7 Ottobre 2018 2019-12-10T12:06:17+01:00 Maria Salviati: dietro le quinte forza, determinazione e lungimiranza TuscanyPeople Vieri Tommasi Candidi Share: Maria Salviati è una figura importantissima della storia dei Medici, sebbene si sia mossa in silenzio dietro le quinte. Moglie di Giovanni delle Bande Nere e madre di Cosimo I, è colei che riporterà il potere nelle mani dei Medici di Cafaggiolo. Maria Salviati: dietro le quinte forza, determinazione e lungimiranza Se Caterina Sforza, rampolla di una stirpe guerriera, è bella ed esplosiva, crudele e appassionata, e passa alla storia con nomi di battaglia come la “leonessa delle Romagne” o la “tigre di Forlì”, Maria Salviati, moglie di Giovanni delle Bande Nere (dunque nuora di Caterina Sforza) e madre del Granduca di Toscana Cosimo I, è tutto l’opposto: una donna di casa educata, remissiva, ma non passiva, dedicata semmai. Se Caterina Sforza, dalla Rocca di Rivaldino, si alza le gonne, mostra il pube agli usurpatori, e urla a chi minaccia di impiccare tutti i suoi figli piccoli: “Fatelo pure, ho qui quanto basta per farne altri”, Maria Salviati sacrifica tutta la sua esistenza per il marito che non la considera mai, nemmeno una volta, e per il figlio che vivrà un grande destino. Due donne così abissalmente opposte, due donne che unite insieme fanno un apparente ossimoro femminile, anche se forse non così ossimoro come si potrebbe pensare. Ma partiamo dall’inizio. Nipote di Lorenzo il Magnifico Maria Salviati nasce a Firenze il 17 luglio del 1499 da Jacopo Salviati e Lucrezia de’ Medici, primogenita di Lorenzo il Magnifico. Appartiene, pertanto, al ramo principale della casata Medici, quello di Cafaggiolo. È un momento critico per la famiglia che è stata cacciata da Firenze nel 1494 e dove rientrerà solo nel 1512 sotto la guida del cardinale Giovanni de’ Medici. Sono anni in cui il papato, alla cui testa c’è un altro Medici, Clemente VII, è gravemente insidiato dall’imperatore Carlo V e dal suo terribile esercito di Lanzichenecchi. Dopo le famigerate vicende del Sacco di Roma, è proprio il riavvicinamento tra il papa e l’imperatore a permettere a Clemente VII di riconquistare il potere a Firenze, grazie alla controversa figura di Alessandro de’ Medici, suo nipote o, più probabilmente, figlio. Ed è in questo contesto che la vicenda personale di Maria Salviati si colloca temporalmente condizionando in modo irreversibile il rapido susseguirsi degli eventi. Un amore non ricambiato Maria Salviati ha solo 10 anni quando Giovanni – a cui un giorno daranno il soprannome “dalle Bande Nere” – le piomba in casa e la fa perdutamente innamorare. Lui è forte e audace, ma anche turbolento. Orfano di Caterina Sforza e Giovanni Il Popolano, del ramo mediceo cadetto, viene affidato proprio dalla madre morente ai Salviati che lo amano come un figlio. “Stammi di buon animo e di buona voglia, che mi sei di continuo nel cuore – gli scrive Lucrezia nel 1514 – io ti raccomando la Maria, che la vada spesso a vedere”. I Salviati preparano questo matrimonio per anni, anche se Giovanni e Maria sono opposti, così come erano opposte lei e Caterina Sforza: il diavolo e l’acquasanta, direbbe qualcuno. Maria è modesta, paziente, schiva. Lui è feroce, eccessivo, aspro. Giovanni cerca sempre la rissa, è cresciuto nei boschi, a cavallo, è un abile tiratore di spada costantemente perso in scorribande giovanili. Non vuole sposarsi con quella donna remissiva, oscura. Non la ama, la sente distante da sé, dalla sua vita, dal suo destino. Eppure è un’occasione d’oro per lui, un’unione simile lo metterebbe al riparo dalle trame dei parenti e lo riporterebbe sul livello più alto della famiglia. Tentenna, esita e alla fine si piega. Un matrimonio senza amore Maria Salviati giunge alle nozze con l’illusione di riuscire a dissipare i dubbi dello sposo. Non sarà così. Giovanni passa tutti i 10 anni di matrimonio a combattere in varie battaglie, tanto che viene da chiedersi come abbiano fatto a concepire Cosimo. Il nome del bambino è stato scelto dallo zio di Maria, papa Leone X, per il quale guerreggia, con le sue Bande Bianche – che diverranno Nere dopo la morte del pontefice -, il mercenario Giovanni. Nato Cosimo, per il padre non cambia nulla. “E’ 4 mesi che vi partisti, che io ho avere ancora una parola di vostra mano…” – lo richiama Maria in un lettera. Lui, dal campo, scrive all’amico Francesco Albizzi: “Leverete quella putta greca che io lasciai a Viterbo et mandatemela qua…”. Lei parla di doveri coniugali, lui di prostitute. Si succedono una Camilla romana, una Angelica veneziana, e tante altre. Una tal Donna Paola, evidentemente abbandonata da Giovanni, nell’agosto del 1526 gli scrive in una lettera: “Hor si conoscerà quanto V.S. duri in un’affittione!”. Maria Salviati, ciononostante, lo aspetta: “Da poi che la Signoria vostra partì di qua, io gli ho scripto 50 lettere, et mai di nessuna ho avuto risposta”. Giovanni, grande capitano di ventura, non la considera e sembra che fugga anche da se stesso in una perenne rincorsa della morte. Però continua a chiedere finanziamenti alla moglie per imprese belliche e “putte”. Maria a un certo punto lo riprende: “Qui manca la biada, e cosa alcuna. E grano da mangiare”. Giovanni le dice di rivolgersi al papa suo zio per farsi dare i soldi. Un dialogo tra sordi. La morte di Giovanni dalle Bande Nere Nel 1526, quella morte tanto disprezzata, forse agognata, viene a trovare Giovanni dalle Bande Nere ferito da un reparto di lanzichenecchi diretti a Roma. La cancrena se lo divora in un batter d’occhio e se lo porta via. Maria Salviati, a 27 anni, pur “ancora fresca e di buona voglia”, è vedova. Respinge però ogni richiesta, ogni lusinga, e rinuncia a nuove nozze che pur sarebbero più che legittime dopo tanta sofferenza. In una lettera a Pietro l’Aretino Maria scrive: “Sono certa che la morte sua, sì immatura ed inopinata vi duole; et se la duole a voi, che a me ella passa l’anima et il core; et fammi tanto male, che io non credo vi sia al mondo bene che lo pareggi. […] Non vi sia dunque grave per amor mio entrare in questa impresa […] et a me basta che descriviate solo ciò che havete tocco con mano de sua invitta eccellentia. Però, se mai pensate farmi cosa grata, descrivete in qualunque modo vi pare li quattordici anni che Sua Signoria ha sì francamente combattuto et li altri quattordici farò notare io, cominciando dalle fasce, da chi lo ha allevato, et visto segni in lui che pronosticavano lo invitto et magno animo suo.” E, così com’era vissuta in un matrimonio vuoto, di più: inesistente, decide d’immolarsi al suo unico figlio per compierne il destino che sente nel cuore: “Subito che quell’anima del signor mio consorte venne manco, io mi proposi viver sempre col mio figliolo, possendogli giovare io stando con lui, più che lasciandolo”. Come si costruisce un Principe Con grande dignità, ma soprattutto pochi mezzi, Maria e Cosimo vivono al Castello del Trebbio. Nelle vicinanze abitano un’altra Maria, la Soderini, col figlio Lorenzino, anche lui Popolano: i due ragazzi sono amici, ma la vita dirà ben altro. Cosimo cresce robusto e silenzioso, lontano dalle trame del Palazzo. Maria dirige l’educazione del pronipote del Magnifico che va a caccia, tira di spada, ma studia anche il latino e i classici. Maria Salviati chiede aiuto a Filippo Strozzi per “pianare i debiti”, e nel 1530 spedisce il ragazzo a Bologna all’incoronazione di Carlo V: sa che nelle sue vene si riuniscono i due rami della famiglia e vuole che l’imperatore ne venga a conoscenza nonostante che per lui l’ipotesi di regnare un giorno rimanga lontana. Maria tesse la sua trama. Un lavoro paziente, arguto, perspicace. Quando i Medici di Cafaggiolo tornano al potere, Maria riesce a inserire Cosimo al seguito del duca Alessandro, così che scortandolo nei suoi viaggi a Napoli, a Roma, a Venezia, possa respirare gli inganni, i meccanismi e le possibilità che offre la politica. Maria sta costruendo un Principe. Cosimo I Granduca di Toscana E quando, nel 1537, gli ottimati cittadini di Firenze arrivano al Trebbio alla ricerca di un nuovo leader da porre sul trono della città, Maria Salviati capisce che tutti i suoi sforzi non sono stati vani: dopo che Lorenzino ha fatto a pezzi il dispotico duca Alessandro, i legati vogliono incoronare il 17enne Cosimo così da spazzare via per sempre il ramo principale della famiglia. Loro pensano di poter manipolare quell’oscuro, impreparato, adolescente di campagna, ma non sanno quanto si stanno sbagliando. In meno di un anno, il figlio di Giovanni delle Bande Nere, nipote della tigre di Forlì, manda a casa i consiglieri (oggi si direbbe “li asfalta”) e concentra in sé il potere assoluto, sbaragliando ogni oppositore. Ma questa è un’altra storia. Il fine ultimo della vita di Maria Salviati si è compiuto: il figlio è il più importante Granduca di Toscana che i Medici avranno mai, la sua gloria è ormai già scritta. Divenuta nonna, si occupa della numerosa prole nata da Cosimo ed Eleonora. Sprezzante del potere, rifiuta persino la provvigione che le è stata accordata e torna al Trebbio, nonostante sia sempre pronto un appartamento per lei a Palazzo Vecchio. In silenzio, così com’è vissuta, scompare dalla scena la grande artefice di una sfolgorante carriera politica e di uno dei più grandi Granduchi di Toscana. Vuoi raccontare la tua storia di Imprenditore? Scopri come diventare “Ambasciatore di TuscanyPeople” e essere premiato. Riproduzione Riservata ©Copyright TuscanyPeople Share: Informazioni sull'autoreVieri Tommasi CandidiScrittore & Ambassador of Tuscany [fbcomments url="https://www.tuscanypeople.com/maria-salviati-cosimo-granduca-toscana/" width="100%" count="on" num="3"]