7 Febbraio 2021 2021-02-07T12:29:32+01:00 Il tumulto dei Ciompi: breve la vita felice dei lavoratori sfruttati TuscanyPeople Vieri Tommasi Candidi Share: L’estate fiorentina del 1378 fu testimone del tumulto dei Ciompi, una delle espressioni della crisi generale che travolse l’Europa nel Trecento. Vediamo gli avvenimenti in dettaglio. Storia del tumulto dei Ciompi Una delle cause originarie del tumulto dei Ciompi, lontana nel tempo, è da ricercarsi nella bancarotta del 1345, culminata col fallimento della compagnia mercantile-bancaria dei Bardi. Questa comportò anche il venire meno della fides, la fiducia, per i mercanti il tesoro più prezioso. Debiti di guerra Il mancato pagamento degli ingenti debiti maturati dal sovrano inglese Edoardo III per l’organizzazione delle imprese belliche contro il re di Francia Filippo VI, rappresentò uno dei colpi peggiori alla crisi. A questo si devono aggiungere le spese della guerra tra Pisa e Firenze. I fiorentini non volevano più servirsi del Porto Pisano per i loro traffici con la Provenza: serviva conquistare Lucca, così da appropriarsi del suo avamposto sul Tirreno. Il governo di Firenze, per autofinanziarsi, s’indebitò presso i propri cittadini, tanto che nel 1343 il debito ammontava a circa 150.000 fiorini. Si decise allora di unire le varie voci in un’unica amministrazione chiamata il Monte, giustificando la scelta con una maggiore chiarezza contabile. L’anno successivo nacque un mercato secondario per la compravendita dei titoli pubblici. Nel 1345, una legge sancì la non redimibilità dei crediti: si ammetteva l’impossibilità momentanea di restituire i capitali che venivano trasformati in una rendita annua del 5%. In pratica una dichiarazione di bancarotta da parte del comune. L’epidemia di peste nera del 1348 In questo scenario economicamente precario, aggravato dalla carestia del 1347, ecco nel 1348 avventarsi sull’Europa l’epidemia di peste nera. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, questa drammatica crisi rappresentò in un secondo momento un fattore positivo e propulsivo. Nel lungo periodo, infatti, soprattutto i lavoratori salariati giovarono dello spopolamento causato dall’alta mortalità dell’epidemia che comportò la diminuzione della manodopera disponibile. Le botteghe e i cantieri edili infatti furono costretti ad accrescere i salari dei lavoratori per garantirsi la manodopera necessaria a riavviare le attività. La situazione fiorentina prima del tumulto dei Ciompi Il governo nato nel 1343 si scontrava intanto coi nobili irritati per l’esclusione dalle cariche politiche che si coagularono intorno a Parte Guelfa. Questa riuscì a prendere il controllo delle istituzioni cittadine e iniziò a usare l’arma dell’ammonizione per colpire i nemici, estromettendoli dalla vita politica e costringendoli a rassegnare le dimissioni dagli uffici che ricoprivano. La guerra contro Pisa e il “Monte dell’un tre” Ad aggravare nuovamente le condizioni economiche ci pensò un’ulteriore guerra contro Pisa (1362-1364), ancora causata dell’annoso problema del porto sul Tirreno, per una spesa totale di 1 milione di fiorini. Nel 1358, ser Piero di ser Grifo aveva ideato il sistema del “Monte dell’un tre”, consistente nel triplicare l’interesse dei prestiti cittadini che passò dal 5% al 15%. Era una tattica volta a ottenere rapide risorse, ma fallì: ormai il debito si attestava intorno a un milione e mezzo di fiorini. Nel 1375 il comune di Firenze, sentendo minacciata la propria egemonia nell’Italia centrale, intraprese con altre città, una guerra contro il papa, detta “degli Otto Santi”. Il conflitto che terminò solo nel 1378, anno del tumulto dei Ciompi: il debito fiorentino era ormai alle stelle. 👉 Leggi anche: Perché Pisa, una delle quattro Repubbliche marinare, non ha il mare? Chi erano i Ciompi Difficile stabilire l’etimologia del termine “Ciompi”. Secondo alcuni è da ricondurre a “ciompare”: battere, una delle prime fasi della lavorazione della lana. Altri lo ritengono un sinonimo di “popolo minuto”, che comprendeva grossa parte dei sottoposti dell’industria della lana, in aggiunta ai lavoratori di altre arti come, ad esempio, l’industria edile. In pratica erano tutti privi di diritti politici, non godevano di nessuna rappresentanza e non partecipavano al governo del comune: i loro nomi non erano presenti nelle sacche da cui venivano estratti a sorte i cittadini che avrebbero ricoperto i vari uffici. Gli eventi che portano al tumulto dei Ciompi Nel frattempo si era riacceso lo scontro tra il partito oligarchico e filopapale di Parte Guelfa e il Partito degli Otto, rappresentante di banchieri, mercanti, imprenditori, bottegai, artigiani, che accoglieva anche membri d’importanti casate come Salvestro de Medici. Questi, il 18 giugno 1378, divenne Gonfaloniere di giustizia, il principale funzionario esecutivo della città. Presentò subito alla Signoria una petizione in cui proponeva di ripristinare gli ordinamenti di giustizia del 1293. Quando si seppe che la Parte organizzava un colpo di stato, le arti si radunarono con le proprie milizie a Piazza della Signoria, raggiunte dai lavoratori e da alcuni forestieri: una coalizione che voleva porre fine al potere di cui godeva la Parte Guelfa. La folla dei salariati, impadronitasi del gonfalone di giustizia, si riversò nelle strade bruciando e saccheggiando le abitazioni degli oppositori. Poi si diresse verso le Stinche, il carcere fiorentino, per liberare i lavoratori detenuti per debiti, seguendo un istinto di solidarietà. A luglio i Ciompi costituivano ormai un soggetto autonomo e iniziarono a riunirsi in segreto con alcuni membri delle arti minori. È così che ebbe inizio il cosiddetto tumulto dei Ciompi. Il programma politico dei Ciompi Il 19 luglio i priori, ricevute denunce anonime riguardo a una supposta organizzazione degli operai, fecero arrestare Simoncino d’Andrea, detto “Bugigatto”. Il malcapitato venne torturato per ottenere informazioni sul moto insurrezionale. Nelle sue confessioni si ritrova in embrione il futuro programma dei Ciompi: la volontà di cacciare l’Ufficiale forestiero, detentore della giurisdizione penale sui lavoratori, un aguzzino che controllava gli operai, maltrattandoli e perfino torturandoli. («…che per ogni piccola cosa ci martoria»). L’inadeguatezza della paga da parte dei maestri lanaioli («…del lavorio che si viene dodici ne danno otto»); il desiderio di non voler più essere sottoposti all’Arte della lana e d’istituire una propria arte («vogliono essere parte del reggimento della città»). Il tumulto dei Ciompi Per l’appunto in quei giorni l’orologio di Palazzo Vecchio si ruppe e venne chiamato un operaio, Niccolò Orioli, per la riparazione. L’operaio scoprì quel che stava accadendo e subito diffuse la notizia. Al suono delle campane della Chiesa del Carmine, nel quartiere povero di Camaldoli, una folla dilagò per le strade e si diresse in Piazza della Signoria dove reclamò il rilascio degli arrestati. Gli eventi presto precipitarono. Gli operai conquistarono il Palazzo della Signoria e istituirono un priorato provvisorio con a capo Michele di Lando. Tra il 24 e il 28 luglio furono istituite tre nuove arti: l’arte dei tintori, l’arte dei farsettai e quella del Popolo di Dio o degli scardassieri, i lavoratori salariati. Ma gli iniziali entusiasmi si persero in breve di fronte a una gestione contraddittoria e insufficiente. Michele di Lando, rivelatosi affatto un governatore amico, stava infatti segretamente manovrando i Ciompi per boicottarli sul piano istituzionale. Inoltre ci fu anche una serrata messa in atto dai lanaioli che condannò i lavoratori alla disoccupazione e alla miseria, spingendoli a proseguire la lotta per epurare il governo dagli appartenenti al popolo grasso. Col passare dei giorni i Ciompi si ritrovarono soli, abbandonati proprio da coloro che li avevano affiancati nelle rivolte di luglio e che vedevano ormai soddisfatte le proprie richieste. 👉 Leggi anche: Girolamo Savonarola: santo, eretico o semplice moralizzatore? Il Collegio degli Otto Santi del popolo di Dio Tra il 25 e il 27 agosto, nella contrada di Camaldoli, nacque il collegio degli Otto Santi del popolo di Dio, un governo-ombra che si occupò di dirigere le fasi finali della rivolta, anche se Michele di Lando già organizzava una reazione. Lo scontro finale avvenne in Piazza della Signoria. Qui il 31 agosto, i Ciompi, isolati, furono attaccati e dispersi dai soldati del comune e dalle milizie delle corporazioni, tra cui anche quelle delle nuove arti dei tintori e dei farsettai. Il primo settembre 1378 finì il tumulto dei Ciompi e la loro tentata rivoluzione. Caro amico lettore, come vedi la storia quasi sempre si ripete, e spesso i deboli finiscono per soccombere schiacciati dall’arroganza della forza. Vorresti che narrassimo altri episodi simili della storia toscana? Scrivici a [email protected] o lasciaci un commento su Facebook o Instagram. 📍 PER APPROFONDIRE: 👉 Arte della lana di Firenze: la più importante e celebre tra le Maggiori 👉 Storia dei Medici: dalle origini all’estinzione della casata 👉 Firenze: la trasformazione da Repubblica a Signoria La Toscana è la tua passione? Anche la nostra! 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