutta la famiglia una vita agiata. Masaccio abitò a San Giovanni in Altura fino al 1417 quando, con la madre rimasta nuovamente vedova e con il fratello Giovanni, detto lo Scheggia (anche lui sarebbe stato valente pittore), si trasferì a Firenze dove si impiegò presso una bottega d’Arte pittorica (forse quella di Bicci di Lorenzo, di sicuro non quella di Masolino ormai smentita dalla critica), insieme a Brunelleschi e Donatello.

Nel gennaio del 1422 Masaccio si iscrive all’Arte dei Medici e degli Speziali, iniziando così la sua attività di pittore autonomo. Questo dimostra anche una sicurezza nelle proprie capacità professionali, oltre a entrate economiche tali da poter far fronte alle gravose tasse associative richieste dalla corporazione. Altri pittori, per lo stesso motivo, tendevano a rimandare l’iscrizione, come fece forse lo stesso Masolino che si registrò soltanto nel 1423.

Sempre nel 1422, a Firenze, in occasione dei festeggiamenti per la consacrazione della chiesa del Carmine, Masaccio realizzò un grande affresco, distrutto quasi totalmente nel 1600: dai frammenti rimasti s’intuisce il clima festoso e la presenza alla cerimonia di grandi personaggi noti, come Donatello, Brunelleschi e Vasari.

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Antichi stemmi sul cornicione di Palazzo Vecchio a Firenze

La pittura di Masaccio

Masaccio fu tra i primi a rendersi conto del senso della prospettiva di Brunelleschi e della profonda umanità di Donatello, tanto che nelle sue opere fece un uso sapiente della prospettiva e conferì un forte rilievo alle figure modellandole con la luce, esattamente come nella realtà.

La sua fu un’arte spoglia di ornamenti ma ricca di contenuti morali. Dobbiamo infatti tenere sempre ben presente che la pittura, nei primi anni del ‘400, si poggiava ancora sui fondamenti dello stile tardo gotico, molto apprezzato dalla grande committenza nobile ed ecclesiale, mentre Masaccio, con Brunelleschi e Donatello, innova tutto facendosi traghettatore verso il rivoluzionario stile del Rinascimento fiorentino.

Florence holiday home

La Cappella Brancacci: il capolavoro di Masaccio e Masolino

Nel 1423 Masaccio, insieme al collega e amico Brunelleschi, si reca alla volta di Roma come pellegrino per il Giubileo, e al ritorno a Firenze s’impegna con Masolino da Panicale nella decorazione della Cappella Brancacci, nella chiesa del Carmine.

I due pittori lavorarono separatamente a scene diverse, pianificando in modo accurato i loro interventi in modo da poter operare allo stesso tempo senza disturbarsi a vicenda e riuscire a mantenere una certa armonia nell’affresco. A Masaccio sono stati attribuiti gli affreschi “Grido della cacciata dei progenitori” e le “Storie di S.Pietro“: tra i personaggi de “La Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in trono”, il pittore ha lasciato il suo autoritratto.

La Cappella Brancacci, i cui lavori furono sospesi per disavventure politiche della famiglia committente, venne completata nel 1480 da Filippino Lippi, allievo di Masaccio. Nel 1425 Masolino partì per una commessa in Ungheria. Masaccio accolse la direzione dei lavori alla Cappella, ma anche lui, nel 1426, passò parte dell’onere ai suoi assistenti dopo aver accettato una ricca commessa da ser Giuliano di Colino degli Scalzi da San Giusto per dipingere un polittico per la sua cappella in Santa Maria del Carmine a Pisa.

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La Cappella Brancacci a Firenze è la sede dei famosi affreschi di Masaccio e Masolino

La prematura morte di Masaccio

Nel 1427 Masaccio viveva ancora con la famiglia, la madre Jacopa e il fratello Giovanni, detto lo Scheggia, ma di questo periodo si conosce ben poco.

Nel 1428 Masaccio si reca nuovamente a Roma per una commissione e lì muore giovanissimo, in circostanze poco chiare: chi parla di tonsillite, chi di una malattia ereditaria, chi di un agguato di banditi di cui sarebbe rimasto vittima, chi, come il Vasari, di avvelenamento per invidia.

Solo nel 1443 Masaccio fu sepolto senza tomba, a Firenze, nella chiesa del Carmine. In seguito venne tuttavia apposto un epigramma in latino di Fabio Segni e uno in italiano di Annibale Caro:

Pinsi, e la mia pittura al ver fu pari;
l’atteggiai, l’avvivai, le diedi il moto,
le diedi affetto; insegni il Buonarroto
a tutti gli altri, e da me solo impari

Lo stile del pittore venne infatti ripreso in seguito da Michelangelo.

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