Le Alpi Apune, chiamate in passato i Monti della Luna, sono le impervie montagne nel nord della Toscana a ridosso della costa versiliese, dove da secoli si estrae il pregiato marmo bianco conosciuto in tutto il mondo.

 

Alpi Apuane, i bianchi Monti della Luna

Catena montuosa della Toscana settentrionale che sfiora i 2000 metri di altitudine, a pochi chilometri dal Mar Ligure, tra la Lunigiana, la Garfagnana e la Versilia, le Alpi Apuane si distinguono dal vicino Appennino per i loro profili aspri e i loro versanti ripidi. Il nome deriva della popolazione di stirpe ligure, i liguri apuani, che le abitavano nell’epoca dell’Italia preromana.

Strabone li chiamava Lunae montes, “monti della luna”, Dante, “Monti di Luni“, antica città romana in provincia di La Spezia, Gabriele d’Annunzio, “Alpe di Luni“.

Panorama delle Alpi Apuane con vista fino al mare

Perché le Alpi Apuane si chiamano Alpi?

“Alpi” è un appellativo spesso usato per descrivere montagne difficili da scalare. Felice Giordano, nel 1868, durante una delle prime adunate del Club Alpino Italiano a Firenze, disse: “Il nome di Alpi sta bene invero a questa giogaia che proietta nel cielo un profilo scabro, straziato e irto di picchi alti”.

L’estrazione del marmo sulle Apuane

Estese su una superficie di circa 1000 chilometri quadrati, le Alpi Apuane sono indissolubilmente legate da 2000 anni all’estrazione del marmo. Oggi una buona parte del territorio è inserito nell’omonimo parco regionale nato nel 1985. Le 170 cave presenti occupano circa il 5% dell’area. Tutto il resto è composto da boschi, praterie, grotte e pinnacoli da cui si domina il mare.

Parliamo del bacino marmifero più grande al mondo. Le Apuane sono infatti enormi bancate di rocce carbonatiche (calcari e dolomie), originatesi in fondo al mare, emerse per effetto di complessi sconvolgimenti geologici, e trasformate in marmi purissimi proiettati verso il cielo. Michelangelo, Canova e Moore, abituali frequentatori di queste cave, le hanno eternate nella magnificenza delle loro opere, tanto che da migliaia di anni il loro splendido marmo abbellisce strade, piazze, musei e chiese.

Il borgo toscano di Pruno sulle Alpi Apuane

Non solo marmo, ma anche cinabro, mercurio e argento

Ma le Alpi Apuane, prima ancora che per i marmi, furono utilizzate per la varietà di minerali contenuti nelle rocce che le resero importanti fin dalla Preistoria. Gli apuani-liguri conoscevano bene le miniere di cinabro nei pressi di Levigliani (in cui sono state rinvenute necropoli risalenti al III e II secolo a.C.), le stesse, ora dismesse, dove anche i Medici estrassero cinabro e mercurio. Alla grande casata fiorentina si deve anche lo sfruttamento delle cave d’argento di Ruosina e Gallena, forse lo stesso usato da Cellini per la sua meravigliosa saliera.

Se si sale verso Levigliani, la strada offre scorci della valle del Serra: è là che si trovano le cave di “Trambiserra” e della “Cappella”, dove viene estratto il prezioso “statuario”, il marmo compatto e bianchissimo che, come dice il nome stesso, serviva a produrre le opere scultoree più importanti. Tant’è che è stato proprio Michelangelo a creare il mito delle cave apuane fin dal suo primo viaggio a Carrara, nell’autunno del 1497.

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Alpi Apuane a primavera: nuvole, cielo blu e cave di marmo

Michelangelo e il marmo delle Alpi Apuane

Appena ventiduenne, lo scultore aveva ricevuto incarico da Roma di realizzare un gruppo marmoreo raffigurante la Pietà. Recatosi all’antica cava del Polvaccio, ebbe così inizio la complessa e sofferta vicenda di un uomo costretto a misurarsi con la montagna, con l’imprevedibilità della natura e dell’effettiva consistenza dei giacimenti, con l’inaffidabilità degli uomini, la violenza delle passioni e degli interessi, la prepotenza del potere.

L’artista ebbe addirittura l’idea di scolpire un colosso in una parete nuda delle montagne tanto grande da poter essere visto anche dai lontani naviganti. Un lampo di genio che precorreva il Monumento nazionale del Monte Rushmore, sul massiccio montuoso delle Black Hills, nel Dakota del Sud, quello, per intenderci, delle quattro facce dei presidenti americani. Non se ne fece di nulla, ma anche in tarda età lo scultore continuava a rammaricarsi di non aver mai portato a compimento quel suo sogno.

Michelangelo stava lavorando alla tomba di papa Giulio II, quando fu invitato dal nuovo papa a sospendere l’opera per procurarsi il marmo necessario a realizzare le colonne della facciata di S. Lorenzo a Firenze. Per il progetto occorreva il marmo “statuario” presente nei bellissimi banchi dell’Altissimo. Tra il 1518 e il 1520 Michelangelo penò non poco per esaudire i desideri del pontefice: arrivare all’Altissimo era impresa inattuabile, non c’erano strade, e il progetto fu abbandonato.

Cava di marmo sulle Alpi Apuane vicino a Carrara

I metodi di estrazione del marmo

Per quel che concerne l’estrazione del marmo, gli antichi metodi sono rimasti immutati per secoli. In fratture naturali o in cavità praticate nella roccia venivano inseriti cunei di legno che, fatti gonfiare con l’acqua, provocavano il distacco di un blocco.

L’utilizzo degli esplosivi nelle cave

I metodi estrattivi cambiarono a metà del XVIII secolo quando fu introdotto l’uso di esplosivi. In tal modo, però, si frantumava una tale quantità di roccia che nella migliore delle ipotesi se ne poteva utilizzare solo un terzo: quelle macchie sulle pareti delle Alpi Apuane che sembrano neve (“ravaneti”) sono in realtà detriti di marmo testimonianza dei metodi dei tempi passati.

L’antico mestiere della lizzatura

La cosiddetta “lizzatura”, poi, il trasporto dei monoliti giù dalla montagna, era un mestiere pericolosissimo: se il cavo che tratteneva la lizza si spezzava, il capo lizza che procedeva davanti al blocco a dirigere le operazioni andava incontro a morte certa, mentre i lizzatori, colpiti dal cavo come da una tremenda frustata, non se la passavano tanto meglio.

Come si estrae il marmo oggi

Oggi, per fortuna, i metodi sono molto diversi. Si pratica, ad esempio, un foro orizzontale del diametro di otto centimetri nella parete di marmo e un secondo, verticale, nel gradone superiore. Una puleggia fa girare un lungo filo d’acciaio ed effettua un taglio verticale nella parete posteriore del gradone. I due fori devono congiungersi. Attraverso i fori si fa passare un filo di acciaio diamantato in modo da formare un circuito chiuso, come una gigantesca collana. Fatto scorrere sotto tensione e ad alta velocità da un motore elettrico, il filo compie il taglio desiderato. Quando le facce del blocco sono state liberate, il marmo viene ribaltato e tagliato col medesimo filo in pezzi più piccoli.
Negli stabilimenti sono accatastati centinaia di blocchi di marmo pronti per essere venduti o lavorati sul posto. Appositi macchinari riducono i blocchi in lastre, altri le lucidano.

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La statua del Cavatore sulle Alpi Apuane

Oggi la tecnologia rende tutto enormemente più semplice e sicuro, ma al tempo di Michelangelo non era così. Ecco perché le Alpi Apuane brillano di bianco splendente nel cielo della Versilia e della Garfagnana.

 

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Foto di copertina: StevanZZ Riproduzione Riservata ©Copyright TuscanyPeople

 

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