Simona Baldanzi è l’autrice di Figlia di una vestaglia blu, il famoso romanzo ambientato in Mugello che ha portato alla luce le grandi contraddizioni di questa terra ai piedi dell’Appenino. Simona in Maldifiume segue il corso dell’Arno, dalla sorgente alla foce, raccontando una Toscana inedita e una toscanità liquida.

Intervista a Simona Baldanzi, autrice di Maldifiume e Figlia di una vestaglia blu

“Entro dei ponti tuoi multicolori//L’Arno presago quietamente arena//E in riflessi tranquilli frange appena//Archi severi tra sfiorir di fiori.” Dino Campana, Firenze

Ti affascina, ti strega e ti prende con sé Maldifiume, opera letteraria della fiorentina Simona Baldanzi che ha inaugurato la biblioteca del viandante di Ediciclo, libri per sognatori diurni, diretta da Luigi Nacci. Simona Baldanzi, che vive da sempre in Toscana, nel Mugello, e parla con l’inconfondibile ‘C’ aspirata dei fiorentini, si racconta così.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

Il monte Falterona, la seconda cima più elevata dell’Appennino tosco-romagnolo, è la partenza, dove nasce il fiume Arno.

Quali sensazioni ispira?

Intanto è il punto dell’inizio e come tutti gli inizi è un’incognita. Non si sa come proseguirà quella che è una sorgente che diventa fiume e neanche io conoscevo il mio percorso. E’ anche la cima, il punto più alto, e da lì sono scesa. Non tutti i viaggi servono per salire, a volte servono anche per scendere, per ritrovare le dimensioni più marginali, più basse, meno conosciute. La sorgente del fiume è anche un punto di confluenza di acque, si ipotizzava che lì ci fosse l’inizio del Tevere, questo Appennino abbatte un po’ i confini creando delle acque come nervature che poi attraversano l’Italia.

Lungo il percorso il fiume cresce, si gonfia, attraversa la Toscana e la divide in due parti prima di tuffarsi in mare. Un percorso tortuoso, un po’ come la vita.

Che cosa ne pensi?

Sì, un po’ come questo viaggio. In Maldifiume ho dialogato molto con l’elemento acqua, il fiume che si allarga e si restringe, come un corpo di donna, fino a sembrare quasi un utero che accoglie.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume".

C’è anche una velocità diversa, il passo d’acqua: è a volte lentezza, a volte impeto. Il fiume è l’unico pezzo del territorio che si muove continuamente, ha un letto che affonda in cui si può sedimentare una parte di memoria e una parte superficiale che via via si misura con la collettività, quando siamo pronti ad accettare i cambiamenti.

E poi infine l’Arno sfocia a Marina di Pisa, nel Mar Tirreno.

Una liberazione?

Non lo so se la definirei una liberazione diciamo che è un viaggio impegnativo, di cambiamento. Quest’acqua dolce che poi si butta nell’acqua salata, che cambia natura, che diventa qualcosa di differente. L’acqua si modifica e se incontra degli ostacoli genera dei mostri, che poi sono quelli che abbiamo creato con l’attività degli uomini.

Simona Baldanzi mi racconta che un tronco col fiume in piena da Capo d’Arno a Bocca d’Arno impiegava 9 giorni.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

Come nasce il tuo viaggio a piedi, in bici, in barca per raccogliere storie che ‘non stanno mai ferme a farsi raccontare’?

I 9 giorni sono stati il tempo scelto, perché era il tempo che ci metteva un tronco per arrivare dal Falterona a Pisa ai tempi dei Medici. Ho scelto questo tempo perché era il tempo commerciale, allora l’Arno era visto come una via di trasporto, ed era anche il tempo di lavoro. Questi sono i temi che da sempre mi sono cari per capire come il tempo del lavoro trasforma il territorio.

Il fiume scorre lento e mite, ma a volte diventa tumultuoso e distruttivo.

Che cosa ti ha insegnato?

Come mi ha detto uno dei personaggi incontrati nel viaggio, che io divido in ‘arniani‘ e ‘arnesi’: “Se un fiume lo forzi, lo costringi, poi ti prepara la bara“. Questo dice tutto sulla paura che nasce dalle alluvioni. La più famosa, quella del ’66, rievoca quella paura del fiume che poi ammutolisce anche tutti gli altri sentimenti. La mia ricerca prende le mosse da qui: se ci muoviamo solo con la paura, ci allontaniamo totalmente dal fiume rischiando di non viverlo. Invece non c’è solo questo, ho trovato persone che hanno a cuore le sponde, l’ambiente, che hanno un utilizzo sportivo del fiume, che hanno imparato a nuotare nel fiume, che hanno imparato un mestiere: dal renaiolo alle ceramiche di Montelupo, dai fiaschi di Empoli, alle trote di Mulino di Bucchio. Il fiume è formazione, crescita.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

Così sono anche la vita e la storia con le loro correnti, il fiume è una finestra sul mondo, ha la capacità di prendere acqua da altre terre e poi di restituirla. In questo viaggio ho trovato apertura, accoglienza, capacità di adattamento ai cambiamenti. Con la paura di essere travolti dall’acqua è stato perso ciò che c’era in precedenza quando avevamo un rapporto più carnale con il fiume. Infatti i forti aumenti della portata di un corso d’acqua si chiamavano ‘piene’, non ‘alluvioni’, ad esempio le ‘piene delle zucche’, a seconda di quello che l’acqua faceva galleggiare. Nel Nilo l’esondare del fiume era una festa di fertilità: ecco questa festa l’abbiamo erosa ed io l’ho ritrovata in tante piccole storie fertili di attenzione al bene comune.

Firenze è la prima grande città attraversata dall’Arno, qual è il rapporto con i fiorentini?

Nella vita sono arrivata a Firenze da tante direzioni diverse, ma non c’ero mai entrata dal fiume. Infatti consiglierei ad ogni fiorentino di arrivarci da fuori, lasciandosi alle spalle il Falterona: si vede la città ai margini, la natura ha più importanza, e quello che è più forte, quando ci vai in canoa o col barchetto, è come la città si spenge: si sente solo l’acqua, non si sentono il traffico, i rumori delle ambulanze, dei motorini. La città ha una dimensione più umile, ritorna un modo più normale di confrontarsi con la natura.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

Simona Baldanzi, ha vinto la prima edizione del premio letterario intitolato a Sergio Maldini, nella sezione dedicata al giornalismo di viaggio.

Te l’aspettavi?

No, è stata una bella sorpresa!

Maldini, giornalista e scrittore, nato a Firenze e scomparso a Udine il 2 luglio 1998. Che cosa apprezzi di più nei suoi scritti?

Be’ devo dire che è una figura molto interessante per l’ibrido, il fatto che abbia mescolato giornalismo e scrittura. E poi per la sua attenzione alla territorialità, questo Nord-est diventa il centro. A noi scrittori di periferia ci danno dei ‘localisti’, ma è il nostro mondo, per molti di noi è la volontà di raccontare, è affondare il pensiero nel territorio che abbiamo intorno e lui lo faceva. Sono stata molto contenta di partecipare a questo premio, di stare nella sua casa nel Nord-est di cui aveva scritto.

Nel 2006 Simona Baldanzi ha esordito col romanzo “Figlia di una vestaglia blu“, Fazi Editore, che intreccia le vicende delle operaie tessili della Rifle a quelle degli operai edili della TAV in Mugello. Lo sguardo di Simona Baldanzi si rivolge alla Toscana meno conosciuta.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

Che cosa ti attira?

In parte sono attratta dal ‘margine’, poi penso sempre a quello che mi ha mosso anche in questo viaggio lungo l’Arno che viene dal racconto di un ombrello rotto, scritto da me alle elementari. E’ stato anche un espediente per giocare con i bambini per raccontare il fiume, per far loro continuare una storia che avevo perduto, un modo per parlare di questi territori. Sono storie frammentate, lasciate in sospeso, volutamente tenute lontane dai riflettori, che hanno meno importanza in superficie, ma poi se ci scavi a fondo sono universali. Quando ho letto Pratolini, dove un’unica via (Borgo San Frediano, ndr) fatta da persone che lavorano poteva diventare il centro di una storia, rispetto alle avventure dei grandi romanzi dell’Ottocento vissute e raccontate da scrittori borghesi e aristocratici, ho sentito il coraggio di provare a raccontare il mio margine.

Simona Baldanzi ha definito il Mugello una ‘terra stronza’, una terra-cantiere, una terra di transito che si trasforma per rimanere sempre come è.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

La ami o la odi?

Questa è una domanda che mi viene posta spesso quando presento i libri sul Mugello. E’ la terra in cui sono nata, in cui vivo, la odio e la amo come tutte le appartenenze a cui si tiene più di tutto. Non credo nello sdolcinamento di un territorio, credo nella descrizione nuda e cruda di tutti i posti, un po’ come nelle famiglia in cui ci sono gioie e dolori, dei rapporti stratificati in anni.

Il Mugello sta nella colonna vertebrale d’Italia che è l’Appennino, così come nel mio corpo la colonna è quella che mi tiene in piedi, ma ogni tanto fa dolere tutto. Poi è un posto ricco di contraddizioni, storie e trasformazioni. Il lavoro è sempre un tema che mi interessa molto, far emergere la ‘working class’, la trasformazione dei lavoratori della classe operaia che una volta erano i lavoratori della Rifle, della mia famiglia, oggi sono i lavoratori precari dell’outlet. Ho tutto qui sotto casa. Raccontare lo sento come una sorta di dovere civico.

Che cosa significa per te essere Toscana?

C’è la concezione del ‘maledetto toscano’ di Malaparte, c’è un’eredità poetica letteraria molto forte, dal Pascoli a Campana, da Bianciardi e Cassola, ai libri di Pratolini, un interesse per la politica già da Dante con tutte le sue ramificazioni, le sue influenze enormi e grandiose come ho capito ancor più a fondo dopo aver percorso a piedi il corso dell’Arno.

Intervista a Simona Baldanzi, la scrittrice toscana autrice di "Figlia di una vestaglia blu" vincitrice del premio Maldini con "Maldifiume"

L’essere toscano e scrivere ti fa portare addosso tutti, ma come l’acqua ricorda, ti puoi trovare una dimensione liquida tua, in cui hai libertà di movimento, puoi smettere di farti influenzare o puoi mescolare. Mi porto dietro la toscanità come uno zaino quando devi camminare, con le cose più leggere ed essenziali.

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